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La ragazza delle arance di Jostein Gaarder
Questo romanzo è una storia d’amore, ma anche una riflessione sulla vita e sulla morte, sul destino che attende tutti noi e che non possiamo scegliere.
Quando Jan scrive questa lunga ed accorata lettera sa che la sua lotta contro il tempo è iniziata: è un medico e le malattie per lui non hanno segreti. Questa consapevolezza non rende, però, meno doloroso l’approccio con la morte.
E’ una bella riflessione sul senso dell’esistenza, sul motivo per cui veniamo al mondo, se alla fine perdiamo tutto quello che siamo riusciti a conquistare.
La storia è commovente: un uomo consapevole della sua fine imminente comunica con un figlio ipoteticamente già grande, che lui però tiene in braccio piccolo mentre scrive. Un figlio a cui cerca di trasmettere la sua serenità e che induce a riflettere sui misteri della vita, ponendogli domande a cui lui si sentirà in dovere di rispondere. Un figlio che tramite la lettera riuscirà a conoscere bene un padre che gli è stato strappato via quando lui aveva solo quattro anni.
È un libro scritto a quattro mani, in cui la narrazione di Georg si alterna alla lunga lettera del padre, che diventa per lui una lezione di vita, oltre che il racconto del suo passato.
Jostein Gaarder riflette sul significato più profondo dell’esistenza, costruendo un dialogo impossibile tra un padre consapevole di non poter vedere il proprio figlio crescere (che in punto di morte decide di scrivergli per lasciargli ricordi e insegnamenti, che altrimenti non gli avrebbe mai potuto dare) e un ragazzino, che non avrebbe mai creduto di conoscere il papà, dopo la sua prematura scomparsa. A distanza di anni, Jan Olaf riesce a comunicare al figlio i suoi interessi, le sue paure, le sue convinzioni. E con questa sorta di testamento che lascia a Georg, gli pone un importantissimo interrogativo: "Cosa avresti scelto se ne avessi avuta l’occasione? Avresti scelto di vivere per un breve momento sulla terra, per poi, dopo pochi anni, venire strappato da tutto quanto e non tornare mai più? Avresti rifiutato?"
Una domanda difficile cui Georg troverà, seppur con difficoltà, una risposta.
Un intreccio temporale e spaziale che rappresenta la metafora della vita, con le sue sorprese, le sue incognite, ciò che dà e ciò che toglie in quell’ineluttabile trascorrere del tempo che si chiama esistenza. Un inno alla vita, il “carpe diem” che cerchiamo con coraggio di afferrare, una mano che vuole sorreggere Georg, conducendolo lungo un percorso, spiegandogli quanto sia importante scegliere, non accontentarsi, non temere le difficoltà.
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a me è piaciuto questo romanzo di Gardeer, non troppo filosofico rispetto ad altri suoi scritti,quindi di piacevole fruizione per un largo pubblico