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L'eleganza del riccio
 
L'eleganza del riccio 2015-06-01 12:53:03 Cathy
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Cathy Opinione inserita da Cathy    01 Giugno, 2015
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Presunzione e pregiudizi

Attenzione, spoiler!

Renee è una donna di 54 anni che lavora come portinaia in un elegante condominio di Parigi. A differenza di tutte le altre portinaie del mondo, che trascorrono le giornate guardando la televisione e sonnecchiando con i loro gatti, "vecchie", "brutte" e "bisbetiche", ignoranti, "ritardate" e talmente stupide che faticano a comprendere tre parole messe in fila, Renee legge Tolstoj, studia filosofia da autodidatta, si interessa di pittura olandese e di cultura giapponese.
Un’intellettuale mancata, insomma, e in incognito. Già. Renee, infatti, si comporta proprio come la perfetta portinaia della sua immaginazione e dunque lascia accesa la televisione a tempo perso mentre legge Kant per far credere a tutti che stia guardando qualche stupido programma, da brava bisbetica risponde con insolenza a qualunque richiesta dei condomini e da brava ignorante, ottusa e ritardata portinaia finge di non capire la metà delle cose che le vengono dette. Trincerata nella sua guardiola, fingendo di essere quello che non è e vivendo dunque dietro una maschera di ipocrisia, si diverte a smascherare le ipocrisie altrui e finisce con il rendersi insopportabilmente odiosa per l’intera durata del romanzo.
Renee mostra profondo sdegno e condanna nei confronti dei pregiudizi che, come lei stessa afferma, nascono dall’immaginario collettivo e che inducono ad inquadrare persone e cose in categorie dalle caratteristiche ben definitive e immodificabili.
Ecco un bell’esempio di quanto Renee detesti i luoghi comuni:
"Nell’immaginario collettivo una coppia di portinai, binomio costituito da entità talmente insignificanti che solo la loro unione le rende manifeste, possiede quasi certamente un barboncino. Come tutti sanno, i barboncini sono quella razza di cani riccioluti che appartengono a pensionati qualunquisti, signore molto sole che vi riversano il loro affetto o portinai barricati nelle loro guardiole buie. Possono essere neri o color albicocca. Quelli albicocca sono più bisbetici di quelli neri, che invece puzzano di più. Tutti i barboncini abbaiano astiosi per un nonnulla, ma in particolare quando non succede niente. Seguono il loro padrone trotterellando su tutte e quattro le zampe rigide senza muovere il resto di quel piccolo tronco a salsiccia che si ritrovano. E soprattutto hanno occhietti neri e collerici, conficcati in orbite insignificanti. I barboncini sono brutti e stupidi, sottomessi e sbruffoni. Sono barboncini.
Anche la coppia di portinai, di cui il barboncino totemico è la metafora, sembra priva di passioni quali l’amore e il desiderio e, come il totem stesso, destinata a rimanere brutta, stupida, sottomessa e sbruffona." (pag. 40)
Peccato che poi la stessa Renee non faccia che giudicare il mondo sulla base di altrettanti pregiudizi. In virtù delle sue illustri letture, che, si intende, nessun altro a parte i professori universitari ha mai praticato prima di lei, Renee sembra infatti convinta di possedere una sorta di saggezza superiore che la autorizza a guardare chiunque dall’alto in basso e ad emettere giudizi su tutto e su tutti. Giudizi che suonano come giudizi universali, drastici, crudeli e irreversibili, condanne senza possibilità di appello basate su preconcetti sconvolgenti nella loro stupidità, a partire dall’assurda convinzione che tutti vedano i portinai e le portinaie nello stesso identico modo, come se il mondo fosse popolato da automi che pensano collettivamente, incapaci di avere idee proprie.
Renee è vittima dello stesso errore che lei attribuisce agli altri indistintamente, senza eccezioni: vede il mondo diviso in categorie ed emette le sue sentenze sulla base delle caratteristiche che attribuisce a ciascuna categoria di persone. Ed è spontaneo chiedersi come sia possibile che una persona tanto colta e intelligente abbia una mentalità così ristretta.
Le due categorie principali in cui Renee divide le persone sono “i ricchi” e “i poveri” e il libro è infarcito di folli affermazioni che screditano i primi ed esaltano i secondi. Tanto per citare le più ridicole:
"Non ho studiato […]. Non è del tutto esatto. La mia gioventù da studentessa si è interrotta alla quinta elementare, prima della quale ero stata ben attenta a non farmi notare […]. Perché? Non lo so. […] Diciamo pure che l’idea di battermi in un mondo di ricchi, io, figlia di nessuno, […] mi ha stancata prima ancora di provare." (pag. 36)
Eh, certo, perché soltanto i figli dei ricchi studiano, fanno carriera e hanno la possibilità di diventare qualcuno. Nella sua immensa cultura forse Renee ignora quanto siano numerosi i professori universitari, i medici, gli avvocati, eccetera, che proprio come lei provengono dal nulla, da famiglie modeste e spesso povere. Magari lo saprebbe se si preoccupasse di guardare un po’ più al di fuori di se stessa.
"[…] negli appartamenti dei ricchi le mosche non ci sono mai. Né mosche né sifilide né cattivi odori né segreti di famiglia. In casa dei ricchi tutto è pulito, levigato, sano e, di conseguenza, al riparo dalla tirannide degli scacciamosche e della pubblica riprovazione." (pag. 56)
E così nelle case dei “ricchi” non ci sono mosche, segreti eccetera? Ma che diamine sta dicendo? In base a quale assurdo principio nelle case dei “ricchi” è tutto perfetto, almeno in apparenza? Ancora una volta, un pregiudizio del tutto senza fondamenta.
E poi ancora, a proposito della morte di suo marito Lucien:
"[…] nessuno considerò la malattia di Lucien una cosa degna di interesse. Magari i ricchi pensano che la gente modesta, forse perché ha una vita rarefatta, priva dell’ossigeno del denaro e del savoir-faire, vive le emozioni umane con scarsa intensità e maggiore indifferenza. Essendo portinai, era acquisito che per noi la morte fosse un evento scontato, nell’ordine delle cose, mentre per i possidenti essa avrebbe rivestito gli abiti dell’ingiustizia e del dramma. Un portinaio che si spegne è un piccolo vuoto nello scorrere della vita quotidiana, una certezza biologica a cui non è associata nessuna tragedia. Per i proprietari che lo incrociavano ogni giorno per le scale o sulla soglia della guardiola, Lucien era una non-esistenza che tornava al nulla da cui non era mai uscito, un animale che, vivendo una vita a metà senza fasti né artifici, al momento della morte doveva senz’altro provare solo un senso di ribellione a metà. Da queste parti, a nessuno poteva mai venire in mente che, come ogni altro, anche noi potessimo passare le pene dell’inferno, e che con il cuore stretto dalla rabbia man mano che il dolore ci devastava l’esistenza, fossimo sopraffatti dalla cancrena interiore, nel tumulto della paura e del dolore che la morte infonde in ognuno." (pp. 66-67)
Trovo che questo sia uno dei deliri più significativi e allo stesso tempo più privi di significato dell’intero romanzo: la morte è una certezza biologia solo per i poveri? I poveri vivono una vita a metà? I ricchi sono totalmente indifferenti alla scomparsa di una persona povera in generale e di un portinaio in particolare? Ma cos’è questo mucchio di assurdità? Certamente esistono le persone fredde e disinteressate nei confronti del prossimo, ma non tutti lo sono. E, cosa ancora più importante, non tutte queste persone sono necessariamente benestanti.
Notizia flash: le persone non sono tutte uguali, Renee, nemmeno quelle ricche.
"[…] i ricchi si convincono che la loro vita segue un solco celeste scavato naturalmente per loro dal potere del denaro […]." (pag. 102)
Qui ci starebbe bene un bel “wtf?!” o un’emoticon significativa, ma in una recensione bisogna pur sforzarsi di rispettare la lingua italiana, quindi, a malincuore, ne faccio a meno.
"Non ho mai attribuito ai poveri grandezza d’animo solo perché sono poveri o in virtù delle ingiustizie della vita. Ma almeno li credevo uniti nell’odio verso i grandi proprietari. […] se c’è una cosa che i poveri odiano, sono proprio gli altri poveri." (pag. 116)
Tralasciando il delirio di odio verso i proprietari e bla bla bla, che sembra uscito direttamente dalla Russia prerivoluzionaria… "Non ho mai attribuito ai poveri grandezza d’animo solo perché sono poveri o in virtù delle ingiustizie della vita?" Davvero, Renee? Sei proprio sicura di non averlo fatto?
E poi ancora pregiudizi:
"Apro la busta e leggo il breve messaggio […].
Madame Michel, potrebbe, ricevere i pacchi della tintoria questo pomeriggio? […]
Mi lascio cadere sulla sedia più vicina per lo shock. […] Se Sabine Pallières fosse stata una domestica portoghese nata sotto un fico di Faro, una portinaia recentemente emigrata da Puteaux, oppure una minorata mentale tollerata dalla sua caritatevole famiglia, avrei potuto perdonare di buon cuore questa colpevole trascuratezza. Ma Sabine Pallières è ricca. […] Sabine Pallières non è scusabile. I favori della sorte hanno un prezzo. Per chi beneficia dell’indulgenza della vita, l’obbligo del rigore nella considerazione della bellezza non è negoziabile. La lingua, ricchezza dell’uomo, e i suoi usi, elaborazioni della comunità sociale, sono opere sacre. […] Pertanto gli eletti della società, coloro che la sorte esclude da quelle servitù destinate al povero, hanno la duplice missione di adorare e rispettare lo splendore della lingua. […] Ai ricchi il dovere del Bello. Altrimenti meritano di morire." (pp. 102-104)
Tralasciando, anche in questo caso, l’ennesima assurdità, e cioè il fatto che una persona benestante, la quale deve almeno aver terminato le scuole dell’obbligo, commetta un errore così stupido, e l’inquietante sentenza di morte conclusiva, Renee pretende che tutti i ricchi siano colti, semplicemente perché, essendo ricchi, non hanno nulla da fare tutto il giorno e quindi devono impiegare il proprio tempo studiando e venerando l’arte.
Altra notizia flash per Renee: non tutti i ricchi sono ricchi di famiglia. Esistono persone benestanti che si sono guadagnate il denaro che possiedono e che, guarda un po’, hanno lavorato o lavorano duramente. Se queste persone nella loro vita non hanno avuto il tempo di leggere "Guerra e Pace", come fa lei che se ne sta tutto il giorno nella sua guardiola a meditare e a sentenziare idiozie, meritano di essere mandate a morte per questo motivo? Magari questo non è il caso di Sabine Pallières, d’accordo, ma ancora una volta Renee emette un giudizio basandosi si idee preconcette, senza tenere minimamente in considerazione le mille varianti che entrano sempre in campo quando si giudica il comportamento di un essere umano. Se Renee vuole giudicare il comportamento di Sabine Pallières, lo faccia pure, ma senza estendere questo giudizio a tutti i ricchi del pianeta. Quest’odio generico e infondato nei confronti dei ceti agiati mi ricorda i sanculotti della Rivoluzione Francese; davvero, Renee sarebbe stata una magnifica sanculotta.
E poi, i ricchi eletti della società, favoriti dalla sorte, beneficiari dell’indulgenza della vita, soltanto perché sono ricchi? Come se essere ricchi significasse automaticamente essere fortunati e felici. Ma sul serio? Sono queste le opinioni della colta Renee? Il denaro unico vero valore dell’esistenza, fonte di ogni bene e di ogni fortuna? Se le cose stanno così, ha sprecato il suo tempo: avrebbe potuto sferruzzare invece di studiare filosofia, perché sembra proprio che tutto questo studio non abbia prodotto altro che valanghe di dotte citazioni ed elaborate riflessioni (profondamente noiose, tra l’altro, perché se voglio una lezione di filosofia apro un manuale e non un romaanzo) sulla coscienza, la società, la classe intellettuale, la vita, la morte, la lingua, l’arte, l’idealismo, la fenomenologia e bla bla bla, e nient’altro. Una conoscenza fredda, stereotipata e sterile, che non ha prodotto alcun innalzamento o evoluzione dello spirito, come invece dovrebbe accadere. In parole povere, una conoscenza che ha il suo unico fine nella celebrazione di se stessa e dunque completamente inutile. Proprio come questo romanzo.
Coprotagonista della sublime opera è Paloma, una ragazzina di dodici anni che vive nel condominio dove lavora Renee. Paloma sostiene di essere dotata di un’intelligenza nettamente superiore alla massa e fin dall’inizio ne dà un’efficace dimostrazione: scrive nel suo Diario di pensieri profondi di aver notato, osservando i propri genitori e i loro ricchi conoscenti, che le persone, nella vita, si affannano per ottenere un lavoro di prestigio, uno stipendio elevato, una bella casa, un posto di alto livello in società, per poi essere eternamente insoddisfatti e infelici, e come pesci chiusi in una boccia di vetro se ne stanno lì a chiedersi dove hanno sbagliato. Poiché Paloma non vuole finire nella boccia dei pesci come i suoi genitori, pensa bene di programmare il proprio suicidio in occasione del suo tredicesimo compleanno. E non solo: prima di ingoiare tutti i sonniferi di sua madre Paloma darà fuoco all’appartamento, in modo da mettere a rischio la vita di tutti gli abitanti del condominio. A questo punto, mentre leggevo, ho pensato che se questo ragionamento doveva dar prova della super intelligenza di Paloma, l’autrice stava decisamente facendo un buco nell’acqua.
Questo genietto ha molto in comune con Renee, della quale infatti diventerà amica: la tendenza a giudicare il prossimo con facilità e superficialità, ad esempio, ma anche all’ipocrisia, mostrandosi una ragazzina e una studentessa nella norma perché, cito testualmente, "nelle famiglie dove l’intelligenza è un valore supremo una bambina superdotata non avrebbe mai pace" (pag. 17). Chissà a quali tremende torture i suoi genitori la sottoporrebbero se mai sapessero che è brava in matematica e scrive pensieri profondi, ma passiamo oltre.
Ecco un bel saggio dei “pensieri profondi” di Paloma, per lo più incentrati su un’assurda esaltazione della cultura orientale, del tutto analoga all’assurda esaltazione dei “poveri” compiuta da Renee:
"[…] nei manga ho l’impressione che i protagonisti mangino in modo diverso. Sembra tutto semplice, raffinato, misurato, delizioso. […] la cucina francese mi pare vecchia e presuntuosa, mentre quella giapponese sembra… be’, né giovane né vecchia. Eterna e divina." (pag. 87)
Eterna e divina? Mah.
"Cosa facciamo noi la mattina? Papà legge il giornale bevendo il caffè, la mamma beve il caffè sfogliando cataloghi, Colombe beve il caffè ascoltando France Inter, e io bevo latte col cacao leggendo i manga. […] Ma ieri ho chiesto alla mamma se potevo bere il tè. […] Tè e manga contro caffè e giornale: l’eleganza e l’incanto contro la triste aggressività dei giochi di potere degli adulti." (pp. 86-87)
"All’improvviso […] mi sono ricordata che avevo deciso di costruire e non di demolire." (pag. 122)
Certo, è per questo che sta programmando di dare fuoco all’appartamento dei suoi e di suicidarsi, per costruire. Questa sì che è coerenza.
"Forse bisogna collocarsi in uno stato di coscienza speciale per accedere a tutta la bellezza della lingua svelata dalla grammatica. A me sembra di farlo senza alcuno sforzo. Credo di aver capito com’è fatta la lingua a due anni, in un colpo solo, sentendo parlare gli adulti." (pag. 152)
Be’, c’è da dire che Paloma non soltanto è un genio, ma è anche di una modestia disarmante.
Come se non bastassero Renee e Paloma a far venire i tic nervosi, a un certo punto entra in scena un nuovo personaggio, Monsieur Ozu, che forse è ancora peggio delle due protagoniste, le quali hanno almeno una loro caratterizzazione, per quanto odiosa possa essere. Lui, invece, ne è totalmente privo: di Monsieur Ozu sappiamo solo che è ricco, è giapponese e tutte le gentili signore del condominio sono mezze innamorate di lui. E perché sono tutte vittime del suo fascino, chiederete voi? Be’, ma come "perché"? Perché è giapponese, ecco perché. Che domande.
Ecco il pensiero profondo di Paloma a proposito del nuovo arrivato:
"Il signore che ha comprato l’appartamento degli Arthens è giapponese! Si chiama Kakuro Ozu! Ma che sfortuna, possibile che debba succedere proprio poco prima della mia morte? Dodici anni e mezzo nella desolazione culturale, e quando sbarca un giapponese sto levando le tende… non è per niente giusto!" (pag. 133)
Caspita, che profondità. Eh, sì, non è per niente giusto. Per fortuna un signore giapponese è arrivato appena in tempo per sottrarla alle tenebre dell’ignoranza, perché si sa che solo i giapponesi sono depositari di cultura, intelligenza e raffinatezza, mentre il resto del mondo annega nel nulla assoluto. Pericolo scampato!
Ozu riesce a smascherare l’identità di intellettuale in incognito di Renee neanche dieci secondi dopo averle stretto la mano: lei cita a metà l’incipit di "Anna Karenina", lui completa la citazione, e quando poi Renee confessa che il suo gatto si chiama Lev, diminutivo di Levin - uno dei protagonisti del romanzo di Tolsto - è amore a prima vista. Ozu le manda in regalo una copia di "Anna Karenina", gesto un po’ insensato, dal momento che se Renee ha letto il romanzo è altamente probabile che ne possieda già una… ma sorvoliamo. Tutto quel che segue è di una noia e una stupidità abissale, a cominciare dal presunto legame tra la vicenda della sorella di Renee, Lisette, e l’ipocrisia della protagonista, una questione che forse nelle intenzioni dell’autrice ha un’importanza cruciale per la comprensione del romanzo e che invece viene sbrigata in tredici righe esatte: Lisette, che lavorava presso una ricca famiglia, muore di parto dopo essersi probabilmente compromessa con un uomo della buona società, e Renee decide che non rivelerà mai ad anima viva che studia filosofia. Se qualcuno riesce ad individuare un nesso logico tra i due fatti, lo indichi anche a me, per favore, perché io non riesco proprio a vederlo.
E l’explicit è la conclusione perfetta per questo romanzo all’insegna dell’assurdo, dal momento che è privo di un senso vero e proprio: Renee muore investita da un’automobile mentre medita sul modo in cui un povero senzatetto ubriaco vive la lotta di classe (ancora?!). Perché? Boh. L’autrice intendeva trasmettere un qualche messaggio? Chi lo sa. Questo episodio ha un significato particolare nella trama del romanzo? Non ne ho idea. Nelle quindici pagine successive si descrivono abbondantemente gli ultimi pensieri di Renee, che, sebbene stia morendo sul ciglio della strada, ha il tempo di passare in rassegna tutti quelli che conosce, a cominciare dal suo gatto. Poi, finalmente, tira le cuoia, e finisce così. Immagino che una volta esaurite le disquisizioni filosofiche la Barbery non sapesse che farsene della sua antipatica eroina e ha semplicemente cercato un modo tragico per toglierla di mezzo. Se alla fine lei e Ozu fossero diventati una coppia, Renee sarebbe stata felice e non avrebbe più potuto lamentarsi di tutto e tutti ed essere acida come una limonata senza zucchero. Dunque che significato ha avuto tutto questo? Boh.
Ecco il pensiero profondo di Paloma quando Ozu la informa dell’accaduto:
"Ci siamo salutati alla giapponese, un piccolo inchino veloce. Ci capiamo. Stiamo così male." (pag. 315)
Non penso ci sia bisogno di aggiungere altro.
Questo romanzo è una grande occasione sprecata. L’idea di una portinaia sopra le righe che osserva e descrive i condomini per i quali lavora e analizza e riflette su quel piccolo angolo di mondo dalla sua posizione “marginale”, allo stesso tempo interna ed esterna a quel mondo, e dunque privilegiata, straniata e straniante, era potenzialmente ottima. Poteva venirne fuori un romanzo intelligente e divertente. Peccato che sia stata rovinata in questo modo. Un vero peccato.
Mai fidarsi dei bestseller.


Le citazioni sono tratte da M. Burbery, L'eleganza del riccio, edizioni e/o, Roma, 2007.

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Ciao Kathy. Mai fidarsi dei bestseller! Pensavo di aver ben appreso questa saggia norma, ma anch'io ogni tanto ci casco. Pure a me questo libro non è piaciuto. Anzi l'ho abbandonato prima di terminarlo (ciò che generalmente non faccio).
In risposta ad un precedente commento
Mario Inisi
01 Giugno, 2015
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Completamente d'accordo.
In risposta ad un precedente commento
Cathy
02 Giugno, 2015
Ultimo aggiornamento:
02 Giugno, 2015
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Ciao! Anch'io qualche volta ci casco ancora... questo libro mi è stato regalato da un'amica, quindi stavolta è lei che ci è cascata xd succede, ma in linea di massima tendo ad essere dubbiosa quando sento parlare di grandi successi editoriali. Non è la prima volta che ne leggo uno e si rivela una mezza schifezza.
Non ti sei perso assolutamente nulla interrompendo la lettura, te lo garantisco. Io ho finito di leggerlo solo per il gusto di stroncarlo pezzo per pezzo.

07 Gennaio, 2016
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temo non siate riusciti a cogliere l'ironia dell'autrice... mi spiace, perchè io invece lo trovo un libro bellissimo per forma e per contenuti.

14 Gennaio, 2016
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Complimenti, critica estremamente lucida e pertinente, ho appena finito di leggere il libro ( l ho comprato ma letteralmente non ho avuto scelta sto viaggiando per le isole della Tailandia e afferrò qualsiasi libro italiano mi capita a tiro, è davvero me ne capitan pochi c e da fidarsi..) e avevo appunto questa sensazione di aver appena letto qualcosa di estremamente squallido e qualunquista. Al di là della visione corrotta e distorta della vita e del mondo di Reneè (in cui non ho potuto fare a meno di vedere molto della personalità del l'autrice, ma questa è solo una mia idea naturalmente) di cui si è già tanto parlato, la trama è estremamente infantile e poco articolata, la scrittrice sarà senz altro una sognatrice , insomma un po tutti lo siamo stati, con la differenza che ad una certa abbiamo smesso, rene invece insieme a tutta la storia che porta con se è la circonda è semplicemente uscita da un cartone di walt Disney . La povera portinaia autodidatta che non ha avuto l opportunità di studiare perché il modo appartiene ai nati ricchi (fa sempre piacere apprendere cose nuove) , dopo dieci anni dalla scomparsa dal marito arriva improvvisamente un principe dall oriente che la salva dallo squallore e dalla pochezza della sua vita in passata tra le quattro mura di un condominio di una Parigi bene che naturalmente essendo abitato da ricchi è pieno di idioti (davvero..?) . Senza parlare poi di paloma bambina di dodici anni che ha smesso da un anno di giocare con le bambole ma che già ne sa più di una dottoranda alla normale in filosofia e dei suoi professori .. È evidente che palo ma è l altro volto che la scrittrice si dà , a mio parere esagerando, prende una bambina la dota di inesprimibile intelligenza e carattere del tutto inadeguati a una bambina di dodici anni per quanto naturalmente talenti osa è dotata e la spara in una famiglia stereotipo da far ingiallire le soup opera americane con mamma oca giuliva simpatizzante socialista (senza sapere cosa sia ma questo va da se nell ottica dell autrice, X è davvero bisogno di specificarlo?) in cura da dieci anni dallo psicologo e facente uso di antidepressivi (davvero!??!!??!); padre deputato e baluardo di un qualche tipo di etica che nell idea della autrice dovrebbe andar svanendo, e sorella vabbe , anche di questo si è già parlato. Sono venuto soprattutto qui perché mi sono stupito un tale romanzo così povero sia potuto diventare un best seller? È davvero così semplice ?
In risposta ad un precedente commento
Cathy
03 Giugno, 2016
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Ogni opinione è soggettiva, può darsi benissimo che nel romanzo ci sia qualcosa che non ho saputo cogliere. Ma io onestamente non ho visto ironia nelle opinioni di Renee: lei si limita a sviluppare idee odiose sull'intera umanità che la circonda, a parte Ozu e Paloma, e ad avere comportamenti altrettanto odiosi, a giudicare tutto e tutti, a considerare tutti stupidi/ignoranti/falliti/imbecilli. Dov'è l'ironia? Ma soprattutto chi l'ha eletta Giudice Supremo dell'Umanità?
In risposta ad un precedente commento
Cathy
03 Giugno, 2016
Ultimo aggiornamento:
03 Giugno, 2016
Segnala questo commento ad un moderatore
Ti ringrazio moltissimo per i complimenti! Com'è possibile che un romanzo così sia diventato un best seller? Be', quest'anno è diventato best seller "Grey" della James... direi che questa è la risposta migliore xd qualunque cosa può diventare un best seller, purchè riesca a toccare una qualche corda particolare. Questo romanzo sembra un'opera complessa e "filosofica" e quindi presumo che in molti lo apprezzino per questo, e magari sotto sotto non capiscono la metà delle cose scritte nel libro... e non perchè loro non ne siano in grado, ma semplicemente perchè gran parte di queste tiritere un senso non ce l'ha.
In risposta ad un precedente commento
ombraluce
18 Giugno, 2018
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Ho appena letto il libro e fatto recensione a 5 stelle. Dopo ho letto le altre recensioni, fra cui la tua che è proprio negativa. Non so se leggerai questo commento ,perché è passato molto tempo. Volevo solo dirti che io avevo le lacrime agli occhi alla fine del libro… e che se non hai notato l'umiliazione di Renèe quando non è stata nemmeno riconosciuta dalle "signore" perché era ben vestita bene e accanto all' "uomo ricco", se non hai sentito la sofferenza di una ragazzina che nessuno considera come "persona", la sua enorme delusione nell'episodio dallo psichiatra, ennesima dimostrazione di una umanità adulta perduta e corrotta, allora forse penso che tu sia ancora molto giovane……. Io non ci vedo niente di filosofia, ma sola tantissima umanità che ha bisogno di esprimersi, senza pseudo adattamenti e pacchiane falsità. Scrivo questo solo perché in molti vi chiedete come mai sia diventato un best seller…….. senza polemica e rispettando i gusti di tutti, si intende, ma a me certe riflessioni sono risultate un'offesa ai personaggi.
Brava Cathy! Condivido ogni tua parola: presuntuoso, vanitoso e sotto il peso degli stessi pregiudizi che accusa.
In risposta ad un precedente commento
Cathy
23 Marzo, 2019
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Scusa se ti rispondo con tanto ritardo, ho letto il tuo commento solo adesso. Mi dispiace se alcune frasi ti sono sembrate offensive, ma se un libro non mi è piaciuto e ho detestato i suoi personaggi, ho il diritto di offenderli, così come tu hai tutto il diritto di lodarli se invece ti sono piaciuti. Abbiamo semplicemente idee diverse. Non credo che c'entri l'età. Ho letto questo romanzo e scritto questa recensione diversi anni fa, sì, ed ero sicuramente più ignorante e più ingenua rispetto ad oggi, ma rileggendo le parole che ho scritto mi rendo conto che mi ritrovo ancora perfettamente in esse. La mia opinione su L'eleganza del riccio è questa e non è cambiata. Senza nulla togliere al tuo giudizio, ovviamente. Il mondo è bello perché è vario e ognuno ha le proprie idee. Un saluto!
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