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Il fascino insospettato della banalità
E’ un romanzo piuttosto singolare, non tanto perché racconta una vita anonima, grigia, poco brillante, quanto per il modo in cui vengono delineati i personaggi, che sembrano tutti, a prima vista, aridi, poveri di sentimenti e incapaci di esprimerli, di comunicare, di mettersi in relazione. In particolare, il protagonista, William Stoner, forse perché nato e cresciuto in un ambiente contadino, con dei genitori che sembrano tagliati con l’accetta, perennemente intristiti dalla durezza del loro lavoro e per l’aridità dei loro terreni, tanto da divenire essi stessi l’immagine di questa aridità, sembra incapace di tessere delle relazioni umane autentiche, a partire dai suoi due amici, che infatti scelgono una strada diversa dalla sua, fino al suo matrimonio, un vero fallimento fin dalle sue premesse. Anche la relazione con la figlia Grace, che sembra la più solida del libro, finisce presto, non appena la moglie decide, quasi rabbiosamente, di vendicarsi di lui e dei suoi presunti torti. Questo protagonista sembra piegarsi ai colpi della sorte, con un fatalismo che ricorda certi personaggi verghiani, mantenendo però intatto un suo nucleo solido, petroso (“stone”), che rimane inscalfito: l’amore per lo studio, l’applicazione tenace nella ricerca, l’attaccamento al suo umile lavoro di docente, di un docente privo di qualunque ambizione di carriera, di qualunque aspirazione al guadagno, ma capace anche di farsi ammirare ed amare dai suoi allievi. Infatti, in una vita priva di qualunque altra gioia, improvvisamente sboccia un amore tra il professore e una giovane e promettente collega, un amore finalmente totale, fisicamente e mentalmente, un sentimento finalmente reciproco e profondo. Ovviamente, non destinato a sopravvivere alla malignità dell’ambiente circostante, che costringe, dopo pochi mesi, i due amanti a separarsi e Stoner a subire la sua prima grave malattia, fisica e psicologica insieme, che lo fa rapidamente e precocemente invecchiare.
Malgrado la tristezza quasi fatalistica della vicenda, come dice Peter Cameron nella “Postfazione”, il romanzo cattura e coinvolge il lettore, che fa fatica a staccarsene, forse anche perché non tutto è chiaro ed esplicito, molto rimane misterioso o non detto, soprattutto nei personaggi di contorno. Rimangono nell’ombra, per esempio, le motivazioni della moglie Edith e dell’altro avversario del protagonista, Lomax. Ma anche dei dettagli, come, per esempio, le modalità che usava Edith per conoscere tutte le mosse di Stoner (malgrado sembrasse così poco interessata al marito).
Ma, come dice Cameron, la vicenda tocca i nodi più profondi dell’esistenza: “Perché viviamo? Che cosa conferisce valore e significato all’esistenza? Che cosa vuol dire amare?”. E, poi: “Stoner attraversa con grazia leggera e delicatezza il cuore del lettore, ma la traccia che lascia è indelebile e profonda”.
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