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Una puntura d’insetto che sembra molto lieve
“Perché tu non ti perda nel quartiere”, l’ultimo romanzo di Patrick Modiano, ricorda potentemente un’opera precedente, “L’erba delle notti”.
Nella Parigi ove vie e luoghi sono circuiti esistenziali e gli edifici custodiscono segreti di permanenze, ricostruzioni e trasformazioni, il protagonista – uno scrittore scontroso (“E poi il telefono non suonava più da mesi”) e dalla memoria labile (“Ma con il tempo tutto quel passato era diventato così traslucido”) – si aggira pungolato dal desiderio di ricostruire un passato indefinito che prende forma nelle pagine del romanzo come una scultura che viene via via sgrossata dall’artista, una scultura che – a opera ultimata – mantiene i tratti grezzi e abbozzati della materia.
L’occasione per avviare questo percorso viene fornita da una telefonata: Gilles Ottolini, un individuo ambiguo e strano, ha ritrovato il taccuino che Daragane ha smarrito (“In caso di smarrimento restituire questo taccuino a”). Ottolini chiede d’incontrare lo scrittore e, nell’occasione, si dichiara interessato ad approfondire le vicende che riguardano uno dei nominativi inclusi nell’agenda (“Guy Torsel non gli diceva niente”).
Daragane, insospettito dal fare equivoco di Ottolini, che ben presto si rivela un impostore, oppone resistenza alle richieste (“Fra quei numeri di telefono non ce n’era nemmeno uno che avrebbe avuto voglia di comporre. E poi, i due o tre numeri mancanti, quelli che avevano contato per lui e che ricordava ancora a memoria, non avrebbero più risposto”), ma nel frattempo riattiva gli ingranaggi inceppati della memoria, individuando in una sua opera (“Torstel… lo ha usato in Le noir de l’été”) lo snodo per riavvolgere i fili di una trama vitale che si è sfilacciata nel tempo (“Ti interessa sapere perché ti ho portato a fare le fototessere?”). Intanto le telefonate si fanno sempre più insistenti e minacciose…
Tempi (“Ma in estate tutto resta in sospeso – una stagione metafisica…”), spazi e persone (“Ho anche cambiato il nome proprio… Agnès Vincent”) sono intarsi da connettere nella poetica di Modiano, che affida all’arte una funzione segnaletica e ausiliaria (“Per lui scrivere un libro voleva anche dire lanciare segnali luminosi o Morse all’indirizzo di persone di cui non sapeva più niente. Bastava seminarne a caso i nomi tra le pagine e aspettare che loro dessero notizie”) rispetto alla complessità delle vicende umane, dei meccanismi mnestici e sentimentali. Anche questo romanzo è sospeso in un’indeterminatezza che affascina e sospinge, tra le incongruenze esplicative che fanno da contrappeso alla puntigliosità e alla concatenazione degli indizi…
Bruno Elpis