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Amatissima
 
Amatissima 2015-07-29 17:34:15 Anna_Reads
Voto medio 
 
4.0
Stile 
 
3.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    29 Luglio, 2015
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Queste mani sono mie!

Beloved (Amatissima) – Toni Morrison, 1987 (Ed. Ita. 1993).

(Lieve Spoiler)

Un po’ per caso e un po’ per desiderio sto leggendo parecchio sulla schiavitù e sulla "questione razziale" americana. Mi sono imbattuta in questo libro per una bella recensione che mi ha fatto superare il titolo che, per me, è del tutto respingente.
Non avevo mai letto niente di Toni Morrison (premio Nobel 1993) e ho cominciato dal suo libro forse più famoso.
“Beloved” cioè “Amata” è il nome di una bambina e la storia raccontata si ispira ad una vicenda realmente accaduto negli anni immediatamente successivi alla Guerra di Secessione, nel Kentucky.
La protagonista della storia è la mamma di Amata, Sethe.
Sethe è una giovane schiava che per un certo periodo, nella fattoria nota come “La Dolce Casa”, vive un’esistenza relativamente serena. Il padrone è un “buon bianco” e la padrona le è affezionata.
Il padrone è anche in un certo senso “progressista” e permette agli schiavi di “comprarsi” la libertà aggiungendo ulteriore lavoro a quello (massacrante) che già svolgono.
Sarà in questo modo che Halle, marito di Sethe, riscatterà l’anziana madre, Baby Suggs.
La donna viene portata dall’ex padrone in “zona libera” e lì, per la prima volta, assapora un’idea di libertà: «Ma, all’improvviso, si vide le mani e pensò con una chiarezza tanto semplice quanto accecante: «Queste mani mi appartengono. Queste mani sono mie!» Poi sentì un tonfo al petto e scoprì un’altra cosa nuova: il battito del suo cuore. C’era sempre stato? Quella cosa che pestava a quel modo? Si sentì una sciocca e cominciò a ridere forte.»
Ma Sethe, Halle e i loro tre bambini (e una in arrivo) sono ancora schiavi. E il “buon” padrone muore. Quello che subentra non lo è altrettanto e la famigliola decide di fuggire. Sethe e i bambini riescono a raggiungere la nonna. Di Halle non sappiamo più nulla.
Ma la loro libertà non è stata pagata e quindi la legge è sulle loro tracce ed alla fine li raggiunge.
Non voglio spoilerare, ma Sethe farà quello che è in suo potere per proteggere i suoi bambini, e con la piccola Amata ci riscirà.

Si tratta di una lettura molto forte e dura, che deriva dal capillare lavoro di documentazione dell’autrice. Le parti in cui vengono descritti le condizioni degli schiavi e i loro pensieri sono di una bellezza straziante e lacerante.
Non esiste la sfortuna – dice Baby Suggs – ma esistono i bianchi.
I bianchi possono impadronirsi così a fondo dei loro schiavi da impedire loro di amare persino le stelle troppo luminose: « se uno glielo permetteva, potevano non farti più sentire le colombe, né amare il chiaro di luna. Così uno si proteggeva e amava delle cose piccole. Dovendo scegliere tra le stelle in cielo, si prendevano le più minute e, prima di addormentarsi, ci si sdraiava con la testa storta per riuscire a vedere la stella amata, oltre il bordo del fossato. Le si dava furtivamente una timida occhiata durante l’incatenamento. Le foglie d’erba, le salamandre, i ragni, i picchi, gli scarafaggi, un reame di formiche. Qualcosa di più grande non avrebbe funzionato. Una donna, un bambino, un fratello – un amore grande così, ad Alfred, in Georgia, poteva schiantare una persona. Sapeva esattamente quel che Sethe voleva dire: arrivare in un posto dove uno poteva amare tutto quello che voleva – senza dover chiedere il permesso di desiderarla – be’, ecco, quella sì che era libertà.»
A volte le situazioni descritte da Morrison sono di rara crudezza, altre volte vengono lasciate all’intuizione del lettore, con poche, vaghe parole: « Sopracciglia folte, spesse ciglia da bambina e l’inconfondibile richiesta di amore che luccicava attorno ai bambini, finché non imparano la lezione.»
Sethe sa, sulla sua pelle «che Che un bianco qualunque può prendere tutto l’io di una persona per il primo motivo che gli salta in mente. Non solo può sfruttare, uccidere o mutilare una persona, ma anche sporcarla. Sporcarla al punto da non riuscire più a piacere a se stessa. Sporcarla al punto da dimenticare chi si è e non poterci più pensare. E anche se lei e altri erano sopravvissuti e si erano ripresi, non avrebbe mai potuto permettere che accadesse anche ai suoi figli: erano loro la sua parte migliore.»
Ed agisce di conseguenza.
L’autrice sostiene la narrazione riuscendo a rendere bene la perdita di identità e di memoria dei personaggi e la loro convinzione che in fondo “niente muore mai” perché la morte potrebbe essere un sollievo.
Su questa linea, però, si inserisce un racconto che, scostandosi dalla narrazione oggettiva, alterna flusso di coscienza dei vari personaggi, flashback a volte difficili da seguire, spiriti, fantasmi e riapparizioni più o meno miracolose. Queste parti mi hanno convinto molto meno e – anzi – a tratti hanno reso la narrazione faticosa.
Con questo – tutto sommato – piccolo appunto, mi sento sicuramente di consigliare la lettura.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
sia interessato alla schiavitù e alla "questione razziale" americana.
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Commenti

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un autore interessante da conoscere così come il tema di questo romanzo.....è lo stile che non mi stimola perchè il flusso di coscienza non mi è congeniale alla lettura
In risposta ad un precedente commento
Anna_Reads
30 Luglio, 2015
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Non so neppure se la mia definizione di "flusso di coscienza" sia proprio canonica... abbiamo pagine senza punteggiatura in cui un personaggio parla (o pensa) a ruota libera.
Non sono molte, ma confermo la fatica. Amici lettori mi hanno anche parlato di difficoltà nella traduzione (in effetti a partire dal titolo ci sarebbe da ridire), sia in questo che negli altri libri della Morrison.
(Suggerivano di leggere in lingua, ma io... come dire... :) )
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