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Le ho mai raccontato del vento del Nord
 
Le ho mai raccontato del vento del Nord 2015-08-11 15:47:05 Anna_Reads
Voto medio 
 
2.8
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
2.0
Piacevolezza 
 
3.0
Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    11 Agosto, 2015
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L'evoluzione della "telesega".

S-P-O-I-L-E-R

In questo mese di agosto del 2015 ho letto “Le ho mai raccontato del vento del nord?” dell’austriaco Daniel Glattauer.
Ed essendo agosto non posso esimermi dalla recensione un po' da ombrellone.
Non amando i melò e la maggioranza delle storie d’amore su carta, dovrei raccontare come mai mi sono imbattuta in questo, ma sarebbe una long long story.
Diciamo che il romanzo si legge in una serata e la lettura scorre via in modo non eccessivamente molesto.
La vicenda si snoda attraverso uno scambio di e-mail fra i due protagonisti.
Cominciato per sbaglio e continuato per desiderio.
Leo ed Emmi cominciano una relazione epistolare (ai tempi del pc) e attraverso le loro parole elettroniche l’autore ci descrive i loro caratteri, le loro vite, il loro rapporto.
Da internauta della prima ora, che casualmente condivide recensioni in rete, non sarò certamente io a sorprendermi di amicizie e relazioni che nascono (e a volte prosperano) in mancanza di vicinanza reale. Ad estremizzare un po’, la differenza con i romanzi epistolari del ‘700/800 sta semplicemente nel fatto che lì ci si vedeva “prima” e qui (a volte) ci si vede “dopo”.
E qui entra a gamba tesa il nostro amico Eggers con il suo Cerchio.
La riflessione che mi ha portato questo romanzo è che la realtà sociale virtuale è nata per gli “smanettoni sfigati” come li definisce Eggers, quelli che negli ‘80-’90 giocavano con i videogiochi e gli orologi con il calcolatore, mentre i “normali” giocavano in cortile o cominciavano a pomiciare al muretto. Poi sono cominciati i forum, le mail-list, le chatroom, le comunità virtuali che poi si sono evolute negli attuali social network. Non è un caso che – nel lavoro di Eggers – il creatore del mondo “virtuale” del Cerchio sia un personaggio con qualche tratto autistico che richiama abbastanza esplicitamente Zuckerberg. La realtà virtuale andava bene per quelli che non avevano dimestichezza con quella reale. Ed aveva regole e linguaggi molto particolari e diversi da quelli “reali”.
Poi è successo che i “normali” hanno cominciato ad interessarsi alla realtà virtuale e agli “smanettoni sfigati”. Con il risultato che adesso su facebook si leggono post di persone che rimpiangono il muretto, il cortile e – in generale – il mondo non virtuale… e lo scrivono su un social network!

Ecco, secondo me il romanzo di Glattauer parte con questo grosso difetto.
Una storia virtuale con gli stilemi del linguaggio reale: le mail stucchevoli in cui Emmi si lamenta che Leo non le scrive, salvo poi scoprire che lui era via e non aveva potuto farlo. Le scenate di gelosia, mai neppure un po’ velate.
Hanno davvero poco del virtuale e molto molto del reale.
Perché i due personaggi decidano di continuare a scriversi non è dato capirlo.
E ancora.
Di cosa si “innamorano” i due personaggi? Solo del mistero di non vedersi e non conoscersi?
Del fatto di annoiarsi entrambi?
Le mail sono brevi e molto poco di loro emerge.
E - diciamolo francamente – cosa induce Leo a non mandare a stendere l’insopportabile Emmi?
Che ha la vita perfetta, il marito perfetto, i figlioli perfetti, fa capire di essere pure gnocca ed indipendente e realizzatissima, ma poi rompe le balle a uno sconosciuto perché (lui) fa tardi la sera.
Naturalmente Leo ha alle spalle un difficile rapporto con la madre (appena morta) e una storia annosa di cui non riesce a liberarsi (ma ci riuscirà, incredibile, ma vero).
Secondo me l’autore si rende conto di queste pecche della storia e cerca di movimentare le cose.
Dopo un tediante tira-e-molla i due decidono di vedersi, ma giocano e barano un po’. Decidono di trovarsi – nel lasso di tempo di un intero pomeriggio – in un bar affollato e si sfidano, una volta tornati a casa, a fare ipotesi su chi potessero essere. E Leo bara pure perché, per spiazzare Emmi, invece di andare solo si fa accompagnare dalla bellissima sorella che finge di essere la sua fidanzata.
Ma non vi preoccupate perché son piuttosto bellocci tutti e due (ma va’?).
Poi i due fanno in modo di sentire uno la voce dell’altro (voci stupende, e come dubitarne?) e qui per fortuna siamo verso la fine, perché la storia vira perigliosamente verso la noia.
L’autore se ne accorge e mette in campo perfino il marito di Emmi che tanto la ama da volere che Leo si decida a “farla sua” per poi restituirla alla pace coniugale (?)
E il povero Leo, alla fine ci sta. Decide di trasferirsi a Boston e di non scrivere più ad Emmi dopo il loro incontro. Al prevedibile sbigottimento di Emmi, seguono mail in cui si organizza l’incontro ed arriva anche la fatidica sera.
E come fa l’autore a farci sapere com’è andato quest’ultimo/unico incontro?
Be’ con un paio di espedienti. Il primo è che Emmi non si presenta all’appuntamento a casa di Leo e ovviamente gli scrive per spiegargli il motivo. E il motivo è che suo marito, mentre lei stava per uscire e correre da Leo, l’ha chiamata proprio “Emmi”, nomignolo che non aveva mai usato prima etc etc. Epifania (?) di Emmi.
(Il nomignolo sbagliato al momento sbagliato. Quale soavità, neppure Andrea Sperelli era arrivato a tanto! Bisogna fare un appunto mentale ai poveri uomini: “Tesoro/amore/dolcezza sono tuoi amici, usali!”).
Ovviamente Leo non leggerà mai il messaggio, perché la sua casella di posta elettronica è stata disabilitata.
Ora. Immagino che questo sarebbe il momento dei fazzoletti, nella volontà dell’autore, ma io resto del parere del Conte Mascetti ("Amici Miei" - Germi-Monicelli, 1975).
- Ci siamo quasi…
- A cosa?
- Alla telesega.
Per l’occasione diventata e-seg@.
Cambia il mezzo, mica la sostanza.


Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
A chi ama i melò.
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70
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