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L'urlo e il furore
 
L'urlo e il furore 2015-06-24 11:33:43 Anna_Reads
Voto medio 
 
3.5
Stile 
 
5.0
Contenuto 
 
3.0
Piacevolezza 
 
3.0
Anna_Reads Opinione inserita da Anna_Reads    24 Giugno, 2015
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Fosse anche solo per Ben (Capitolo I)...

William Faulkner – L'Urlo e il Furore – 1929

Spoiler (lieve)

Scrive W. Faulkner, al suo editore, nel 1946:
"Quando ristamperai L’urlo e il furore, avrò una parte nuova da aggiungere. Quando l’avrai letta, vedrai che è la chiave di tutto il libro".
Nota della (mia) edizione Einaudi:
"Faulkner voleva che l’Appendice fosse la prima parte del libro, e al primo posto essa figurò nelle prime edizioni, ma successivamente fu collocata alla fine. Studiosi e critici l’hanno spesso trattata come una parte integrante del romanzo, anche se molti la considerano separata e distinta da L’urlo e il furore, come entità romanzesche separate e distinte sono gli altri racconti sulla famiglia Compson."

Faulkner dice "mettiamola all'inizio", ma in fondo, perché dargli retta?
Quindi la parte "nuova" una sorta di albero genealogico della famiglia Compson, che – di fatto – ti permette di capire i primi due (su quattro) capitoli dell'opera, l'edizione italiana in mio possesso la mette simpaticamente in fondo, perché dar retta al parere dell'autore, in fondo?
Sfortuna ulteriore, mi è capitata l'edizione vecchia con traduzione di Augusto Dauphiné, sembra letta da Pieraccioni da quanto l'è tutto un toscanismo.

Quindi abbiamo il primo capitolo in cui ho capito che la voce narrante è un personaggio con ritardo mentale, che si chiama Benjamin, che ha fratelli (due o tre?), una sorella, alcune persone che si occupano di lui, madre, padre. C'è anche un personaggio che si chiama Quentin. Che a volte è femmina e a volte è maschio.
Ok.
Avevo letto che non era un libro per tutti e son sul punto di piantar lì, evidentemente non sono all'altezza. Poi per pura combinazione apro il reader alla pagina sbagliata e… ma guarda!
L'appendice.
Ma guarda. I Quentin sono due, un maschio e una femmina. Scema io a non capirlo nel flusso di coscienza di un personaggio con ritardo mentale. E anche Faulkner che aveva pensato di dare una mano ai suoi lettori meno dotati.
Fa niente, basta polemiche.

Rileggo dall'inizio e mi godo appieno un enorme romanzo.
Quattro capitoli, quattro date, quattro narrazioni di quattro personaggi diversi; tre membri della famiglia Compson (Ben, Quentin-maschio, Jason) e la loro governante Dilsey (narrazione in terza persona).
I primi due capitoli, meno organici dal punti di vista narrativo, sono "flusso di coscienza" di Ben e di Quentin (maschio), poi con Jason la narrazione si fa più classica.
Il capitolo, secondo me, più "forte" è proprio il primo. Il flusso di coscienza di Ben.
Qui, in effetti, il punto non è proprio capire tutto quello che succede, ma il tentativo – a mio avviso riuscito e assai raro – di descrivere la percezione della realtà da parte di un disabile mentale. Ben non riesce a filtrare gli stimoli che incontra e a dare loro un ordine, neppure a livello percettivo. Tutto è contemporaneo ed immediato odori e suoni, tatto e gusto, presente e ricordi.
È un tentativo coraggioso, raro e secondo me riuscito.
Altri autori che abbiano tentato questo difficile percorso con pari intensità… mi viene in mente solo (spero per ignoranza mia) Daniel Keyes in "Fiori per Algernon" (e se qualcuno non l'ha letto, corra immediatamente a porre rimedio!), ma con approccio completamente diverso. Poi ci sono alcuni pezzi di McEwan (L'inventore dei sogni, quando viene descritta la difficoltà del gatto e del bimbo piccolo a focalizzare l'attenzione), Bill James (in Protezione alcuni capitoli sono resi dal punto di vista di un ragazzino con ritardo mentale), Haddon (Il caso del cane ucciso a mezzanotte, ma qui abbiamo una Sindrome di Asperger e non un ritardo mentale).
Però questo primo capitolo di Faulkner è davvero straordinario.
Una sorta di arazzo proustiano, però strappato e smagliato in più punti, tenuto insieme solo da una prosa involuta, ripetitiva che procede e ritorna, sbanda e si arresta.
Bon, non meniamo il can per l'aia.
Nel 1949 Faulkner ha vinto il premio Nobel per la letteratura.
Avesse scritto "solo" il primo capitolo di "L'Urlo e il Furore" se lo sarebbe meritato ugualmente, secondo me.

Nel secondo capitolo abbiamo lo stream of consciousness di Quentin (maschio); che… mah sarà che venivamo dal capitolo precedente, che è stato sublime, sarà che non mi ha appassionato né il personaggio di Quentin né quello del suo amore, mi ha lasciato abbastanza indifferente.
Il terzo è molto più "classico", come impianto, e ci riporta la narrazione di Jason.
Il cinico, sarcastico e brutale Jason.
Che fra una madre lagnosa ("sono un tale peso per te, per fortuna fra un po' morirò…"), un padre alcolizzato, uno zio spiantato e con manie di grandezza, una sorella ninfomane, un fratello incestuoso e l'altro ritardato, una nipote di facili costumi & ladra, la vecchia governante che pretende di comandare in casa sua e la coorte dei di lei figli e nipoti… insomma qualche motivo per essere cinico, sarcastico e brutale forse forse ce l'aveva pure lui.
Ma può essere semplicemente la mia ben nota stima per i personaggi del fare e l'idiosincrasia per quelli più "donferranteschi". Osservo di passata che – anche qui – i personaggi femminili son veramente notevoli.
In negativo.
Soprattutto il perno della vicenda, l'ineffabile Candance (Caddy); è interessante come il personaggio di declina e si definisce nel passare dalla narrazione di Ben, a quella di Quentin e a quella di Jason.
Ho invece letto che nel film (tratto dal romanzo dal regista Martin Ritt, nel 1959, che non ho ancora visto), l'io narrante è Quentin-femmina (la figlia di Candance). Ciò mi incuriosisce assai e mi sa che presto colmerò la lacuna.
Adesso leggo "Luce d'Agosto".
Sì, colmare questa lacuna è stato doveroso.
E piacevole.

Prendo congedo con parte del discorso di Faulkner in occasione della consegna del Nobel:
"I decline to accept the end of man. It is easy enough to say that man is immortal simply because he will endure: that when the last dingdong of doom has clanged and faded from the last worthless rock hanging tideless in the last red and dying evening, that even then there will still be one more sound: that of his puny inexhaustible voice, still talking.
I refuse to accept this. I believe that man will not merely endure: he will prevail. He is immortal, not because he alone among creatures has an inexhaustible voice, but because he has a soul, a spirit capable of compassion and sacrifice and endurance. The poet’s, the writer’s, duty is to write about these things. It is his privilege to help man endure by lifting his heart, by reminding him of the courage and honor and hope and pride and compassion and pity and sacrifice which have been the glory of his past. The poet’s voice need not merely be the record of man, it can be one of the props, the pillars to help him endure and prevail."
Vero che l'aveva detto anche Foscolo, ma non dispiace risentirlo.

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Lettura consigliata
Consigliato a chi ha letto...
Tutti. Ma leggendo PRIMA la prefazione.
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Commenti

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16 Aprile, 2016
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Ottimo commento di Anna_Reads. È un libro magistrale di FAULKNER.
"Faulkner dice "mettiamola all'inizio", ma in fondo, perché dargli retta?
Quindi la parte "nuova" una sorta di albero genealogico della famiglia Compson, che – di fatto – ti permette di capire i primi due (su quattro) capitoli dell'opera, l'edizione italiana in mio possesso la mette simpaticamente in fondo, perché dar retta al parere dell'autore, in fondo?"...hai perfettamente ragione. Ho comprato questo libro tempo fa e decisi di abbandonarlo perché l'incipit mi aveva demotivato. Troppi nomi, personaggi che sbucavano fuori qua e là. Ho pensato che non fosse il momento adatto, ora mi rendo conto che bisogna seguire le direttive di Faulkner. Ho cominciato dalla fine.
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