Dettagli Recensione
Un’apocalisse invisibile
Che dolore. “Cecità” di Saramago è un maledetto pugno nello stomaco, uno schiaffo in pieno volto, un grido acuto dritto nei timpani. Ahinoi, Saramago conosce gli uomini e non risparmia nessuno dalla sua profonda accusa alla natura umana, nemmeno sé stesso. Col suo inconfondibile e ottimo stile, lo scrittore ci racconta un mondo improvvisamente travolto da una bianca cecità, contagiosa come una malattia estremamente virale. Le vicende ci vengono raccontate per mezzo degli unici occhi scampati a quel male e, credetemi, per risparmiarvi quell’orrido spettacolo preferireste che fossero anch’essi privi della vista, come lo vorrebbe colei che quegli occhi li possiede. Preferireste non assistere all’apocalisse in cui un cieco genere umano trascinerà sé stesso, degradazione della quale potrebbe essere perfettamente capace.
La malattia si spande a macchia d’olio; “Sono cieco!”, è il grido che risuona a ogni angolo di strada e che di lì a poco accomunerà l’umanità intera. I primi colpiti dal mal bianco vengono segregati come animali, e tali diventeranno, anticipando soltanto quello che sarà di lì a poco il destino di tutti. La cecità mette a nudo il terrificante lato animalesco dell’uomo che, non abituato a essere tale (nella maggior parte dei casi), sprofonderà, rendendosi artefice di nefandezze ben peggiori di quelle perpetrate dal mondo animale; come se insieme alla vista fosse andato perduto anche ogni freno inibitorio. L’umanità sprofonda nel sudiciume che essa stessa ha creato, e leggendo tra le pagine di questo libro li guarderai andare a fondo, e farà male.
Fa male perché in fondo al cuore lo sai che è vero, lo sai che in circostanze simili anche tu diventeresti egoista e senza scrupoli, disposto a sacrificare la morale per un tozzo di pane, a perdere la tua umanità in cambio della sopravvivenza. Lo sai perché scrutando con la mente i personaggi e le loro azioni, ammetti tacitamente a te stesso che faresti esattamente le stesse cose, oppure, quando vien fuori da loro quel briciolo di umanità residua che è sempre dura a morire, rifletti egoisticamente sulle conseguenze che tale buona azione ti porterebbe. Dolore, dolore.
“Cecità” è il palcoscenico per uomini che hanno perso la vista, ma insieme ad essa hanno perso anche tutto il resto; disposti a rubare il cibo a un morto di fame, a uccidere chiunque lo minacci di portargli via una dignità che in fin dei conti ha già perduto, disposto a sacrificarla in nome di una cieca sopravvivenza. Il barlume di speranza che alla fine lo scrittore ci regala, è soltanto una magra consolazione, dopo il mare di melma nel quale siamo stati costretti a nuotare.
Spaventosamente veritiero, ma assolutamente da leggere per chi ha un animo forte.
"Secondo me non siamo diventati ciechi, secondo me lo siamo. Ciechi che vedono. Ciechi che, pur vedendo, non vedono."
Indicazioni utili
Le intermittenze della morte.
Commenti
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Ciao, Valerio.
Il libro mi è stato ripetutamente consigliato, ma c'è qualcosa che mi trattiene dall'accostarmi alla lettura: forse la paura di prendere 'un pugno nello stomaco' .
Federica
quest'anno finalmente leggerò questo titolo, basta aspettare
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Ferruccio