Dettagli Recensione
Ciò che si cela dietro la porta
La porta è un romanzo complesso, ricco, pieno di riferimenti colti, citazioni iperboliche che mostrano fin da subito le peculiarità dello stile della Szabò.
Infatti, la scrittrice si riferisce ad un pubblico che possa capire le citazioni e di certo non è una lettura facilmente comprensibile per tutti. Trovo che la trama sia buona e l'inizio è una delle parti che ho apprezzato di più. Mi è piaciuto soprattutto il rovesciamento dei ruoli: è Emerenc che chiede le referenze a Magda. Il libro si basa quasi interamente su questi due personaggi e sul loro rapporto. Magda è una sorta di alter ego della scrittrice e mostra chiaramente la sua debolezza: sebbene sia colta non capisce le cose più banali e nonostante svolga un mestiere che dovrebbe metterla automaticamente in empatia con la gente non riesce a provare una bontà vera, autentica.
Il personaggio di Emerenc è chiaramente il più oscuro, legato al concetto della porta intesa in senso lato come accesso privato ai propri sentimenti. In Emerenc si notano i classici turbamenti di chi ha vissuto gravi traumi, quindi preferisce che la sua porta rimanga chiusa e non permette a nessuno di accedere nel suo universo. L'unica che ha la chiave per capirla è Magda, che deve sottomettersi in un certo senso alle bizzarrie di Emerenc, tuttavia la due donne sebbene legate da quella che l'autrice definisce amicizia, non riescono a comunicare e ad aprire le proprie porte.
Emerenc è un personaggi che all'inizio colpisce molto il lettore ma che rivela presto un carattere crudo , tutt'altro che buono. l'autrice la paragona a personaggi quali Mefistofele, oppure a una sovrana quindi tende ad amplificare parecchio il carattere. Comunque da un lato mette in luce la semplicità della donna, dall'altro accenna al meccanismo psicologico complesso che si cela dietro l'apparente tranquillità di Emerenc. Secondo me non è buona ma compie anche gli atti di bontà come se fossero dei rituali che la sua mente ha sviluppato per gestire il dolore. Anche il gesto di spalare la neve, è un'azione meccanica ma nient'altro.
Emerenc secondo me funziona al meglio se la si vede come una parte di Magda, la sua controfigura che ne incarna gli aspetti opposti. Tali aspetti sono il rifiuto verso il lavoro intellettuale e l'odio verso la religione e le istituzioni. La porta di Emerenc, con cui Magda si confronta, ha secondo me dei legami con l'intimo della stessa, nasconde l'ombra, la parte di sè che Magda non conosce. La casa di Emerenc è ricca di simbologie di questo tipo, l'apertura dela porta è grave perchè mette a nudo ciò che si cerca sempre di nascondere, in questo caso mette a nudo la vita di Emerenc.
Ho trovato suggestiva l'immagine della stanza dove i mobili si sfaldavano, tornando nel regno dell'inconscio, della rimozione. Nonostante questo ragionamento, posso dire di aver trovato soddisfazioni nello scavare nel libro e trovare significati ma purtroppo non mi sono trovata bene con lo stile che all'inizio adoravo e poi ad un certo punto ha cominciato a diventare un po' ampolloso e irrealistico, soprattutto nei colloqui tra Magda e il marito. Infatti, essi parlano tra di loro in maniera artificiosa, il linguaggio non è realistico ma appare surreale, ricco di retorica e artifici tecnici che rendono quasi insignificante il loro rapporto. Sono arrivata a pensare che lo stile sia volutamente così ricercato al fine di mostrare quanto la cultura aulica e artificiale sia totalmente inutile se non si hanno altri valori.
Interessante anche la storia che trapela da ogni pagina del romanzo, la storia di una terra così ricca di conflitti come l'Ungheria.
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A me il libro è piaciuto molto. Pensò ci siano elementi autobiografici: personaggio e autrice hanno non casualmente lo stesso nome, Magda.
Se sei interessata alla grande scrittrice ungherese, ti segnalo un altro libro decisamente bello, anche se meno complesso : "La ballata di Iza".
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