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Liebes Kind
Sandor Marai nacque ungherese, nel 1900. Sposo' una donna di origini ebraiche, quindi si trasferì a Budapest dove visse per vent'anni, antifascista, sopravvissuto alla guerra mondiale ma costretto all'esilio dalle pressioni comuniste che ne seguirono.
Con queste righe biografiche non e' mia intenzione indottrinare chi gia' conosce, solo ricordare, in modo che ci si accosti con piu' realismo a "Liberazione". Capendolo, calpestandone i cocci taglienti, amandolo. Amando lui ed il bavaglio che vi premera' sulla bocca, pagina dopo pagina; bandite sono le chiacchiere mentre ci si accosta alle piaghe malefiche dell'umanità.
Poche ore all'alba del Natale del 1944, Erzsèbet stringe i documenti falsi mentre aiuta suo padre, lo scienziato che dedico' la vita alle stelle col volto sempre rivolto al cielo, a murarsi in un piccolo scantinato per sfuggire al patibolo nazista. Non c'e' piu' firmamento, nemmeno aria, neppure dignità, solo un lembo di vita da salvare. Budapest assediata, la gente abbandona quel che resta delle case e si rifugia in anguste cantine, anime calcate in ambienti malsani e promiscui per sfuggire le bombe un giorno ancora e poi magari domani chissà, tornare liberi. Liberazione.
Effettivamente piuttosto statico, la dote di Marai e' di creare senza bisogno di movimento, di scavare situazioni e personalita' con sottile foga e ardore, malinconia, disperazione, follia,insofferenza, brutalita'. Pagine in cui la guerra e' proiettata in uno spazio limitato, eppure l'affondo dell'autore e' immane, infinito si concentra sulla natura umana, sui suoi spasmi, sulla tragedia infera che incede avida di un domani, mentre la rassegnazione diviene mite attesa.
L'istinto di sopravvivenza accomuna quelle anime stipate che osservano inermi ed impotenti, che eseguono ordini, che si nascondono in un angolo buio tacendo, incapaci di alzare lo sguardo negli occhi del vicino. Non hanno piu' paura del tedesco, non temono il bolscevico, ma indietreggiano decisi davanti all'umano. Cambiano i tempi e le fazioni, ma l'individuo resta tale, con in dote il suo potenziale di mostruosita' pronto ad accanirsi.
Eccola la potenza di Marai, che affetta e seziona la miseria, l'imbarazzo soffocante di un uomo che si vergogna di essere tale. Disprezzare la propria appartenenza, ben consci di non poterle sfuggire .
" Io quando saro' libera ? pensa Erzsèbet , e non riesce piu' a proseguire. Che cosa sarà mai la liberta' ?... Fissa la nebbia, il fumo, il fuoco."
Tagliente, inopinabile, rassegniamoci? Lo sappiamo da sempre, anche l'Eden piombo' nella doglia.
Buona lettura.
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dopo Le braci mi sono fermata, forse perchè il coro unanime di approvazione attorno al titolo non mi aveva travolto come speravo
Grazie dei commenti !
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