Dettagli Recensione
Dignità, quella che rimane.
La parola vergogna non mi sembra renda bene il contenuto del romanzo. Non è la vergogna che affligge i protagonisti ma il carattere duro e orgoglioso che porta padre e figlia in due diverse situazioni a cercare di conservare quello che si può della propria dignità a scapito di grosse perdite.
Il tono del romanzo è pacato e il professore ricorda molto Stoner, anche se Stoner ha delle punte di bellezza stilistica e di profondità di contenuti molto superiori.
Un professore 52enne ha una relazione con una allieva ventenne. Una relazione soprattutto sessuale visto che il maggior merito della ragazza è il fisico attraente: la ragazza è descritta come studentessa mediocre e non è il tipo di donna che piace al professore, non ha un briciolo di ironia. Il professore viene denunciato, processato di fronte al senato accademico dove rinuncia a difendersi e a prendere un avvocato e si dichiara colpevole di tutte le accuse (si parla di violenza) andando incontro al licenziamento, la massima pena. Facendo le sue scuse, se la sarebbe potuta cavare con poco. Ma lui dichiara di essere colpevole anche se non si sente in colpa. Sembrerebbe una sfida alla società moralista e benpensante e alla falsità dell'ambiente accademico in nome di Eros, la divinità cui il professore si dichiara succube. In realtà le cose non stanno esattamente così. La ventenne non è una ragazza incontrata per strada ma una sua studentessa e tra i due esiste un rapporto di potere. La posizione del professore che ha favorito la ragazza per il numero di presenze e'il voto (l'avrebbe fatto) non è moralmente archiviabile così a cuor leggero in nome di Eros o di un generico "lo fanno tutti". Il professore si dichiara colpevole nelle pagine successive di non aver messo abbastanza poesia nel rapporto con la ragazza che certamente non amava. Del resto anche Byron usava la poesia nello stesso modo, pare, cioè per avere sesso a buon mercato. Ma era un po' più convincente.
Credo che Cotzee intraveda la debolezza della posizione del professore anche se cerca di tirare il lettore dalla sua parte in nome di una lotta al moralismo e all'ipocrisia. Ripropone infatti una situazione diversa ma con remote analogie per la figlia del professore, omosessuale e amante degli animali. La ragazza vive sola in una fattoria in Sud Africa e la cosa non è ben vista e è, anzi, pericolosa. La ragazza infatti verrà stuprata da un gruppo di uomini del posto, forse mandati dal suo aiutante, una figura ambigua che lei si rifiuta di licenziare.
L'analogia delle due situazioni sta nel fatto che sia il professore sia gli stupratori esercitano in qualche modo sulla vittima un rapporto di potere, chi usando la forza della superiorità culturale chi la forza bruta. Potrebbero tutti dichiarare di agire in nome di eros cioè del proprio piacere. Nel primo caso la ragazza era consenziente (anche se poi denuncia il professore per violenza), nel secondo la ragazza non è consenziente ma si rifiuta di denunciare quelle persone (quindi in un certo senso lo diventa) per un assoggettamento alla mentalità del posto. Se vuole restare nella fattoria le condizioni sono quelle: regalare la fattoria e accettare le conseguenze e una situazione ambigua e di negazione dei suoi diritti. Compreso quello di scelta sessuale.
La storia della ragazza è molto bella, e anche difficile da capire e da accettare. Non si ribella alla mentalità locale, come i cani che aspettano la morte, ma in un certo senso il fatto che non se ne vada è la sua estrema ribellione.
In ogni caso il culto di Eros cioè dell'impulso sessuale nudo e crudo non apre grandi orizzonti, comunque la si voglia mettere. Il personaggio del professore non mi è piaciuto molto. E' anaffettivo e ha un unico interesse. Anche tutte le domande che si pone sulla sessualità della figlia sono abbastanza fastidiose. Non mi pare che metta molta poesia in niente.
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Commenti
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Dell'autore ho letto "Il maestro di pietroburgo", in cui ricostruisce in modo letterario un momento drammatico della vita di Dostoevskij : il libro è piuttosto cupo e di una certa durezza; lo scrittore dimostra comunque delle capacità.