Dettagli Recensione
Dio salvi la traduttrice
Austerlitz è un romanzo atipico che può essere ricondotto senza troppi patemi al modello dello stream of consciousness. Nonostante Sebald riempia oltre trecento pagine, i fatti degni di nota sono ben pochi e la “trama”, se così si può definire, è estremamente annacquata. Austerlitz, indiscusso mattatore del libro, è uno studioso ed ex insegnante di inglese, amante dell’architettura, della scrittura e della riflessione che per caso incontra il narratore del libro, il quale a sua volta ne riporta le parole. Inizia così un lunghissimo viaggio temporale che parte dalla gioventù orfana di Austerlitz fino alla Parigi di fine Novecento passando per Londra, Germania e soprattutto Praga, sua città natale.
Ma la trama è tutta qui. Tra una fermata e l’altra troviamo minuziose descrizioni storiche e fisiche, talvolta estremamente tecniche, di edifici e architetture; ci imbattiamo in pensieri, elucubrazioni e riflessioni personali brillanti ma che sembrano non approdare a nulla; il tutto in un mare di parole.
Si ha come l’impressione (almeno mi è parso) che il testo sfociasse nell’egocentrismo di Austerlitz, che a sua volta si concretizza in estenuanti e aride descrizioni che si susseguono stancamente, creando, in conclusione, un’accozzaglia di esperienze. Quest’ultime descritte fin nell’estremo dettaglio tanto da risultare poco incisive.
Il libro non manca di buone intenzioni e di spunti interessanti, anzi tutt’altro, ma anch’essi naufragano nel mare di parole e immagini che si estende per oltre trecento pagine.
Non aiuta inoltre l’infinito periodare, a cui Sebald sembra tanto fedele, composto da subordinate, da subordinate di subordinate e da frasi incidentali che più delle loro “colleghe sintattiche” sommergono la già scarsa tensione narrativa e il corso del pensiero del protagonista. Richiede dunque molta attenzione, anche solo per individuare e poi ricordarsi la “frase principale” da cui il discorso parte.
Il libro propone comunque elementi interessanti che possono alimentare la riflessione personale, offre una varietà linguistico-lessicale propria di ben pochi autori, italiani e non; e trovo estremamente interessante l’utilizzo della corrispondenza testo-immagine come stratagemma narrativo. Al di là di questi piccoli pregi non mi sentirei di consigliare questo libro, se non a coloro che amano perdersi nei meandri dell’artificiosità linguistica.
P.S: vorrei qui sottolineare l’estrema bravura della traduttrice, Ada Vigliani, a cui va un sentito applauso per la finissima abilità di rendere la complessità della lingua di Sebald e della lingua tedesca, la cui problematicità, nonché ricchezza linguistica, ho avuto personalmente modo di affrontare durante gli studi. Chapeau.
FM
Indicazioni utili
- sì
- no
Ulysses di Joyce
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |