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Il castigatore di trasforma in castigato
Esistono uomini straordinari che hanno il diritto di compiere qualsiasi genere di azione, anche la più indegna e deplorevole come l'omicidio, al fine di superare gli ostacoli che impediscono ai loro grandiosi progetti di realizzarsi, e uomini ordinari, mediocri, che invece non possono far altro che sottomettersi a questa legge continuando a vivere una tranquilla e vuota esistenza.
E' inutile negarlo, la teoria di Raskolnikov, il protagonista di questo incredibile romanzo, ci affascina e ci intriga più di quanto possiamo immaginare. Anche il più umile e modesto degli esseri umani ha provato almeno una volta nella sua vita l'ebbrezza superomistica dell'infallibilità, della superiorità del proprio io su quello degli altri che non possono comprendere la nostra grandezza dalla loro sconcertante mediocrità.
Tuttavia, come le vicende di Raskolnikov insegnano, questa è una concezione destinata a fallire e a trasformarci schiavi di un inganno che abbiamo generato noi stessi e che ci rende ciechi di fronte al reale stato delle cose. Avere la presunzione di considerarsi migliori degli altri, ergersi ad una posizione di giudice dell'umanità che può agire a suo piacimento, anche rinnegando i principi di civiltà pur di perseguire il suo fine, è una rivisitazione assurda della politica platoniana. Il saggio, in quanto tale, non può commettere scelte sbagliate. Ma chi stabilisce la propria appartenenza al gruppo dei cosiddetti saggi? E coloro che possono essere considerati tali, non sono prima uomini, individui che provano emozioni, che intraprendono grandi imprese, ma che commettono errori, gesti irrazionali?
Raskolnikov, studente vinto da un lacerante senso di noia e apatia, come un eroe romantico, spera di dimostrare la propria superiorità intellettuale uccidendo una vecchia strozzina, ritenendo il suo delitto un'opera benefica perché ha eliminato dalla faccia della terra un individuo che egli definisce "pidocchio". Tutto avviene ad un ritmo estremamente rapido e al termine di questo istante di arrogante follia omicida, il protagonista si sente tutt'altro che sollevato. Egli cade in uno stato di angoscia e inquietudine tanto da apparire pazzo agli occhi degli altri, mentre in realtà è più lucido di quanto si possa immaginare. Progressivamente si rende conto che il suo atto di affermazione di una libertà e di una volontà inesistenti, lo hanno reso prigioniero. Lui, il castigatore dei "pidocchi", degli individui abietti, diventa castigatore di se stesso, non possedendo più la capacità di percepire la realtà per quella che è. Tutto ciò che lo circonda sembra richiamare quel terribile delitto, una persecuzione continua che lo porta ad assumere comportamenti contraddittori: da un lato cade in uno stato di paralisi ancora più intenso a quello precedente per cui le giornate passano inesorabili senza che egli se ne accorga, trascorrendole spesso dormendo sul lacero divano della sua stanza; dall'altro cammina da un angolo all'altro della città, si muove, scappa da se stesso. Perde la concezione del tempo e dello spazio e apprende la sconcertante verità sul suo delitto: lui non è un Napoleone, non ha saputo trasformare in pratica quella teoria così assurda e l'omicidio, atto disumano, la ha appunto privato di tutto ciò che lo rende uomo.
Solo l'amore, i sentimenti semplici e sinceri di una ragazza come Sonja e l'amicizia incondizionata di Razumichin possono riscattarlo, salvarlo da un abisso in cui lo stesso Raskolnikov ha deciso di gettarsi pur essendo, in fondo, un giovane di animo buono e gentile, di gran lunga più apprezzabile di Lugin, l'uomo meschino e calcolatore.
E' quindi subito evidente che l'opera di Dostoevskij non sono indaga in profondità l'animo umano e le sue debolezze, ma trasmette dei valori importanti. Ciascun personaggio ha un significato più concreto e uno allegorico, incarnazione di un ideale che culmina con un'affermazione o negazione mai categorica, perché nel misterioso mondo della psiche niente è completamente giusto o sbagliato: l'anima è una tela dipinta da toni sfumati, non esiste monocromatismo.
Forse è per questo che, nonostante il lettore si renda perfettamente conto degli errori commessi da Razumichin, tende a simpatizzare per il personaggio. Libertà non significa sregolatezza,la prima implica ordine, la seconda genere il caos, quante volte l' abbiamo ripetuto? Ma come il protagonista dimostra chiaramente, tra l'astratto e il concreto, tra la teoria e la realtà, esiste un'enorme differenza e pur predicando ideali di giustizia e uguaglianza, nessuno può affermare di essere sempre stato imparziale e rispettoso, questa è la debolezza o forse anche la forza dell'essere umano, la sua capacità di commettere errori imperdonabili da cui può imparare qualcosa.
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Complimenti per la recensione.
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