Dettagli Recensione
CHE FARE DEL PASSATO?
In questo Romanzo troverete ben poca azione. E’ un’opera di stampo introspettivo, che segue l’ondeggiare delle passioni e dei dubbi del protagonista: Hajime, un uomo adulto che cerca di comprendere cosa fare del proprio passato; un passato che - incarnato dalla seducente figura femminile di Shimamoto - non sa integrarsi con il presente, assumendo invece una coloritura quasi mortifera.
La seduttività esasperata e misteriosa di Shimamoto appare a tratti un po’ sterile, e il personaggio adulto sembra aver poco a che fare con la Shimamoto bambina che l’Autore ci presenta all’inizio del Romanzo.
La scelta sentimentale di Hajime sembra simbolizzare, in sostanza, una scelta tra la vita e la morte, tra il passato e il futuro. Il lettore sperimenta con lui la tensione inconciliabile che nasce dal dover scegliere tra gli opposti, senza possibilità di sintesi né integrazione; questa tensione è più del dolore, è diversa dalla paura: è la sensazione di disintegrarsi e perdere il senso di sé.
Quando Shimamoto infine scompare, Murakami non ci fa mancare un velo di magia, sua firma inconfondibile, facendo scomparire ogni oggetto che costituisse la prova della sua esistenza. E Hajime sente quasi di impazzire: “La convinzione che la busta non fosse mai esistita si allargava a dismisura dentro di me. Corrodeva la mia mente, schiacciava e inghiottiva voracemente la certezza che, invece, la busta era esistita davvero”.
Ma Hajime sceglie la vita: “Quel giorno sarei potuto morire sull’autostrada insieme a Shimamoto, invece ero lì con la mano calda di Yukiko poggiata sul mio petto”.
Non ritengo che quest’opera spicchi tra quelle di Murakami, che tuttavia mi convince di nuovo, e attraverso queste duecento pagine fluide e coinvolgenti dona sempre molto con il suo stile sobrio, intenso, tagliente come un’affilata lama giapponese.