Dettagli Recensione
Una pinta e un sacchetto di patatine
Premessa.
Ho conosciuto Hornby come recensore e gli ho subito voluto un gran bene. Non è stata una storiellina occasionale, perché continua ancora.
Tutto è cominciato con una copia scalcagnata di "Shakespeare scriveva per soldi" che ha vissuto nel mio bagno per oltre tre traslochi (adesso è stivata in qualche scatolone, in un magazzino, in attesa che trovi il super attico dove traslare le mie centinaia di volumi cartacei e sono passata al reader).
Prima dimorava nello studio, ma la combinazione Hornby/recensore + carta e penna a portata di mano, aveva causato una pericolosa impennata dei libri acquistati, il conseguente aumento della metratura dell'ipotetico attico di cui sopra e il congruo incremento della percentuale dei capelli grigi del mio libraio di fiducia a cui toccava scovare i libri che Hornby proponeva.
Hornby recensore è una garanzia, per me, per quello che recensisce e per come lo fa.
Se dice che un libro è da leggere io lo leggo.
Con Hornby romanziere è stata un'altra storia.
Ho letto "Non Buttiamoci Giù" e "Alta Fedeltà" probabilmente leggerò anche "Come Diventare Buoni" e "Tutti mi Danno del Bastardo", perché mi piacciono i titoli, ma finora la scintilla non è scoccata.
Letture scorrevoli e non banali, ma non siamo entrati in sintonia (nel caso di "Alta Fedeltà" credo che parte della colpa sia la mia leggendaria ignoranza musicale, dal momento che – forse – avevo sentito UNA canzone di quelle di cui parlava e non mi sognerei mai di fare una classifica delle mie cinque canzoni preferite, ma va be').
Ma "Funny Girl" era una lettura di gruppo e io, ligia ligia, mi sono cimentata con il compito, pur senza particolare entusiasmo.
La storia di Barbara/Sophie bellissima fanciulla che sogna di diventare attrice comica, si trasferisce a Londra e corona il suo sogno e porta con sé, nella sua ascesa, un variopinto gruppo di personaggi più o meno bizzarri, è passata in fretta e piacevolmente, devo dire.
Hornby guizza in modo piacevole e fa in modo di inserire qualche considerazione anche di una certa profondità, sulla condizione femminile, sulla famiglia, sulla felicità, sul lavoro.
Mi ha convinto poco la protagonista, che un po' è svampita, un po' la fa e che – in un modo un tantino fasullo, secondo me – trova soluzioni geniali; nonostante questo suo permanente "non esserci" riesce a non farsi detestare (e per me, che sui personaggi femminili son difficile e ho lo "svampy alert" sempre accesso, non è poco).
Dimenticabili gli altri personaggi femminili, un po' meglio quelli maschili, in particolare Dennis che pensa che la tattica migliore sia sempre "soffrire in silenzio"; i miei preferiti sono stati i due sceneggiatori: Tony e Bill (più Bill che Tony). Lo so che è l'eterno tema di Narciso e Boccadoro (un amico va, un amico resta), qui uno è "coraggioso" e asseconda le sue inclinazioni personali e sessuali, l'altro "ripiega" per una vita più regolare (in realtà il matrimonio di Tony è insospettabilmente felice e va considerato che – Alan Turing docet – in quegli anni l'omosessualità era considerata un reato, in Gran Bretagna), ma i loro scambi sono stati i miei preferiti, vivaci, divertenti, a tratti immensamente tristi.
"Un ultimo sforzo."
"E poi?"
"Una vacanza. La sceneggiatura per Anthony (…)"
"E poi?"
"Poi? Poi non so. Ci ritiriamo a Bexill e moriamo."
"E prima?"
"Un'altra pinta e un sacchetto di patatine."
Il "messaggio" finale del libro è alla fine condivisibile: creare un gruppo in cui essere "felici" di lavorare potrebbe essere la soluzione a buona parte dei nostri problemi. Leggere Hornby romanziere probabilmente no, però non contribuisce neppure al loro aumento!