Dettagli Recensione
Quel che resta
Questo è stato un libro davvero interessante.
Dapprima ho apprezzato solo le vicende che mi mostravano la vita di un maggiordomo inglese ed ho sorriso davanti a certe puntigliosità che, al giorno d’oggi, sono virtù rare presenti forse solamente a corte.
Ma poi, man mano che la lettura avanzava, mi sono accorta che il romanzo prendeva spessore e profondità. Nel libro è onnipresente il concetto di dignità, requisito che il protagonista considera fondamentale per un maggiordomo.
Lui intende la dignità come una sorta di compostezza davanti ad ogni situazione, un senso del dovere intenso e profondo, io invece la interpreto come freddezza e prigionia, in una gabbia dorata sicuramente, ma sempre di prigione si tratta.
Questo romanzo infatti porta a riflettere sulla vita, ti sprona a non sprecare le occasioni e le possibilità che ti si presentano, ma soprattutto ad osare.
Lo stile mi è piaciuto molto. È scorrevole, lineare e talvolta, soprattutto quando vengono descritte le minuziosità del lavoro del maggiordomo, molto ironico.
Un romanzo che fa riflettere sulla vita.
Finchè si vive nella propria bolla di sapone si è in pace, ma quando la bolla scoppia e la realtà delle cose entra prepotentemente nella vita, le certezze, che si possedevano fino a quel momento, vacillano.
È proprio in quel momento che, voltandosi indietro, bisogna saper dire “ne valeva la pena” perché altrimenti, quel che resta del giorno, o della vita, è nulla…
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Ricordo che qualche anno fa in quinta superiore il mio caro professore di inglese ci fece leggere " Orgoglio e pregiudizio " di Jane Austen, ambientato nel XIX secolo, e il tema della dignità o come lo chiamava lui " the sense of dignity " era proprio di numerosi personaggi.
In ambito filosofico, la dignità è stato un concetto approfondito da Schopenhauer, attivo durante il XIX secolo.
" Quel che resta del giorno " è scritto nel 1989 ma le vicende narrate dal maggiordomo se non sbaglio appartengono ai primi decenni del XX secolo.
Potremmo dire che il tema della dignità era molto caro alla letteratura e alla filosofia a cavallo tra il XIX ed il XX secolo, sicuramente con un' accezione diversa dalla nostra.
Io considero la dignità come concezione del proprio valore morale e del proprio onore, mentre in " Orgoglio e pregiudizio " ricordo che era più un termine legato al pudore personale e al dovere verso gli altri, e che emergeva spesso nelle situazioni in cui un personaggio interagiva con altre persone socialmente più elevate.
Quel che è certo è che questo libro ti colpisce davvero molto..
Per quanto riguarda il paragone con Orgoglio e Pregiudizio, posso dirti con quasi assoluta certezza (è un libro che puntualmente rileggo) che il concetto di dignità è molto legata all'educazione del periodo regency, molto rigida e salda nei principi. Stili e comportamenti in pubblico dovevano essere impeccabili. non è però certo quale significato dia Jane Austen al concetto di dignità, se positivo o negativo, dal momento che i suoi libri sono molto ironici sulla società del suo tempo. Il concetto di dignità veniva infatti spesso associato a Darcy il cui comportamento era altero e orgoglioso. Jane Austen comunque non si riferisce di certo al lavoro di maggiordomo o domestico.
Credo che ognuno possa prendere il significato di dignità che più gli aggrada perchè come in tutte le cose non c'è una verità assoluta
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Molto significativo il finale, in cui i due protagonisti si incontrano in età matura : c'è uno spiraglio di speranza nel considerare il passato (nessuna vita è perfetta) e nel guardare al futuro, a quel che resta del giorno.