Dettagli Recensione
There is a elephant, in my room...
(SPOILER)
Conoscendo Auster per “Le follie di Brooklyn”, romanzo che ho molto amato e con un finale – davvero – geniale, ho approcciato “Mr Vertigo” con grande entusiasmo.
Il tratto comune, fra le due opere, è sempre la scrittura di Auster – che io trovo veramente efficace – e che senza impaludarsi in virgolette e punteggiature eccessive “mima” un perfetto parlato, con tanto di locuzioni, ammiccamenti ed alzate di sopracciglia.
Non sono quasi mai i dialoghi fra i personaggi quelli che restano nella mente, anche perché i dialoghi sono pochi. In genere Walt, il protagonista, non parla agli altri personaggi e neppure si lancia in monologhi interiori.
Walt parla con te.
Anche nel cinema, l’effetto dell’attore che “guarda in camera” e si rivolge al pubblico è assai pericoloso (e infatti vi si ricorre con una certa parsimonia). Però se si pensa al Riccardo III di Richard Loncraine (quello con Ian McKellen), ci si rende anche conto che se si è capaci ad usarlo, l’effetto paga.
Di certo Auster “è capace”.
“Il suo vero nome era Bucoprofondo, un fiorire di sbadigli in un campo di noia (…) Quel posto era un buco, capitale onoraria della noia, e mi bastò un giorno per non volerne più sapere.”
Wichita, la “scoppiettante prontezza” di Fritz, il suo essere “onesto senza scampo”, Walt che descrive sé stesso come una “ineguagliabile, preziosa persona”… sono tutti guizzi linguistici di un autore che disegna un personaggio che con il lettore ci parla (gli urla, anche, ogni tanto).
L’effetto potrebbe venire a noia, o essere forzato.
Nel fatto che ciò non avvenga mai, io trovo la grandezza di Auster e di questo romanzo.
Una storia narrata in modo incantevole.
La storia in sé mi ha convinto meno.
Intanto, siamo in pieno paradosso da “Elephant in the room” nel senso che c’è un enorme problema, in questa storia di cui nessuno parla e naturalmente il lettore si fa complice dell’autore in questo gioco.
Io da umile recensore dovrei fare lo stesso.
Ma al di là di avere un bambino che vola come protagonista (non avrei mai pituto evitare di dire “Un elefante, un elefante!!”) in un romanzo che per il resto è estremamente realistico e ben calato nel suo periodo storico…
La storia in sé non mi ha particolarmente emozionato.
Ho amato Maestro Yehudi più o meno come ha fatto Walt. Il suo essere razionale, emotivo, assurdo e crudele. Non ho fatto in tempo ad affezionarmi a Mamma Siuox e ad Esopo come avrei voluto.
La “protagonista” femminile, cioè miss Witherspoon mi ha detto davvero poco (e niente), probabilmente per la mia ben nota idiosincrasia per le svampite, vere o fasulle che siano.
Il suo ritorno tardivo mi ha anche un po’ infastidito (sì lo so, era l’unica rimasta viva e giusto lei poteva tornare, però…). L’ho trovata un personaggio cacciato a forza al centro della scena, perché amata dal Maestro, ma poi poco interessante e tutto sommato mediocre. Anche il Maestro, quando ha a che fare con lei, mi piace meno (o sarà che con l’aspettativa che crea Walt chissà che mi aspettavo che il Maestro le avesse regalato per il suo matrimonio).
Va anche detto che ho perso interesse nella vicenda con la morte del Maestro.
Soprattutto perché la sua morte è splendida e mi ha lasciato completamente sfinita.
Perché uno come lui così deve morire.
E basta.
Potremmo forse dire che l’amore non ne esce benissimo in questo romanzo, se non fosse che, a bocce ferme, parlando di un personaggio che non vedremo mai, Auster infili una delle più belle dichiarazioni d’amore che mi sia capitato di leggere:
“Ma dentro aveva qualcosa, Molly, e in un suo modo tranquillo e cauto, era in gamba come poche persone che mi sia capitato di conoscere. Era gentile; non serbava rancore; mi sosteneva, e non cercò mai di trasformarmi in qualcuno che non ero. Forse come donna di casa era un po’ distratta e come cuoca non era granché, ma non importa. Dopo tutto una moglie non è una cameriera. E comunque fu la mia prima vera amica dai tempi di Kansas City con Esopo e Mamma Sioux, la prima donna che io abbia amato davvero.”
E non ho potuto fare a meno di notare che si chiami “Molly” esattamente come quella di “Viaggio al Termine della Notte” e dal momento che anche lei riceve una dichiarazione niente male, io prendo congedo da voi con questa (appuntandomi di fare in modo di chiamarmi Molly, in un’altra vita ;) ):
"Buona, ammirevole Molly, vorrei se può ancora leggermi, da un posto che non conosco, che lei sapesse che non sono cambiato per lei, che l'amo ancora e sempre, a modo mio, che lei può venire qui quando vuole a dividere il mio pane e il mio destino furtivo.
Se lei non è più bella, ebbene tanto peggio! Ci arrangeremo!
Ho conservato tanto della sua bellezza in me, così viva, così calda che ne ho ancora per tutti e due e per me almeno vent'anni ancora, il tempo di arrivare alla fine.
Per lasciarla mi ci è voluta proprio della follia, della specie più brutta e fredda. Comunque, ho difeso la mia anima fino ad oggi e se la morte, domani, venisse a prendermi, non sarei, ne sono certo, mai tanto freddo, cialtrone, volgare come gli altri, per quel tanto di gentilezza e di sogno che Molly mi ha regalato nel corso di qualche mese d'America".
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Un saluto.
Riproverò!
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