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Come scrivere (involontariamente) racconti
In un anonimo pomeriggio, Arthur Friedland carica sull'auto i tre figli – Martin, avuto dalla prima moglie, e i gemelli Eric e Ivan – e li porta con sé ad assistere allo spettacolo di un ipnotista: per i figli si tratta di una straordinaria esibizione, per il padre soltanto di un intrattenimento per ragazzini.
Sino a quando lo stesso Arthur viene chiamato sul palco: Lindemann, l'ipnotista, spiega che lo stato di trance non fa altro che rafforzare nelle persone i propri desideri mai messi in atto. Fatto sta che, al termine dello spettacolo, il padre riaccompagna i ragazzi alle rispettive case, prosciuga il proprio conto bancario, prenota un volo e sparisce.
Martin, Eric e Ivan sono troppo piccoli per capire cosa sta accadendo. E' solo dai libri pubblicati nei due decenni successivi che realizzano come il padre, per insondabili ragioni legate a quella seduta di ipnosi, abbia deciso di inseguire il proprio sogno di diventare uno scrittore. Con successo. Mentre loro tre, fra alterne fortune, si ritrovano uomini.
Con il suo ultimo romanzo, Daniel Kehlmann prova a narrare la storia di una famiglia tenuta in sé da un comune denominatore volutamente esile: la figura di un genitore assente in spirito e corpo. Ma, poiché il filo non tiene, realizza suo malgrado una raccolta di sei racconti.
Il primo, dal titolo “Il grande Liebemann”, è la vicenda di un padre e di tre figli come già riassunta sopra.
“La vita dei santi” è la storia di Martin, il primogenito diventato prete sebbene più appassionato a questioni filosofiche che religiose... oltre che al “cubo di Rubik” (lo spigoloso oggetto meccanico-matematico che spopolava negli anni '80).
“Famiglia” vorrebbe essere una riflessione sull'avvicendarsi delle generazioni ma non è che un godibile intermezzo non troppo collegato al resto.
“Affari” è la storia di Ivan, il gemello divenuto consulente finanziario, principalmente per un unico e ricco cliente: il signor Klussen. I problemi iniziano quando scoppia la crisi finanziaria e Klussen chiede conto di alcune operazioni su titoli.
“Della bellezza” narra dell'altro gemello Eric, della sua smania di divenire un grande pittore e di come, invece, si ritrovi compagno di vita del vecchio Eulenbock (lui sì assurto a fama grazie alla pittura). Alla sua morte ne diviene principale amministratore dell'opera artistica.
Infine il sesto capitolo, “Stagioni”, che costituisce il (malriuscito) tentativo di riannodare l'intera vicenda, dopo il colpo inferto dalla malasorte ad un membro di quella singolare famiglia.
Vi è, in tempi recenti, una tendenza letteraria a scomporre e ricomporre vicende di vita sottraendo loro linearità. Se il tentativo riesce, si possono avere dei capolavori letterari dell'ultima ora, ma più spesso i risultati sono poco edificanti. Pare essere il caso di questo libro, che ha il torto ulteriore di non sfruttare alcuni spunti ammirevoli (si veda il capitolo “Famiglia”), finendo per regalare davvero poche emozioni.
Da segnalare, infine, un riferimento “ingannevole” nella terza di copertina, dove la vicenda è così sintetizzata: “Kehlmann racconta tre fratelli (e un padre assente), tre impostori, ognuno a suo modo, che hanno saputo crearsi un'esistenza quasi normale. Ma quando scoppia l'estate della crisi finanziaria del 2008, gli incubi diventano reali e si spalanca l'abisso pronto ad inghiottirli”. Niente di tutto questo: la crisi finanziaria entra solo relativamente nel racconto, e non spalanca nessun particolare abisso (il fratello messo peggio riuscirà persino a trarne beneficio). Perché, allora, stilare un “coccodrillo”?
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Complimenti, leggerti è sempre un piacere.
Federica