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Riuscirò a mettere ordine nelle mie terre?
“Shall I at least set my lands in order?” – “Riuscirò infine a mettere ordine nelle mie terre?” Questo è l’interrogativo che si pone il Re Pescatore nella Waste Land di T.S.Eliot. E come nella Terra Desolata si celebra la dissoluzione e la frammentazione di un mondo passato che si tenta dolorosamente di ricostituire attraverso l’arte e la poesia, così il romanzo “La Cripta dei Cappuccini” di J.Roth, pubblicato nel 1938, l’anno dell’Anschluss, può essere considerato il canto funebre, l’epicedio dell’impero asburgico e di tutti i valori da esso rappresentati.
Al centro del racconto è il declino della famiglia Trotta, simbolo di un’epoca che va definitivamente scomparendo. Con la conclusione della prima guerra mondiale tutto l’assetto politico - geografico dell’Europa muta radicalmente. I grandi stati sovranazionali, come l’impero austro-ungarico, non resistono al mutamento dei tempi e le popolazioni più eterogenee, diverse per etnie e religioni, perdono quel punto di riferimento unitario nell’impero e si trovano a essere nuovamente, unicamente ruteni sub carpatici, ebrei della Galizia, sloveni e così via, senza una patria e con un incerto avvenire. Il passato diviene allora oggetto di nostalgia e di rimpianto.
In questa dolorosa situazione il protagonista, il cui nome, non a caso, è Francesco Ferdinando, dà dell’attributo “mondiale”, con cui veniva definita quella tragica guerra, una spiegazione del tutto aderente al significato intrinseco del romanzo : “[…]la grande guerra[…]viene chiamata ‘guerra mondiale’ non già perché l’ha fatta tutto il mondo, ma perché noi tutti, in seguito ad essa, abbiamo perduto un mondo, il nostro mondo…”.
Il rientro a casa dopo la sconfitta accentua le amarezze. L’amore di Elizabeth complicato e superficiale è destinato a tramontare squallidamente, come destinate al fallimento sono le avventure commerciali intraprese. Il giovane reduce Trotta, più incline a una vita contemplativa che portato verso iniziative avventurose, vede esaurirsi in breve il piccolo capitale rimastogli. Solo la vecchia madre, forte e tenace, rappresenta per lui un punto di riferimento. “La mia vecchia mamma, col suo vecchio bastone nero, teneva lontano il disordine.” È lei che rappresenta ai suoi occhi il vecchio mondo in declino e quando la malattia la priverà di alcune facoltà non potrà fare altro che vedere in lei la sua patria ferita e oltraggiata.
Senza affetti e senza casa, nostalgico di un mondo fatto di un ordine non solo estetico ma anche morale, disperato come Lear che nella sua cecità aveva compreso e colto il capovolgimento del mondo che lo circondava, vera profonda rivoluzione copernicana, si rifugia nella Cripta dei Cappuccini, il luogo ove può unirsi alla sola reliquia del passato, il monumento funebre dei suoi imperatori. E qui di fronte al sarcofago l’ultima tragica domanda, quasi un urlo disperato: Dove devo andare , ora, io, un Trotta?
L’eterno interrogativo dell’ebreo errante.
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Commenti
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Anche a me il libro è piaciuto, anche se non raggiunge il livello di "La marcia di R...", giustamente ritenuto il capolavoro dell'autore.
dell'autore lessi La leggenda del santo bevitore, ma non ne rimasi particolarmente colpita
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Ho provato tristezza Anna Maria...
Ma tu sempre così brava nel commentare.
Complimenti.
Pia