Dettagli Recensione
Niveo candore
Lo stile è l'aspetto che forse mi ha più colpita di questo romanzo che è pieno di sfaccettature profonde su una superficie semplice e poetica. Mi è piaciuto moltissimo lo stile nelle descrizioni dei paesaggi dove predominano il bianco, il candore, l'immobilità.
Ho apprezzato anche l'unione che l'autore ha creato tra la natura e il femminile che si inserisce nell'ambiente e che spesso tende a confondersi con esso, con la neve e con le aspre montagne.Il potere seducente della natura che colpisce l'esteta si riflette nella figura di Komako spesso paragonata ad elementi naturali fino ad identificarsi con la Natura stessa.
I personaggi mi sono sembrati ben inseriti in questo stile così evocativo e ho apprezzato la tematica che si nasconde in ogni personaggio:l'inutilità delle azioni che stanno compiendo. Come la geisha Komako che tiene la traccia delle sue letture e mantiene il suo diario aggiornato, oppure il protagonista stesso che non compie azioni di particolare rilievo e nutre una sterile passione verso il balletto occidentale, pur senza avere mai assistito ad uno spettacolo.
La semplicità dell'ambiente, così diverso dalla Tokyo rumorosa e caotica, lascia lo spazio alle riflessioni più pure e profonde come il passo in cui Komako esegue un brano con il suo shamisien o la magnifica descrizione sul tessuto Chjimi, strettamente legato alla neve.
La trama non è di certo la cosa fondamentale del romanzo e i dialoghi apparentemente sembrano scorrere su binari paralleli senza creare un incontro e di sovente vi è un ritorno continuo a poche parole o frasi che tendono a ripetersi.
Le immagini vengono evocate in maniera non convenzionale, per esempio i capelli di Komako che vengono definiti da Shimamura freddi e l'aspetto incredibile è che all'interno del romanzo acquista un senso l'espressione capelli freddi. A livello generale trovo che nonostante sia presente un uso massiccio del flusso di coscienza, o forse proprio per questo le parole siano scelte con cura e le frasi sono costruite in maniera praticamente perfetta.
L'incipit e il finale sono contrapposti e creano uno sviluppo interessante che permette al lettore di passare da un clima contemplativo pacato e sognante del treno ad un clima sconvolgente e drammatico nel finale dove emerge la figura di Shimamura che non prende parte attiva nel dramma finale ma mantiene il suo atteggiamento da esteta osserva quasi in modo distaccato l'incendio e la morte di Yoko che chiudono il romanzo.
La figura di Yoko è quasi l'ombra di Komako, la sua antitesi, la sua ombra e infatti la sua fine diventa un momento di perdita per Komako ma anche un momento significativo che sancisce il naturale sviluppo del dualismo creatosi tra i due personaggi femminili, il freddo e il caldo. In particolare il calore del fuoco è anche il calore che emana Komako e si contrappone al freddo della neve che pervade tutto il romanzo di cui Yoko è l'emblema, quindi a livello puramente simbolico si può pensare che in un certo senso sia Komako stessa a uccidere Yoko, a stabilire la fine di tale divisione di se stessa.
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