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Una storia che scorre lenta e inesorabile
Questo libro conclusivo della triologia della frontiera riprende la narrazione là dove erano finiti i primi due volumi: qui, le strade dei due cowboy John Grady e Billy Parham si incontrano, intrecciandosi inesorabilmente sotto le spoglie di una profonda amicizia che unisce i due protagonisti. Qui i nodi vengono al pettine, qui è dove tesi ed antitesi si uniscono in una sintesi.
Billy e John lavorano nello stesso ranch ed è chiaro fin dall'inizio che il primo nutre un sentimento da fratello maggiore verso il secondo. È insieme ad altri cowboy come loro che i due trascorrono le proprie vite. A cavallo, a caccia di puma o seduti intorno al fuoco raccontandosi storie e vicende della frontiera, talmente avvincenti da sembrare leggende. Il loro stile di vita duro e frugale si concede ben pochi vizi ed uno di questi è andare al bordello. È in uno di essi che John si innamora profondamente di una prostituta e comincia a pensare di sposarla. La narrazione si snoda lentamente, raccontandoci come lei, la prostituta, sia desiderosa di scappare con John Grady, il quale da parte sua, inizia a sistemare una baita in montagna per potervi vivere con lei. E qui entra in gioco il "cattivo" del libro, Eduardo, protettore del bordello e profondamente geloso di ciò che considera la sua proprietà. Lo scontro tra John ed Eduardo sarà inevitabile, contrapponendo non solo due persone diverse, ma due veri e propri universi esistenziali.
Da un lato, l'idealismo e l'ingenua giovinezza di John, dall'altro, il materialismo e la spietatezza dell'uomo adulto Eduardo.
In un duello che sa di metafisico i due si affronteranno tra i vicoli della città della pianura, accompagnando i fendenti delle coltellate con le loro diverse idee esistenziali sul mondo.
Tra i tre libri della Triologia della Frontiera, questo è quello che mi è piaciuto di meno: la vicenda narrata sembra mancare di un vero e proprio catalizzatore. Qui manca la fuga in Messico del primo libro e la tentata liberazione di una lupa del secondo. Si sente la mancanza di un episodio scatenante. La vita quotidiana dei mandriani, le loro puntate al bordello o sui pascoli a caccia di cani randagi, non compensano il vuoto (o dovrei dire la leggerezza?) che accompagna il lettore per due terzi del libro. Di tutt'altro spessore è invece il finale, in cui aleggia una cupa ed inquietante premonizione dell'inevitabile tragedia. Come sempre Mc Charthy non delude il lettore nelle ultime pagine: il sogno di uno sconosciuto narrato a Billy Parham ha la carica delle rivelazioni metafisiche. Qui tutto l'universo sembra finalmente convergere e trovare una spiegazione, terribile ed inesorabile, ma pur sempre una spiegazione che dia un senso all'esistenza ed alla vita degli uomini, dalle loro origini alla fine dei tempi. Un libro da leggere, tenendo presente le profonde differenze con gli altri due.
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