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Il Vangelo secondo Giuda
Quelli che ‘in questo libro non succede niente’ è meglio che si astengano: in ‘Giuda’ l’azione in pratica non esiste, visto che fra le sue pagine scorrono soprattutto fiumi di parole che accompagnano e a volte creano atmosfere o sensazioni che sono all’origine delle appena percepibili evoluzioni dei personaggi. Shemuel è un giovanottone senz’arte né parte al quale di colpo casca il mondo addosso: la fidanzata lo molla per sposarsi con una vecchia fiamma e la famiglia fa bancarotta, costringendolo a interrompere gli studi. Accantonata l’idea di fare il pioniere (l’azione si svolge in Israele alla fine degli anni Cinquanta), trova impiego come uomo di compagnia ad un anziano malato che vive in una silenziosa casa ai margini della città: un vecchio colto e logorroico che inonda chiunque di chiacchiere. In materia, Shemuel in materia non è un principiante e svolge il compito di buon grado, ma, pur non venedo mai meno ai suoi doveri, si fa presto irretire da Atalia, affascinante e matura padrona di casa: il romanzo racconta i quattro mesi di convivenza dei tre durante un piovoso inverno a Gerusalemme, disvelando a poco a poco i misteri che paiono avvolgere l’abitazione. Misteri che si rivelano essere una cappa di dolore inespresso (inesprimibile?) per la perdita del figlio di lui che è stato anche il marito di lei: tutto quanto accade a Shemuel ruota in un modo o nell’altro attorno a questo ricordo, compresa la complessa figura del padre della donna, morto con fama di traditore perché amico degli arabi e convinto oppositore dello Stato ebraico. In lui si catalizzano gli altri due grandi temi: l’eterna ferita del rapporto tra palestinesi e israeliani e il tradimento che può essere visto in un’accezione positiva se visto dalla prospettiva della rottura degli schemi. Alla meditazione sul tradimento il protagonista arriva attraverso la figura di Giuda che ruba pian piano la scena nella sua tesi (lasciata in sospeso) su Gesù visto dagli Ebrei, tanto è vero che il titolo originale è ‘Il Vangelo secondo Giuda’: una variazione di prospettiva sull’Iscariota come strumento indispensabile in cui l’apostolo diventa per troppa fede vero motore della passione. L’argomento è sviluppato in pagine che sanno mischiare l’erudizione a una grande capacità narrativa, ma non prevaricano mai e anzi si fondono con le riflessioni politiche e gli sviluppi personali, per non parlare delle improvvise aperture descrittive che si fanno largo nel comuqnue denso procedere come gli squarci di sereno nel cielo quasi sempre imbronciato che grava sulla storia. Come quasi impercettibile è l’evoluzione dei personaggi, così con lentezza si dispiega la scrittura dell’autore, finendo quasi per avvolgere chi legge con un ritmo leggermente ipnotico: a ciò contribuiscono le frequenti ripetizioni degli stessi concetti (la camminata protesa in avanti di Shemuel, la cura della sua lunga barba oppure la pappa di Sarah De Toledo sono solo alcuni esempi delle situazioni che si conficcano nella memoria) che finiscono per stare a metà strada tra il ritornello e la formula magica. Il risultato è un romanzo complesso che, tra dissertazioni divaganti e sentimenti espressi sottovoce, chiede al lettore un certo impegno, ma che sa senza dubbio ripagarlo: se poi il libro riuscisse a mantenere anche nella parte finale (guarda caso dove la politica si fa più sentire) il mirabile equilibrio della prima metà, la soddisfazione sarebbe ancora maggiore. In perfetta sintonia è invece la conclusione che regala la stessa sensazione di una musica che si va lentamente spegnendo mentre una breve parentesi nella vita dei personaggi si chiude senza rimpianti o quasi. Falso movimento?
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