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Caduta nel vortice dell'incubo bianco
José Saramago, tramite il suo peculiare stile narrativo letterario, ha il non comune pregio di far immedesimare il lettore in situazioni al limite della razionalità come intesa dalla stragrande maggioranza delle persone nelle innumerevoli e variegate società e culture presenti nel nostro pianeta. Possiamo considerare tale razionalità come risultanza di tutto l’insieme di regole, tradizioni, usi e costumi che si sono sviluppati, in altrettante circostanze, in tutti i continenti e in ogni nazione nel corso di decine di secoli.
In questo sublime ancorché sconcertante romanzo (l’ossimoro è d’obbligo), lo scrittore propone un accadimento in cui gli abitanti di una certa comunità cittadina, non meglio specificata, iniziano a perdere la vista; il fatto è immediato senza che ci siano, almeno all’apparenza, sintomi premonitori e cause. La prima persona che subisce questa grave inabilità sta guidando l’auto durante una tranquilla giornata come tante altre; all’improvviso si rende conto di non vedere più, o meglio di vedere come se fosse stato immerso in un mare lattiginoso; una cecità bianca differente dalla “normale” e ben conosciuta omonima patologia dove le tenebre e l’oscurità hanno il sopravvento.
La malattia, considerata contagiosa dalle autorità, si propaga a macchia d’olio e colpisce in maniera veloce ed estremamente casuale.
Il governo e i responsabili delle forze armate cercano, nella loro inconsapevolezza che li trova impreparati, di arginare l’epidemia segregando i malati in edifici abbandonati e fatiscenti, quali ex manicomi, dove i malcapitati e sfortunati sono sottoposti a una disciplina ferrea e inumana con leggi particolari che prevedono anche la fucilazione immediata qualora si trasgredisca alle disposizioni impartite.
E’ in questo contesto di sub-società formata da ciechi costretti in spazi lugubri, senza igiene e con cibo razionato, che si manifesta quella parte dell’animo umano che non vorremmo mai venisse fuori: crudeltà, violenza, perversione sono gli ingredienti principali di questa nuova vita all’insegna del mal bianco. L’essere umano, quando privato del minimo sostentamento alimentare, si trasforma in una sottospecie abietta che perde tutti i valori coltivati fin dalla nascita e pur di nutrirsi commette nefandezze e orrori che nulla hanno più di umanità; una regressione totale che porta a un livello primordiale dove la dignità, il pudore, il rispetto verso il prossimo e ancor più verso se stessi, sono svaniti in un coacervo di spettri, morti viventi che si aggirano tentoni senza una meta, senza un futuro.
L’essere umano si abitua a tutto: la dualità bene-male, civilizzato-animalesco è insita in ognuno di noi; in determinate situazioni di coercizione psichica e fisica la mente si astrae dalla ragione facendo prevalere il male e con esso la bestia, che si nasconde nei meandri reconditi del nostro animo, è libera di agire.
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Ferruccio
Il tuo bel commento induce alla lettura del libro. Personalmente ho sempre avuto titubanze verso l'autore, del cui motivo non ho consapevolezza, considerato che di lui non ho mai letto nulla.
Con quali testi sarebbe opportuno cominciare?
Mi piace pensare che la cecità di cui parla Saramago, sia una metafora a vari tipi di cecità...e non c'è peggior cieco di chi non vuol vedere...
Oggi mi cogli particolarmente presa da questo argomento.... proprio oggi che ho avuto la piacevole sorpresa in questo sito un utente...uno!...che si è accorto...che ha visto quello che mi sta succedendo...non essere vista e considerata dalla Qredazione, è motivo per me di grande sconforto...
Scusa lo sfogo..ma come dice Bill Maher
"Non diventare così tollerante da tollerare l'intolleranza"
Grazie, Pia
Consiglio anche "saggio sulla lucidità" che pur affrontando un argomento diverso (i cittadini della capitale che hanno deciso di non votare in massa nell'ultima tornata elettorale) è l'ideale prosecuzione di Cecità in quanto vi si ritrovano alcuni personaggi!
Ferruccio
Ferruccio
Ferruccio
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