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La famiglia Karnowski
 
La famiglia Karnowski 2015-06-04 16:52:35 f.martinuz
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f.martinuz Opinione inserita da f.martinuz    04 Giugno, 2015
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Essere ebreo

“La famiglia Karnowski” rientra tanto nella categoria del romanzo di formazione quanto in quella letteraria del romanzo familiare.
L’intera vicenda, che copre circa 60 anni di storia e quasi 500 pagine, ha come fulcro la famiglia di origine ebrea dei Karnowski, le cui vicende vengono narrate secondo un ottica maschiocentrica da David, dotto erudito ebreo trapiantato nella vitale Berlino di fine ‘800, Georg, abile e affermato medico, e Jegor, figlio di Georg che metterà in mostra un conflitto personale e profondo tra due lati di sé tanto contrastanti tra loro negli anni ’30 del Secolo Breve: quello ebraico e quello tedesco-ariano.

La vicenda prende le mosse negli anni ’60 dell’800 quando il novello sposo David, appassionato cultore del Talmud e delle tradizioni ebraiche tanto da rasentare il bigottismo ed il fanatismo, si trasferisce a Berlino con la moglie Lea. Qui Singer espone, tramite la parabola ascendente di David, la relativa facilità di inserimento e integrazione culturale facilitata dalla presenza corposa di correligionari coi quali David si diletta a conversare di religione e filosofia.

Il clima comincia a mutare con la nascita di Georg che, non appena cresciuto, fa esplodere il conflitto generazionale tra lui, cittadino tedesco nato in Germania, ed il padre, legato inscindibilmente alle sue radici. Georg sin da subito si dimostrerà reticente ad abbracciare gli strambi precetti religiosi che il padre e il maestro della sinagoga tentano di insegnarli e predilige invece le ragazze, il divertimento ed il bere disdegnando qualsiasi approccio ai libri e agli studi. Sarà solo grazie ad una focosa e giovane ragazza che Georg si approccerà alla professione di medico tanto da diventare il più illustre luminare della Berlino del primo Novecento.

Il matrimonio tra Georg e la fragile Teresa Holbek darà alla luce Jegor, la figura più tormentata e forse più interessante dell’intero romanzo. Jegor è infatti figlio del suo tempo, ammaliato dalle adunate dei nazisti ma intrappolato in una contraddizione dal quale non riesce ad uscire; dileggiato, insultato, schernito e umiliato dal preside della scuola davanti a centinaia di studenti e ufficiali nazisti. Questa esperienza psicologicamente violenta segnerà il resto della sua vita in Germania e sfocerà in un cortocircuito di odio senza senso nei confronti del suo essere ebreo, nei confronti del padre Georg e della sua etnia alla quale lui stesso non può sfuggire. Lui, cittadino tedesco a tutti gli effetti, considerato alla stregua di un ebreo.

Il contesto in cui i Karnowski vivono si fa insopportabile e, come prevedibile, si trasferiscono negli Stati Uniti dove li attende un futuro incerto. A soffrire il “nuovo mondo” è ancora una volta il diciottenne Jegor che tenterà in tutti i modi di ricongiungersi follemente con il suo “Heimat”, la Germania che l’ha cacciato.
“La famiglia Karnowski” è un romanzo dove la Storia assume i connotati di un fattore esterno che influisce sulle vite dei Karnowski ma che non ha la pretesa di occupare la scena. Molto curioso è per esempio il fatto che Singer non pronunci mai la parola “nazismo” ma si riferisca ai militanti in camicia nera con l’epiteto riduttivo di “uomini in stivali”, quasi volesse ridicolizzarli.
Singer inoltre mette in sequenza temporale i diversi modi con i quali le generazioni di ebrei si sono rapportate con la Germania dove, in breve tempo, sono passati da apprezzati eruditi e professionisti del mestiere a minaccia ed erbaccia da estirpare.

FM

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