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Luce d'agosto
 
Luce d'agosto 2015-07-08 12:11:06 Anna_Reads
Voto medio 
 
3.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    08 Luglio, 2015
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Un Bartleby dark e un po' Straniero

(Spoiler lieve).

Letto di slancio subito dopo aver finito "L'urlo e il Furore", devo dire che questo Faulkner mi ha convinto molto meno.
Ecco l'ho detto.
Via il dente, via il dolore.
Dopo le 200 pagine dell'Urlo non ero pronta ad abbandonare Faulkner e così mi sono impadronita di questo corposo tomo e, rassicurata anche da Vittorini ai dizionari, ho cominciato la lettura fiduciosa. (Va da sé che poi abbia letto che la traduzione di Vittorini sia addirittura accusabile di "scempio". Non mi addentro nel merito della questione perché non ne ho le competenze. Osservo solo che rispetto all'Urlo qui si vede sia uno scrittore che sta traducendo).
L'inizio è piuttosto particolare con questo strano e bizzarro personaggio di Lena Grove, giovinotta con avanzata gravidanza che muove – a piedi – dall'Alabama (siamo in Mississippi) alla ricerca del padre del suo bambino che è andato a cercare fortuna per poi mandarla a chiamare appena sistemato. Ma la "chiamata" ritarda e la nostra Lena decide di mettersi in moto in autonomia.
Ovviamente noi lettori e tutti i personaggi che incontra sappiamo perfettamente che il nostro si sia dato alla macchia, ma Lena no.
La nostra è circonfusa da una sorta di alone mistico o magico di serenità. Scivola sopra le brutture e gli sguardi cattivi della società (è sola, incinta e alla seconda occhiata tutti si accorgono che non sia sposata) e trova sempre qualcuno di buon cuore e generoso che le dia una mano. E sarà così fino alla fine.
(Insopportabile).
Poi, con un complesso gioco di anticipazioni, flashback esplicativi, la vicenda si dipana.
E a lungo ci dimentichiamo di Lena Grove, a vantaggio del protagonista della storia, che è Joe Christmas.
Piccolo orfano, dalla pelle bianca, ma – forse – dal sangue nero. Ripercorriamo la sua vita fin dalla più tenera infanzia in orfanotrofio, la fuga, l'agghiacciante adozione, la nuova fuga, fino al momento in cui lo ritroviamo adulto.
Joe Christmas ricorda, per certi aspetti, il Bartleby di Melville, un personaggio piccolo e oscuro, pacato e solitario, desideroso di nient'altro che della sua pace e delle sue abitudini, ma con una nota feroce ed irresoluta al fondo, che lo porta a commettere qualche brutale delitto.
La nota "irresoluta" di Christmas è il suo mancato senso di appartenenza, che lo costringe a nascondersi, ma anche a rivelarsi (è sempre lui che racconta la "vergogna" della sua origine) e che gli impedisce di accettare la generosità altrui, le poche volte che la incontra (la madre adottiva).
Il sangue nero – che gli hanno insegnato a temere e disprezzare – lo rende indegno di essere accettato. E quando apparentemente ciò accade, in realtà è solo in funzione proprio di questo sangue (l' "amore" esaltato e quasi feroce e fanatico di Joanna).

Quello che ho amato particolarmente, nella narrazione portata avanti da questo personaggio, è l'ineludibilità di quanto accade e gli accade. Christmas racconta le sue azioni e gli eventi come se fossero pre-destinate e come se lui non fosse altro che un occasionale spettatore. Non sappiamo mai che cosa prova, eppure apprendiamo quello che gli accade e ciò che fa dalla sua narrazione.
A volte dalle sue spesse parole.
Ho trovato estremamente "bella" questa parte e solo questa vale l'intera lettura del libro.

Ho invece faticato molto su altri passaggi.
Su tutti quelli relativi a Gail Hightower. Personaggio che entra in scena in quanto confidente dell'uomo che darà ricovero ed assistenza a Lena Grove; con il consueto sistema di anticipazioni e salti indietro apprendiamo di questo personaggio a partire dal nonno paterno ed è proprio lui, in un certo senso a "chiudere" la vicenda di Christmas.
Questa parte che avrebbe potuto essere grandiosa (solo pensando alle figure dei nonni del protagonista, ed in particolare, della nonna e del suo racconto), secondo me, non è sorretta dallo stesso stato di grazia che caratterizza la narrazione di (e su) Christmas. Pur mantenendo la coesione e l'interesse del lettore mi pare decisamente meno felice.
Poco appassionante (almeno secondo me) anche la storia di Joanna Burden.

Forse, sono mancati proprio – almeno secondo me – i personaggi femminili, in questa storia (del resto anche nell'Urlo era stato un po' così) con la mirabile eccezione della nonna di Christmas.
O forse, dopo l'Urlo avrei semplicemente dovuto lasciar passare un po' di tempo prima di tornare su questo autore.
Anyway, una piccola delusione da considerarsi tale solo dopo la grande esaltazione dell'Urlo e il Furore.
Adesso faccio la brava e lascio passare un po' di tempo.
Con Faulkner ci si rivede con Assalonne Assalonne e Mentre Morivo.
Ad Maiora, Will.

Indicazioni utili

Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Bartleby lo Scrivano (Melville)
Lo Straniero (Camus).
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71
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