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Maternità rifiutata. Un libro che Bergman avrebbe
(lievissimo spoiler)
Primo "morso" a Coe (che ha dovuto destreggiarsi con un predecessore come Steinbeck).
L'autore esordisce, con me, alla grande, tanto da avere già altri titoli nella mia lista, con una storia "tutta al femminile".
Non ho mai capito (né mi son mai impegnata molto per farlo) la differenza fra "scrittura (al) femminile" e "scrittura (al) maschile", né la distinzione fra libri rivolti agli uomini o alle donne.
Ci sono storie belle e storie brutte. E ci sono storie scritte bene e scritte male.
Due per due quattro, quattro possibili combinazioni.
Volendo possiamo aggiungere due vie di mezzo ed arrivare a nove.
Ma tanto non importa, perché questa è una bella storia scritta bene.
Apriamo con Gill che, informata della morte della zia Rosamond, anziana sorella della madre, si reca nello Shropshire. Qui apprende di aver ereditato, oltre che ad un terzo delle proprietà della zia, anche 4 cassette incise dalla stessa, e di doversi impegnare a consegnare le stesse ad una certa Imogen.
Gill la ricorda vagamente: si tratta di una bambina non vedente, conosciuta circa vent'anni prima, il giorno del cinquantesimo compleanno della zia.
Con l'aiuto delle figlie, Gill cerca in tutti i modi di rintracciare Imogen, ma senza successo; così, un pomeriggio, le tre donne decidono di ascoltare i nastri incisi da Rosamond, sperando di trovare qualche altro indizio per rintracciare la misteriosa "bambina" (che in realtà, all'epoca dei fatti, dovrebbe avere intorno ai trent'anni, ma la stessa Rosamond, ammette, nel suo racconto, di continuare ad immaginarla come la piccola bambina di vent'anni prima).
Rosamond, nelle cassette che ha inciso, si rivolge direttamente a Imogen e le racconta la sua storia (di Imogen, certo, ma anche della stessa Rosamond). E lo fa in un modo particolare, cioè descrivendo alcune fotografie (venti) scelte con cura fra le molte in suo possesso.
Immaginando di parlare con una persona non vedente, Rosamond inizia sempre descrivendo le fotografie, ma quasi subito abbandona i buoni propositi e si mette a ricordare odori, voci, profumi, musiche, aneddoti. Si richiama all'ordine, sorride, si commuove, si interrompe e riprende.
Questa la cornice narrativa immaginata da Coe.
Una vecchia signora che racconta una storia per immagini, incidendola su nastro, ad una bambina cieca.
E qui non c'è maschile, femminile e neutro.
C'è un'idea perfetta e una scrittura che non è da meno.
E siamo solo alla cornice.
La storia che racconta Coe è di rara durezza.
Quella che racconta Rosamond cerca di stemperare, spiegare, lasciare spazio al dubbio e alla speranza. Ma Rosamond non conosce tutta la storia, ed infatti il finale spetta a Gill.
Sarà lei a concludere la storia cominciata dalla zia, ahimè in un modo che sicuramente Rosamond non avrebbe amato (e se proprio devo fare un appunto a Coe, ecco, il "presagio" che coglie Gill in Alvernia mi è sembrato abbastanza superfluo).
Non voglio spoilerare, ma ho parlato di storia di rara durezza.
Coe, in questa storia "tutta al femminile", affronta niente meno che il tema della maternità.
Da quella negata ad una coppia lesbica, a quella rifiutata da almeno tre donne – di tre generazioni diverse – diventate madri (di figlie femmine) - loro malgrado.
Mi viene in mente un altro autore che abbia tentato con altrettanto genialità, bravura e forza un tema del genere. Si tratta di Ingmar Bergman in "Sinfonia d'Autunno". E la madre e la figlia in scena sono Ingrid Bergman e Liv Ullman. Pare che Ingrid Bergman trovasse "inverosimili" queste madri, e Ingmar Bergman, che ne sapeva qualcosa, le rispose: " Ci sono donne così. Rifiutano di essere disturbate dai loro figli. Non vogliono perdere tempo con i loro problemi. Hanno la loro vita, la loro carriera. Tutto il resto non conta. È di una donna così che ho voluto parlare."
(Qui una splendida recensione al film, da cui ho tratto la citazione: http://andiamoalcinema.blogspot.it/2012/12/ingrid-e-ingmar-bergman-in-sinfonia.html ).
Be' non c'è bisogno che mi affanni io a negare temi/scritture/storie di genere, dal momento che ci hanno già pensato – e così intensamente ed efficacemente – Bergman e Coe.
Enjoy.
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Ferruccio