Dettagli Recensione
Di Alex, ultraviolenza e mielestrazio.
Un'arancia a Orologeria – Anthony Burgess, 1962
L I E VE S P O I L E R
"Un bel mondo di luridi criminali quello che state cercando di costruire, tutti quanti.
(…)
E io pensavo tra me, che l'Inferno v'inghiottisca tutti quanti, se voi bastardi siete dalla parte del Bene allora sono contento d'essere d'altra sponda."
Questo è stato il secondo libro distopico dell'anno, dopo "Il Mondo Nuovo" di Huxley.
Già il titolo è leggermente pazzesco, dal momento che non si sa bene perché Burgess l'abbia scelto (slang, dialetto giavanese, pavlov…).
La spiegazione pavloviana è particolarmente affascinante perché Alex, il quindicenne protagonista della vicenda, sembra agire non per volontà propria, ma per una serie di archi riflessi.
E l'effetto è straniante.
Abbiamo un protagonista che compie azioni orrende, senza alcuna motivazione.
Non solo come se non potesse comportarsi diversamente, ma proprio come se non gli fosse dato porsi la questione; come sobbalzare per un rumore improvviso, o chiudere gli occhi quando si starnutisce.
Riflessi, appunto.
Peraltro Alex è l'unico personaggio a vivere questa mancanza di arbitrio. Gli altri hanno motivazioni o desideri. Lui no. L'unico momento in cui appare coinvolto in quello che fa è durante l'ascolto dell'amato Ludovico Van (Beethoven).
Alex commette le azioni più turpi, ma mantiene un qualcosa per cui non si può fare a meno di empatizzare con lui (o almeno. A me è successo questo).
Si potrebbe pensare che sia per gli occhioni sgranati (è proprio il caso di dirlo) di Malcolm McDowell, ma no. Il film non lo avevo ancora visto (però azzarderei che anche Kubrick possa aver preso in considerazione questo punto di vista).
E non è neppure l'effetto Holden (anche se più di qualche tratto comune, nel linguaggio che scelgono per i loro protagonisti Salinger e Burgess, io lo vedo).
Il linguaggio è indubbiamente l'aspetto che mi ha maggiormente intrigato del romanzo, perché la storia è narrata da Alex, in prima persona, con un linguaggio a prima vista difficilmente comprensibile (pieno di neologismi, assonanze, onomatopee, crasi e non so che altro), ma con sintassi e lessico sopraffino.
Con il protagonista che si rivolge al lettore direttamente, lo guarda negli occhi, gli chiede amicizia e comprensione, ammicca, dà di gomito, proprio mentre racconta del suo essere completamente privo di arbitrio, empatia, partecipazione.
In questo straniamento, secondo me, la "fortuna" del personaggio e del romanzo (e del film).
Alex ha qualcosa dell'automa, ed insieme qualcosa di perniciosamente umano; racconta la sua storia, la banda, le efferatezze, la musica, il carcere, la "cura Ludovico", la "bontà", il rientro a "casa", lo scioglimento finale, rivolgendosi all'amico lettore, sapendo di trovare in lui partecipazione.
Attraverso il suo personaggio, Burgess (che ha vissuto esperienze in cui è stato vittima di simil-Alex) "vede" una società che persegue il bene annullando il libero arbitrio, ma con la consapevolezza che "Un uomo che non può scegliere cessa di essere un uomo".
O come spiega Alex: "No, non proprio come un animale ma come uno di quei migni giocattoli che vendono per le strade, tipo dei piccoli martini fatti di latta e con una molla dentro e una chiavetta fuori e tu lo carichi trrr trrr trrr e quello pistona via, tipo camminando, O fratelli miei. Ma cammina in linea retta e va a sbattere contro le cose, sbam, e non può farne a meno. Essere giovani è come essere una di queste migne macchinette (…)Avrei spiegato tutto questo a mio figlio quando fosse stato abbastanza bigio da capire. Ma d’altra parte sapevo che non avrebbe capito o non avrebbe voluto capire e avrebbe fatto tutte le trucche che avevo fatto io, sì, forse avrebbe perfino ammazzato qualche povera pulcella bigia circondata da ràttoli e ràttole miagolanti, e io non sarei stato capace di fermarlo. Né lui sarebbe stato capace di fermare il figlio suo, fratelli. E sarebbe andata avanti così fino alla fine del mondo, gira e rigira, come un tamagno martino gigantesco tipo Zio in Persona (per gentile concessione del Korova Milkbar) che girava e rigirava tra le granfie gigantesche una lezzosa arancia saloppa."
E Burgess porta ad empatizzare con questi "migni martini" e poi lascia il lettore a fare i conti con questa sensazione, che non è mica bella.
Alex è l'orrore incomprensibile, che però in qualche modo si comprende.
Perché quando non riesce più ad ascoltare l'amato Ludovico Van si soffre per lui, quando la mamma e il papà lo mandano via perché lo hanno sostituito con un "figlio" più amorevole ed hanno dato via i suoi amati dischi è per lui che si sta in pena, così come quando viene malmenato e perseguitato (o almeno…così è stato per me. E penso anche Burgess e Kubrick).
E al momento di prendere congedo si fatica un po' a separarsi da questo personaggio incomprensibile.
Senza voler indulgere nel "mielestrazio", beninteso.
Curiosità.
Nella traduzione italiana di "Il Mondo Nuovo" e di "Un'Arancia a Orologeria", ricorre la parola "soma"; non nel senso di insieme di cellule, o di carico da portare sulla groppa (da cui "somaro"), ma come neologismo. Nel primo caso "soma" è una droga che dà felicità ed appagamento, nel secondo il termine significa "amico"/"compagno".
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Commenti
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Purtroppo non ho il dono della sintesi, ma ci sto lavorando :)
Uno dei più belli incipit della letteratura....."Eccomi là. Cioè Alex e i miei tre drughi. Cioè Pit, Georgie e Dim. Eravamo seduti nel Korova milkbar arrovellandoci il gulliver per sapere cosa fare della serata. Il Korova milkbar vende " latte+ ", cioè diciamo latte rinforzato con qualche droguccia mescalina, che è quel che stavamo bevendo. È roba che ti fa robusto e disposto all'esercizio dell'amata ultraviolenza." [...]
IMHO
E il film di Kubrik forse il più distopico e violento per eccellenza.
Grazie, sei molto gentile!
A presto, ci si legge!
io l'ho letto in italiano, ma amici che lo hanno affrontato in inglese mi hanno confermato l'ottima resa della traduzione nella nostra lingua.
Trovo che linguisticamente sia molto molto interessante (anche se la riflessione sulla trama non è da meno), e anche un tantino complesso. È un libro piuttosto breve, ma credo che si capisca dal primo "assaggio" se fa è il suo momento (per essere letto) o meno.
Fammi sapere!
:)
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Laura