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L'insostenibile leggerezza dell'apparire
Altos de la Cascada. Un giorno alla settimana ha le sue vedove: Maria Virginia Guevara, Teresa Scaglia, Carla Masotta, Lala Urovich. Il giorno è il giovedì, quello in cui i mariti si trovano al tavolo verde per giocare a carte, e ci restano per l'intera serata. E' Tano Scaglia – la “personalità forte” della zona – ad aver inventato quel soprannome per il “club” delle mogli, tanto per mettere in chiaro che il giovedì è una serata “sacra”: uomini da una parte, donne dall'altra.
Altos de la Cascada è un complesso residenziale di lusso sorto alla periferia di Buenos Aires, delimitato da una insormontabile recinzione metallica, protetto da telecamere e servizio di sicurezza privata, dotato di piscina, campo da golf, club house e altro. E' accessibile solo a famiglie facoltose, non intaccate più di tanto dalla pesante crisi economica che tra gli anni Novanta e il primo decennio del nuovo millennio ha colpito l'intera Argentina.
Altos de la Cascada, stanotte, ha qualcosa che non quadra. Automobili parcheggiate dove non si dovrebbe, preziosi calici vuotati del vino e lasciati per terra... Sul fondo della piscina, tre cadaveri. Tre mariti per tre donne che, adesso, vedove lo sono per davvero.
Claudia Pineiro vince il Premio Clarin nel 2005 con questo libro che parte da una pregevole intuizione – la scoperta di tre cadaveri in piscina – per poi percorrere a ritroso la storia di quel mondo a parte che è Altos de la Cascada. Lì dove il tè al circolo del tennis convive con la paura di perdere tutto, le feste raffinate e altisonanti con il modo disinibito di intendere il regime coniugale; dove c'è persino una commissione interna che giudica le infrazioni commesse nel quartiere: dal consumo di marijuana da parte dei ragazzi al piantare siepi sul lato di casa che dà sul campo da golf (vietatissimo!).
La bellezza di questo percorso in flashback è nella capacità di dipingere dinamiche relazionali e personaggi: affascinante quello di Maria Virginia Guevara, che si reinventa agente immobiliare del complesso residenziale (d'altronde, chi meglio di colei che ci abita può magnificare i pregi della zona?); affascinanti tutte le altre figure femminili disegnate dalla scrittrice argentina. Anche quelle di Carmen Insua e della sua donna di servizio, la paraguayana Gabina, che acquistano importanza in un episodio secondario della storia.
Semmai il romanzo risente del fatto che non tutti gli episodi sono incisivi (e ciò finisce per appesantirlo). Ma riesce nel suo intento: quello di far toccare con mano come la crisi di un paese non sia mai casuale; né si può essere sicuri che vi saranno zone franche nelle quali “rifugiarsi”: anche il microcosmo apparentemente immacolato di Altos de la Cascada è un mondo di piccole miserie, rivalità, ascese e cadute, pensieri deprimenti o squallidi.
Alla fine, il mistero dei tre cadaveri in piscina si rivela soltanto un punto di arrivo, non l'argomento centrale della vicenda: ma il finale che lo spiega (peraltro molto ben costruito) è a conti fatti il migliore possibile.
“In qualsiasi campo da golf in qualsiasi parte del mondo chi fa buca in uno, per cortesia e per una legge non scritta ma che nessuno mette in discussione, deve pagare da bere a tutti quelli che si trovano nel campo in quel momento. In genere champagne. A volte whisky. A tutti, su ogni linea, dalla buca 1 alla 18. Perciò esiste l'assicurazione sulla buca in uno. La fa qualsiasi agenzia assicurativa. La maggior parte di noi se la vede offrire quando assicuriamo la casa. Incendio, furto e buca in uno, per qualche centesimo in più al mese”.
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