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La solitudine del lupo
 
La solitudine del lupo 2015-04-24 16:52:58 Mian88
Voto medio 
 
4.3
Stile 
 
4.0
Contenuto 
 
5.0
Piacevolezza 
 
4.0
Mian88 Opinione inserita da Mian88    24 Aprile, 2015
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La solitudine di ognuno di noi. Razionalità e/o mo

Quella di Luke non può definirsi una semplice passione è ben di più. Ciò che ha trovato nei lupi nessun altro essere umano e nient’altro riesce e riuscirà mai a donarglielo; essi sono per lui una nuova famiglia, la sua seconda possibilità, il suo branco, la sua fonte di vita, di ricerca, di sfida. Eppure è proprio questo suo amore sviscerato per la ricerca che lo ha portato a perdere alcuni degli affetti più importanti della sua esistenza tanto che soltanto la figlia Cara è riuscita a comprendere e a farsi trasporta in quell’universo di canidi intessendo con la figura paterna un profondo legame.
La loro vita scorre rapida tra gli impegni quotidiani, non è strano per la giovane ottemperare ai suoi doveri scolastici e raggiungere il padre nei recinti, non è singolare per questa non vederlo rincasare per giorni perché un lupo sta male o perché una femmina alfa sta partorendo, non è inconsueto trasferirsi a sua volta nella roulotte dove le aree sono ubicate per dare sostegno e supporto a quella figura tanto idolatrata quale il genitore è. Eppure qualcosa riesce a sconvolgere la loro routine e purtroppo è un incidente stradale. Al suo risveglio Cara scopre di essere stata operata alla spalla, sua madre è vicina al letto ed il suo primo pensiero consapevole va a Luke. –“Come sta” – si chiede – “è ancora vivo?” – . Quando finalmente riesce a vederlo non resta tanto sorpresa dal suo giacere in un letto d’ospedale, non si meraviglia di sapere che ha delle lesioni celebrali gravissime (anche perché in parte non ne comprende il significato, è troppo giovane ed inesperta), non crede alla possibilità che possa non risvegliarsi mai più, viene bensì colta da un odio profondo perché accanto al’uomo, in quella veglia che dovrebbe essere sua soltanto, vi è Edward il fratello di sette anni più grande che non vede da sei. E la cosa peggiore, dal suo punto di vista, è che è proprio a questo che la legge riconosce il diritto di prendere le decisioni mediche per il padre.
Edward dal canto suo è felice di rivedere la sorella minore e comprende le ragioni di quel suo astio; se ne è andato da un giorno all’altro quando lei aveva a malapena 11 anni a causa di una discussione con il naturalista ed è conscio che quella che allora era solo una bambina e che ora è una diciassettenne (e tre quarti) adolescente cresciuta con la figura di un unico genitore con l’ideologia del branco, non può conoscere i motivi della sua dipartita. Al tempo stesso però è anche consapevole della realtà dei fatti, dell’impossibilità per quella figura supina in un letto della sala rianimazione di risvegliarsi e di tornare a compiere quelle attività che rendevano unica la sua realtà: per quanto le macchine possano continuare a sopperire alle sue ordinarie funzioni vitali, l’uomo che conosceva, che ha amato ed odiato, con cui ha sempre cercato di instaurare un rapporto e da cui si è sempre sentito posto in secondo piano e rifiutato per i predatori, non tornerà mai ad essere quello che era. I medici sono stati chiari nella loro diagnosi, le scelte sono identificabili o nell’interruzione delle cure o nello spostamento del paziente in una struttura/clinica di assistenza per persone in stato vegetativo. Ed Edward sa bene quali sono le volontà del padre perché questo lo ha incaricato di attuarle anni orsono, su carta vi è la prova di quanto asserito.
Georgie, madre di Cara ed Edward ed ex moglie di Luke, ha una posizione scomoda in questo romanzo. Viene accusata dalla figlia di preferire il fratello ed i figli ottenuti dal nuovo matrimonio con Joe e contemporaneamente si sente in debito verso Edward perché lei lo ha spinto a parlare con il padre, lo ha incitato a confidare il suo più grande segreto all’uomo, lo ha mandato da solo e dunque non sa quali parole sono state proferite da entrambe le parti. E quante notti si è svegliata nel timore che il figlio maggiore potesse essere morto, quante volte avrebbe desiderato suo marito accanto, e quante altre ancora ha dovuto affrontare tutto da sola perché il suo coniuge era nei boschi in Quebec sbranato o forse no, chi lo sa.
Molteplici sono i punti di vista che l’autrice pone all’attenzione del lettore. Pagina dopo pagina quest’ultimo si trova ad indossare i panni di Luke, di Cara, di Edward, di Georgie, di Joe. Conosce il primo e si lascia affascinare dalla sua esperienza con gli animali, viene rapito da quegli incontri ravvicinati e dalle emozioni provate con i canidi, il suo spirito vive per tutto il componimento, sostiene ed odia al tempo stesso la seconda perché da un lato si immedesima in lei, nella sua bramosia di non lasciare andare la sua colonna portante al punto tale da compiere azioni sconsiderate che andranno poi a nuocere sui suoi consanguinei e per questi stessi motivi la prenderebbe a schiaffi per la sua immaturità, si riscopre ad intimarle di smetterla di comportarsi da bambina viziata e di ragionare secondo quello che Luke vorrebbe e che lei dovrebbe meglio di chiunque altro conoscere proprio perché è l’unica ad essere stata in contatto ravvicinato con l’uomo negli ultimi anni, è Georgie quando riflette sul suo matrimonio finito e su quei due figli che si sentono l’uno escluso per un motivo diverso, cambia nuovamente prospettiva rivedendosi in Joe che ha sempre cercato di farsi accettare (seppur con scarso successo) da quell’adolescente scalmanata e che grazie a quel suo lavoro da avvocato offre una dinamica chiara della legge e delle procedure per l’eutanasia, infine si fa conquistare da Edward, dalla sua maturità, dai suoi ricordi e dalle sue considerazioni. Egli sa che la scelta che deve prendere avrà conseguenze devastanti tanto su se stesso quanto sulla sua famiglia, ma tra ragione e sentimento qual è il bene primario da tutelare? Cosa conta di più, sembra volerci sussurrare, la volontà di un uomo che prima del trovarsi in stato vegetativo ha chiaramente disposto il da farsi o l’attaccamento sincero verso quella persona che non ci sentiamo di lasciare andare perché nostro affetto o semplicemente perché lo identifichiamo quale atto immorale, non etico, o addirittura omicidio?
Un bel romanzo, vivo, rapido, che ti entra dentro e ti si scrive sulla pelle, ben scritto e senza pretese. La scrittrice non vuole imporre il suo punto di vista, al contrario vuol far meditare la persona che legge usando, per farlo, l’espediente dell’alternazione della voce narrante; ogni capitolo è infatti presentato da un personaggio diverso e così, come si alterna l’oratore, si alterna anche la prospettiva. Non vi svelo altro sul testo, mi limito a concludere affermando che anche se nelle prime pagine il componimento può ricordare per impostazione e tema trattato l’opera intitolata “Riparare i viventi” di Maylis de Kerangal, in realtà si distacca ampiamente da questa introduttiva sensazione ed affronta in modo esaustivo una questione attualmente ancora oggetto di diatribe

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