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La famiglia Karnowski
 
La famiglia Karnowski 2015-05-19 12:54:06 Mancini
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Mancini Opinione inserita da Mancini    19 Mag, 2015
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Un viaggio lungo tre generazioni

Le scelte di ognuno di noi, a volte contestualizzate nel confine stretto di alcune convinzioni del momento o più profondamente determinate dal temperamento che ci caratterizza e ci forgia, finiscono inevitabilmente per ricadere anche sui nostri figli.
Siamo un po’ quello che i nostri padri hanno deciso (inconsciamente) che noi saremmo stati.
Quando David Karnowski, il patriarca, decise di lasciare la natia Polonia, troppo stretta per il suo spirito libero, non poteva immaginare dove sarebbe finito di lì a breve.
La storia che ci racconta Singer, quello meno noto, quello che il Nobel, al contrario del fratello, non lo avrebbe mai visto, è la storia di tre generazioni (nonno – padre – figlio) e di tre Nazioni (Polonia – Germania – USA), ingredienti messi in un unico contenitore e miscelati sapientemente per dare vita a questo riconosciuto capolavoro della letteratura Americana di stampo Ebreo.
Sono infatti molteplici gli elementi che accomunano i tre Karnowski, tutti e tre perennemente in fuga da qualcosa e da qualcuno.
Se David sceglie la Germania come alternativa alla stantia Polonia, suo figlio Georg a sua volta, dopo l’esplodere della morsa antisemita hitleriana, non ha troppo tempo per decidere e fa quello che molti suoi compagni di sangue fecero in quel tempo, emigrare in America.
Lo fa per dare un’alternativa valida a suo figlio Jegor, sempre più oggetto di scherno da parte dei suoi compagni ariani, sapendo che per se stesso, medico ormai famoso e apprezzato, si tratterà di una regressione dalla quale non si sarebbe più ripreso.
E come in gran parte delle fughe, in gran parte delle corse a perdifiato dove non c’è una meta concreta, dove l’incertezza è l’unica guida, arriva il momento dello schianto, un grosso muro, prima offuscato dalla nebbia dell’ignoto si presenta di fronte e ci si finisce contro, inermi, senza avere il tempo di frenare!
E chi ne pagherà le conseguenze più nefaste è proprio l’ultimo dei Karnowski, Jegor, troppo fragile per sopportare quei cambiamenti e troppo vessato da quelle ideologie marce, causa dello scempio mondiale che si stava consumando.
Lui, che nemmeno si considerava un Karnowski, che preferiva assumere il cognome della madre, lei sì che era ariana, piuttosto che passare per ebreo; eppure lì dove la volontà e le convinzioni interne possono mentire, le caratteristiche esterne cedono il passo alla cruda verità, i capelli e la carnagione scuri, il naso prominente, quello dei Karnowski e la testardaggine, anch'essa presente in tutti e tre i nostri personaggi, che tanti guai ha loro provocato, ma che allo stesso tempo conferisce loro quell'autenticità che non può far restare indifferenti.
Una storia, forse come tante, ma mai abbastanza banale da “muovere gli animi” e soprattutto il ricordo, unico mezzo per garantire ancora dignità a tutte le povere vittime di quell'assurdo male che fu l’antisemitismo.

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P. Roth
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Ciao Elvio. Veramente una bella recensione. Condivido la valutazione attribuita. Il fratello Premio Nobel è ad un altro livello.
In risposta ad un precedente commento
Mancini
19 Mag, 2015
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Ti ringrazio Emilio,
del fratello non ho letto ancora niente, ma lo farò presto!
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