Dettagli Recensione
Pensieri e parole
Tutti noi, ogni giorno, svolgiamo una serie di attività quotidiane, ripetitive, abitudinarie. Azioni che scandiscono il tempo della nostra esistenza.
Le più comuni, sono quelle di svegliarci, prepararci, recarci a scuola, all’università o al lavoro. Qui giunti, svolgiamo al meglio le nostre attività, incontriamo colleghi, clienti, ci interfacciamo con persone, cose, luoghi.
Facciamo spese, vediamo gli amici, andiamo al cinema o a un concerto, pratichiamo uno sport, amoreggiamo, ridiamo, scherziamo, viviamo.
E per la maggior parte del tempo abbiamo a che fare con gli sconosciuti, il più spesso la nostra vita, senza neanche che ce ne rendiamo conto, trascorre a contatto con altri di cui non sappiamo nulla, né nome né tono di voce, né origine o problemi o caratteristiche particolari.
Sfioriamo incessantemente le vite degli altri, entriamo nel cono di luce delle esistenze altrui, senza nulla notare, o sapere, di questa luce, che colori abbia, che toni, che gradazione.
Spesso le vite degli altri, che non conosciamo, sono magari quelle dei vicini incontrati tante volte, ma di cui ancora non sappiamo il nome, o i negozianti che hanno i loro locali lungo la strada dove ci rechiamo a passeggiare, o i commessi che si premurano di accontentare le nostre richieste.
Tuttavia, i luoghi dove con maggiore frequenza sfioriamo le vite degli altri sono i mezzi di trasporto pubblico, la metropolitana in particolare.
I vagoni della metropolitana rigurgitano normalmente di persone, un tragitto in treno, specie il metrò di una grande città come Parigi, significa sfiorare, volente o nolente, le vite di altre innumerevoli persone, significa entrare, magari solo un attimo, nell’aura, nello spazio vitale di un altro.
Magari di quel tipo curioso lì vicino, un ometto simpatico con un sorrisetto ironico ma taciturno, e anche un po’ incapace, uno di quelli che ostacola il deflusso dei passeggeri in entrata e in uscita, pesta involontariamente i piedi a un po’ di persone, e insomma, non diresti che ha un problema particolare e invece…e invece uno ne ha, semplice e banale, eppure tremendo, almeno per lui, prova ad affrontarlo con coraggio, e sfoga la sua frustrazione per non riuscirci…ostacolando gli altri nel metrò, magari senza parere.
Su quest’assioma, semplice e intrigante insieme, è basata tutta la storia di “Io, te e le vite degli altri” di Vincent Maston, edito per i tipi dell’editore Salani.
Si tratta di un bel romanzo, insolito, divertente, dissacrante.
Protagonista è il trentenne German, cassiere in un negozio di high tech.
German è una persona gentile, cortese, uno di quelli simpatici a prima vista, e la gente in coda alla cassa per regolare i propri acquisti quando, giunto il proprio turno, nota il cartello appeso al registratore in cui a chiari caratteri il cassiere prega di avere pazienza con lui perché…è muto, si commuove e prende ulteriormente in simpatia il giovane con tale handicap, che passa imperturbabile, ovviamente senza pronunciare sillaba, l’articolo sullo scanner limitandosi a indicare con un cortese cenno del capo sul display il prezzo del prodotto.
In realtà, German non è muto, il cartello è solo un espediente da lui escogitato, per non essere costretto a fare uso della parola, ma è come se lo fosse, perché soffre di una tremenda balbuzie.
Un handicap tanto potente da influenzarne la psicologia, da condizionarne miseramente l’esistenza. Al punto che il giovane anticipa gli orari dei suoi pasti in mensa, per non incontrare i colleghi con i quali inevitabilmente sarebbe costretto a scambiare qualche parola, con risultati penosi, umilianti e imbarazzanti per il povero giovane, che per causa e per colpa del suo difetto cade letteralmente nel panico anche quando deve sbrigare le operazioni più semplici con l’uso di parola, come rivolgersi alla cameriera per l’ordinazione.
German svolge il suo lavoro con professionalità e competenza, tuttavia è conscio, data la sua preparazione, che potrebbe aspirare a qualcosa di meglio, non fosse questa balbuzie che gli rende impossibile una normale vita di relazione.
Il suo miglior amico, forse l’unico, è il suo capo Renaud, che inutilmente prova a far uscire German dal suo gusto, organizzando cenette a casa sua così da combinare di far incontrare German con qualcuna delle amiche della moglie.
German ha altro in testa, ha in mente una persona con cui s’incontra regolarmente tutti i giovedì, è di cui è perdutamente innamorato: Clotilde, la sua logopedista.
German trascorre l’esistenza fantasticando il momento giusto per dichiararle il suo amore, sente di non esserle indifferente, ma la sua inguaribile balbuzie non gli permette di manifestare mai il suo sentimento.
E si sfoga German con i tragitti in metrò in cui, senza parere, ostacola le persone, pesta involontariamente i piedi ai vicini…
Tutto il romanzo, sarcastico, coinvolgente, molto verosimile si svolge su questa falsariga: le vite degli altri hanno un proprio fascino, e spesso basta poco per avvicinarsi per uno scambio empatico, ognuna delle esistenze altrui nasconde sorprese, se si trova una reciproca chiave di comunicazione, si rivelano sentimenti purissimi, incanti, colori nuovi, insolite esperienze, delicate sensazioni, intense emozioni.
Scoprire l’umanità altrui spesso significa trovare tesori di umanità, che ti arricchiscono, e senza bisogno di parole.
Indicazioni utili
Commenti
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Ordina
|
2 risultati - visualizzati 1 - 2 |
Grazie a te che lo hai riportato all'attenzione il mio proposito di lettura potrà realizzarsi.
Paturnie personali a parte, ti faccio i miei complimenti per la bella recensione che hai scritto. Poetica, esaustiva e sentita, questo è ciò che ho pensato mentre la scorrevo nella lettura. Bravo!