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A bordo di un pullman Greyhound
Sogni di Bunker Hill è l'ultimo romanzo di John Fante ed è ambientato nella Hollywood degli anni trenta, ove Arturo Bandini ripara nella sua febbrile ricerca di fama, soldi e successo anche sentimentale (“Era una lettera di Ginger Britton, profumata di gardenia”).
A Hollywood, Arturo lavora prima come editor, poi come sceneggiatore per un produttore cinematografico (“Era Harry Schindler, il regista. Era un vecchio amico di Muller”), infine frequenta una estroversa, svampita celebrità (“Ogni millimetro delle pareti era zeppo di fotografie con gli autografi di stelle del cinema. La bella gente. Così belli, pieni di sorrisi allegri e denti splendenti e mani aggraziate e pelli morbide… una sorta di mausoleo…”).
Gli eventi e le relazioni si susseguono tra attività ludiche (“Bastardo, mi devi trentamila dollari”… “Mose Moss si sedette di fronte a me e cominciammo a giocare”…“Fummo portati in carcere in sei, allineati davanti alla scrivania del sergente e accusati di vagabondaggio”) e tentativi di seduzione (“Io seguii l’ondeggiare del boa constrictor nel vestito di velluto verde”), ma il fallimento di ogni iniziativa – creativa o erotica – incombe costantemente sul povero alter ego di John Fante.
Nel finale Bandini si abbandona a riflessioni regressive che lo riportano alle radici familiari (“Salii a bordo di un pullman Greyhound con due valigie”), in un epilogo potentemente drammatico che sconfina nella poesia.
La critica di Tondelli (“Tondelli osserva… che, scegliendo di tornare a scrivere di Bandini e del lavoro per l’industria del cinema nella Hollywood degli anni Trenta, Fante intende affrontare un nodo irrisolto della sua vita. Anche lui, come Bandini nel romanzo, ha voltato le spalle alla letteratura… scrivendo sceneggiature, frequentando produttori, oziando in attesa di un nuovo contratto”) sottolinea efficacemente come l’ultima tappa del ciclo di Arturo Bandini permetta all’autore di riflettere le proprie insoddisfazioni creative e inquietudini esistenziali attraverso la poetica pur ribelle, sarcastica e disincantata di John Fante.
Bruno Elpis
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