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Le conseguenze di un affetto dispotico
Jules Guérec è uno scapolo di quarant’anni che vive, da quando è nato, in una cittadina della costa bretone nella casa ereditata dai genitori in compagnia di due sorelle nubili, più anziane di lui, (una terza sorella, sposata tardi, sta altrove); Céline e Marthe – così si chiamano le due sorelle zitelle - si prendono cura di lui come una madre, ma con un accentuato dispotismo, tanto che lui non può spendere nulla senza rendere conto a loro, lui che è proprietario di due pescherecci e fra non molto di un altro in costruzione. È per questo motivo che, tornando in auto da una riunione sindacale in un’altra città, si arrovella per giustificare un’uscita di 50 Franchi, compenso per una prestazione sessuale di una prostituta. È già arrivato quasi casa, quando, complice il buio e anche il fatto che è poco pratico nella guida, investe un bambino e, anziché fermarsi per soccorrerlo, si allontana dal luogo dell’incidente. Inizia così un romanzo breve (136 pagine) di Georges Simenon, che non è né un giallo, né un noir, e che invece si traduce in una fine analisi psicologica dell’affetto possessivo. Jules Guérec è cresciuto in una casa in cui le sorelle hanno tutto pianificato, dove è coccolato, ma anche redarguito come se, anziché essere un uomo maturo, fosse solo un bimbo. È una sorta di prigione dorata (i Guèrec sono gente danarosa) a cui lui invano cercherà di sottrarsi, dando una svolta alla sua vita a seguito proprio di quell’incidente per il quale il bambino investito, dapprima ferito, poi finirà per morire. Se c’è un destino sfortunato che ha colpito la madre del piccolo, c’è un altro destino, senz’altro dorato, ma anche ineluttabile che opprime Jules. Incapace do essere completamente maturo la sua ribellione sarà un gesto sterile, sarà una fuga da casa più che per il fermo desiderio di cambiare radicalmente la propria vita, per una specie di protesta con cui cerca inconsciamente di richiamare un amore ancor più protettivo. E infatti la pecorella tornerà all’ovile, docile verso le padrone disposte ad accoglierlo benevolmente, così che il menage a tre possa proseguire, non importa se con reciproca soddisfazione, perché quel che conta è che la famiglia risulti unita e senza cambiamenti. Poi Marthe morirà e resteranno quindi solo in due, ma dato che c’è sempre il pericolo che anche Céline possa venire a mancare, la vita di Jules proseguirà monotona, ma anche nella trepidazione che ciò accada, sotto la minaccia di trovarsi un giorno solo e vecchio, senza più una protezione.
Le signorine di Concarneau è un’opera in cui Georges Simenon tende bene a evidenziare i pericoli del troppo affetto, quell’incapacità di comprendere che legami troppo stretti non portano mai bene e che l’educazione impartita da genitori o sorelle più anziane, quando troppo rigida e tesa a sollevare l’allievo da ogni responsabilità, si traduce inevitabilmente in una carenza di maturità, facendogli mancare esperienza e libertà, indispensabili per diventare adulto a tutti gli effetti.
Come al solito lo stile di Simenon stupisce per incisività, l’ambientazione della piccola cittadina bretone sul mare è tale che sembra di vederla, l’analisi psicologica dei personaggi è quanto di meglio si possa trovare. Se poi si aggiunge che la lettura è particolarmente gradevole, ci sono tutte le ragioni per consigliare questo libro.