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Questione di ... numeri
Ciò che mi ha maggiormente affascinato di questo libro è la sua attualità, sono rimasto infatti piacevolmente meravigliato da come i pensieri, le sensazioni raccontate da Irene Nemirovsky, pur essendo lei vissuta circa un secolo fa, siano facilmente condivisibili da ognuno di noi, perchè sicuramente fanno anche parte di noi... a testimonianza della loro eternità ed immutabilità nel tempo.
Eterno come dovrebbe essere l'amore, a detta di molti; in realtà ciò che è eterno non è l'amore come sentimento in sè bensì tutto ciò che scatena nell'animo umano, è l'evoluzione dell'amore che si ripete ciclicamente, la sua metamorfosi che si consuma inesorabilmente con le stesse modalità da secoli e così sarà per sempre.
Si può impedire ad un ragazzo o una ragazza di crescere e diventare adulto? No, se non con la morte. Allo stesso modo non si può impedire all'amore di assumere col tempo una forma diversa da quella con cui si manifesta in una coppia, una forma che molti definiscono più 'matura', più razionale e meno istintiva, ma che senza ombra di dubbio poco mantiene dell'ardore e dell'impeto iniziale.
Ecco, tutto ruota intorno ad un tema molto caro all'autrice e che ritroviamo in molte sue opere, ossia l'ineluttabile trasformazione che subisce l'amore, o presunto tale, da come lo si conosce in età adolescenziale sino al momento in cui la coppia rafforza e consolida la propria unione col matrimonio. In questo modo la coppia perde progressivamente la propria essenza, nata dall'incontro/scontro di due personalità distinte ma comunque in attrazione reciproca, e si trasforma in una nuova entità unica, assimilabile alla famiglia.
"Gli anni di vita in comune avevano compiuto, quasi all'insaputa degli sposi, il loro lavoro segreto: di due esseri ne avevano fatto uno solo. Potevano scontrarsi, a tratti odiarsi, ma erano uno, come due fiumi che hanno mescolato il loro corso."
Ovviamente, anche l'amore, prima alimentato da quell'attrazione reciproca, viene progressivamente snaturato, alterato in una sorta di eroico sentimento di protezione della nuova entità nata, la famiglia, che diventa prioritaria rispetto alle esigenze dei singoli componenti della coppia; non sempre, però, tali esigenze rimangono sopite, schiacciate dal peso del nuovo impegno assunto. A maggior ragione se riaffiorano con prepotenza i ricordi di quello che era veramente l'amore.
Capirete bene che volendo commentare un romanzo incentrato su tale argomento si rischia facilmente di lasciarsi condizionare dalle esperienze personali, rendendo poco obiettivo il giudizio sull'opera in questione e, ancor peggio, cercando di far collimare i pensieri espressi dall'autrice con la propria soggettiva interpretazione.
Per questo motivo, ho pensato di illustrarvi le mie considerazioni su questo romanzo chiamando in aiuto la matematica e l'universalmente indiscussa imparzialità ed assoluta neutralità dei numeri; e chissà, forse anche l'autrice avrà avuto la stessa idea, avendo dato al suo libro un numero come titolo.
In effetti, tutto quanto raccontato in questo romanzo è riconducibile ad una questione di numeri: uno, due o tre?
I personaggi tratteggiati da Irene diventano rappresentativi di questi numeri e delle loro peculiarità sul piano sentimentale... in barba a chi crede che i numeri non abbiano un cuore.
Sono tutti ragazzi, poco più che maggiorenni, appartenenti all'alta borghesia francese del primo dopoguerra con ancora negli occhi gli orrori della guerra e desiderosi, pertanto, di godere appieno del privilegio loro riservato di 'sopravvissuti', di ridare vitalità ed energia alla loro gioventù appena sbocciata, cancellando dalla memoria ogni traccia (per fortuna non troppo incisiva da essere indelebile) di quella triste parentesi della loro vita.
Dominique Heriot è la rappresentazione del numero 'uno': passionale, spregiudicato, amante della libertà e per questo tendenzialmente incline alla 'solitudine', ad essere uno, la sola idea di amalgamare la sua vita con quella di un'altra persona lo terrorizza.. a tal punto che, pur essendo cosciente del rischio che corre, quello cioè di lasciarsi sfuggire la donna che potrebbe renderlo felice per sempre, preferisce comunque non rinunciare alla sua indipendenza sentimentale.
"Che cosa trova in me quella bella ragazza? E io? Che cosa cerco in lei? Non abbiamo aspirazioni comuni. Come tutte le donne, quello che lei desidera è essere presa e tenuta stretta. Quello che vuole è il matrimonio, la stabilità, la durata, l'imprigionamento, e io... la libertà interiore, sicuramente.."
Marianne ed Antoine, Gilbert e Solange, ecco invece alcune coppie incarnazioni del numero 'due'. Il destino che le accomuna è lo stesso: si conoscono nel pieno della loro gioventù, s'innamorano perdutamente, si lasciano travolgere dai sensi e sognano che il piacere che brucia loro dentro possa non esaurirsi mai. Per questo vogliono preservarlo, vogliono difenderlo dal peggior nemico che sembra essere il tempo, perchè loro stessi avvertono col passare dei giorni che sta cambiando, la sua intensità si affievolisce progressivamente e si convincono che il matrimonio sia l'unico modo per evitare che svanisca per sempre.
Ma, ahimè, non tarderanno a rendersi conto che l'effetto sortito sarà invece proprio quello che temevano: l'unione coniugale sembra aver trasformato in fumosa apparenza di affetto quel sentimento vero e ardente che bruciava i loro animi da giovani.
L'effetto è simile a quello di un secchio d'acqua buttato su un fuoco vivo, le fiamme si ritraggono improvvisamente sollevando una nuvola di fumo, di ipocrisia, di parvenza che intossica i loro stessi cuori.
Ed è sicuramente nella descrizione del numero 'due' che l'autrice affila la sua lama tagliente e colpisce a fondo, senza riserve; sembra quasi che voglia essere da monito per tutti, per i giovani in particolare, "badate bene" - sembra quasi urlare dalle pagine del suo libro - "attenti a quello che fate!".
Quanti, infatti, all'inizio di un rapporto sperano che la convivenza e la vita coniugale possano annullare quel vuoto, quel senso di precarietà, che spesso si lascia dietro la passione quando la sua intensità scema col tempo:
"Quello che ci manca è vivere insieme" pensava. "Niente, nessuna intimità fisica è paragonabile al sonno nello stesso letto, notte dopo notte, e non per un'ora..."
Per poi scoprire invece che:
"Un marito ed una moglie non vedono i lineamenti l'uno dell'altro, non compiono quel lavoro mentale che consiste nel paragonare di continuo l'immagine rimasta nella memoria e quella che hanno davanti agli occhi in quel preciso momento. Guardano il sorriso e non il disegno della bocca, l'espressione e non la forma degli occhi, e questo per dieci, quindici anni... Poi, ad un tratto, una sera, una sera come le altre, lui legge, lei cuce, e uno dei due alza gli occhi; l'altro, sentendo quello sguardo su di sè, forse domanderà: "Che c'e? Che hai?". Il primo risponderà: "Niente", oppure: "Ti amo", o qualcosa di altrettanto automatico, ma in realtà, per un attimo, l'uomo o la donna hanno realmente visto, e a volte hanno dovuto fare un impercettibile sforzo per riconoscerlo, il volto di chi condivide la loro vita."
La sua analisi è estremamente lucida, le riflessioni dei suoi personaggi sono talmente profonde e veritiere, così vicine alla realtà che è inevitabile pensare che siano state vissute dall'autrice sulla propria pelle.
E se mettiamo da parte le differenze con la società dei giorni nostri, ora che la donna gode sicuramente di una maggiore emancipazione rispetto agli anni '20 e la famiglia e il matrimonio non sono più l'unico punto di arrivo per lei, l'unica ambizione, rimane pur sempre eccezionale l'affinità di sensazioni, di comportamenti tra le coppie di allora e quelle di oggi.. e lo stesso identico destino che le accomuna.
"Il legame coniugale è tanto più forte quanto più si basa sull'ipocrisia, sulla costrizione. Due sposi, liberi l'uno verso l'altro, tolleranti, due sposi che si rifiutassero di rifugiarsi nel silenzio e nella menzogna, potrebbero essere due amanti, due ottimi amici, due compagni, ma cesserebbero di essere due sposi. Il matrimonio non ha bisogno della persona reale, bensì dell'apparenza, della maschera."
E' evidente quindi, agli occhi dell'autrice, l'estrema instabilità del numero due, la sua 'imperfezione' intrinseca che può sfociare solo verso la rottura definitiva (e quindi la separazione della coppia ed il ritorno alla libertà solitaria del numero uno) oppure verso la 'triangolazione' dei sentimenti, quando cioè si aggiunge un terzo elemento che risveglia la passione, la gioia di vivere, di osare, di trasgredire per non morire dentro, prima del tempo.
Per questo Marianne cerca Dominique così come Antoine cerca Evelyne, essi rappresentano il terzo vertice del triangolo:
"Lui ed Evelyne erano simili, perchè quando si trovavano soli, insieme, tutti e due riuscivano ad allontanare da sé ogni sia pur minimo rimorso. Non provavano vergogna, non avevano pudori. Insieme, ritrovavano il fervore dell'adolescenza, che è veramente se stessa solo nei sentimenti più sfrenati, quando il desiderio fisico è così impetuoso, così possente da soffocare la debole protesta dell'anima."
Come facile immaginare, però, anche il numero 'tre' è soggetto ad un'estrema instabilità... è soggetto alla stessa vulnerabilità delle passioni adolescenziali...
Ma allora qual è il numero perfetto?
Irene non lo sa, Irene vuole solo indicarci quali sono le tre buste da scegliere, la uno, la due o la tre, facendoci notare che nessuna di queste promette la felicità eterna, l'amore eterno.. per il semplice motivo che non esiste.
"La felicità coniugale non somiglia alla felicità più di quanto l'amore coniugale non somigli all'amore."
A questo punto, tocca a ciascuno di noi scegliere il miglior compromesso; lo farà anche l'autrice, a mio parere in modo inaspettato, nelle pagine finali del libro assimilando la sua riflessione a quella di Antoine nei confronti della moglie Marianne:
"Antoine pensò: 'La donna che ho amato di più non è questa, ma, in punto di morte, rimpiangerò ciò che mi unisce a lei più di quanto non abbia rimpianto la passione. La passione sembra un dono di Dio, "troppo bello per essere vero". Si sente che Lui ce la concede solo per un certo tempo; una cosa così invece (si riferisce al matrimonio) - è tutta nostra.. conquistata a fatica, accumulata lentamente, distillata come un miele."
Stavano immobili, abbracciati, i corpi stretti l'uno all'altro. Non provavano desiderio; erano calmi, un pò ironici e senza gioia, ma, un istante dopo, fu come se per loro ogni difficoltà fosse sparita."
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Trovo interessante la tua recensione. Permetti però un appunto : l'amore non viene "snaturato" col matrimonio e la vita di coppia. Sicuramente cambia, perché le forti emozioni, come l'aspetto passionale, si consumano, hanno una loro durata, ma il sentimento può consolidarsi, anche con il contributo del progetto e della piacevolezza della vita familiare. Diventa così un arricchimento della vita stessa, duraturo e compatibile , questo sì, con le varie necessità della vita quotidiana e l'attenzione verso i figli. Ovviamente questo appunto riguarda solamente l'affermazione che fai come preambolo al commento del libro.
Un cordiale saluto.
mi ha colpito soprattutto: "ma in realtà, per un attimo, l'uomo o la donna hanno realmente visto, e a volte hanno dovuto fare un impercettibile sforzo per riconoscerlo, il volto di chi condivide la loro vita."
BRAVO.
Ricordo a fine lettura un disgusto tale per il messaggio del libro che, nella mia percezione, rimane tutto sommato l'incapacità di amare, di crescere, di cambiare, e la confusione adolescenziale tra amore e attrazione, non solo sessuale, che penso proprio di avere fatto ciò che dici tu. Bello quindi credere e qui uso le bellissime parole di Domitilla, "a quel sentimento duraturo, quell'equilibrio misterioso che lega le coppie di lunga data ed è l'alchimia dell'amore coniugale". Io ci credo profondamente.
Ottima la lettura "matematica".
"Un buon matrimonio è quello in cui ciascuno nomina l'altro guardiano della propria solitudine, dimostrando, in questo modo, la massima fiducia.
Se accettano l'idea che anche tra le persone più unite esistono infinite distanze, tra loro può nascere una meravigliosa esistenza fianco a fianco e se riescono ad amare lo spazio che li separa, avranno la possibilità di vedersi sempre come un essere unico e vivranno nell'Amore."
Mi sembrano molto significative (benchè, forse, ispirate ad un'idea mitologica dell'amore coniugale...), inerenti le riflessioni che il libro lascia scaturire, così ho voluto riportarle ( non trovavo più l'appunto, così ci ho messo un po' a scovarlo tra i miei "pizzini"!).
Domitilla
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Però i pensieri finali di Antoine che hai riportato, sono bellissimi, lasciano uno spiraglio aperto verso quel sentimento duraturo, quell'equilibrio misterioso che lega le coppie di lunga data ed è l'alchimia dell'amore coniugale, araba fenice irraggiungibile in tempi di cronica instabilità affettiva come quelli che stiamo vivendo.