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Pensarci e ripensarci
Vi racconterò un aneddoto, anzi più che un aneddoto una breve storia, e scusatemi se inizio una recensione in maniera così bizzarra e personale ma ho come la sensazione che questo sia il modo migliore, se non l'unico, che mi è concesso per spiegarvi cosa significa veramente leggere questo libro. Dunque ecco la storia: ho un buon amico d'infanzia, ormai ci conosciamo da più di venticinque anni, che condivide la mia stessa passione per i libri e spesso ci ritroviamo davanti a una birra, un caffe o, grazie ai mezzi di comunicazione che il web 2.0 da qualche anno ha messo adisposizione, davanti a uno schermo piatto e una tatiera inesistente, a discutere delle nostre ultime letture, di quelle che ci sono piaciute di più e quali di meno, insomma a scambiarci i nostri rispettivi punti di vista e opinioni sul panorama letterario attuale e non. Questo amico è una persona senza dubbio intelligente, equilibrata e divertente (è lui tanto per darvi un'idea che mi ha convinto a leggere alcuni grandi contemporanei come Roth o Bellow) tuttavia, pur avendo tutte queste apprezzabili qualità, agli occhi di un cinico miscredente quale sono io, ha un odioso difetto: è una persona che vuole a tutti costi credere nei sogni. E badate bene non ho detto "che crede nei sogni" ma che vuole a tutti i costi crederci, e la differenza secondo me è fondamentale poichè uno che ci crede e basta, un sognatore, non ha altra scelta se non quella di essere così com'è; noi cinici lo vedremo sempre come un romantico naive immancabilmente destinato alla delusione, ma lo capiremo e lo apprezzeremo per quel suo idealismo sconfinato e un po' adolescenziale che almeno una volta nell'arco della nostra vita, per anche forse solo una singola cosa, anche noi abbiamo provato, non so l' amore, l'eroismo, la giustizia, o da sano maschietto quale sono mi viene in mente la squadra del cuore, il supererore i cui fumetti leggevamo da piccoli o l'invincibile mito del cinema d'azione, il Chuck Norris o lo Schwarzenegger che masticava proiettili a colazione... Una persona così dunque non ha scelta, crede nei sogni punto e al limite noi possiamo guardarla sorridendo bonariamente sapendo che si sbaglia ma in fondo, sotto sotto, sperando che non si sbagli più di tanto; ma il mio amico no, lui non è di questi, è uno che invece VUOLE credere nei sogni, e fa di tutto per convincersi che ci crede. E se permettete che divaghi ancora per qualche riga, a mio parere la differenza sta proprio tutta qui, in quel "Vuole", ovvero lui sa che le cose di cui si convince di credere non sono quasi mai vere o almeno possibili in un mondo reale (il male assoluto, il bene assoluto, la perfezione, sempre assoluta) eppure è come se non volesse ammetterlo, o per dirla a suo modo "non volesse arrendersi all'imperfezione della vita". E questo agli occhi del cinicio è un qualcosa di quanto mai fastidioso e insopportabile: lui a differenza del sognatore ha una scelta, sa com'è la realtà eppure vuol continuare ad ingannarsi, perchè?! Capisco che è più bello vivere in un mondo fittizio dove tutto è certo, sicuro, a suo modo tranquillo, ma, e Matrix insegna, chi preferirebbe l'irreale al reale?
Ma lui no, imperterrito va per la sua variopinta e soffice strada, senza prestar ascolto, e così ogni volta che nelle nostre conversazioni se ne veniva fuori il nome di David Foster Wallace, lui, storcendo il naso, diceva cose del tipo: bah, sì ho guardato qualche suo libro, è sicuramente bravo ma non lo leggo, non mi interessa, non fa per me. Ed era naturale che dicesse così, poichè con la sua intelligenza e la sua esperienza (ho già menzionato che è in grado di leggersi un paio di libri da seicento pagine in meno di una settimana? E lavora! Ha una vita normale!) gli era bastato sfogliare qualche pagina di quei libri per rendersi conto che D.F.W. è il più grande distruttore di sogni che la letteratura moderna abbia mai partorito. Dunque lui, il finto sognatore, diceva cose del tipo, "no, no, son sicuro che non mi piacerebbe ecc. Ecc.." E così è andato avanti per anni, finchè vuoi per la mia costante e strenua opera di convincimento, vuoi per una suo raro momento di illuminazione, o di normalità, si è deciso a prendere in mano Una cosa divertente che non farò mai più...
E il miracolo s'è avverato: ha cominciato a leggere tutti i suoi libri e da allora non ho mai sentito qualcuno parlare meglio di un autore che in realtà uno come lui non può far altro che detestare! Già, perchè in realtà ancora adesso non gli piace, Wallace va contro a tutto ciò in cui lui crede, ah no scusate vuole credere, eppure al contempo, con una di quelle stupende contraddizioni tipiche dell'essere umano che solo Dostoevskj (e forse appunto D.F.W.) hanno saputo rendere alla perfezione, pur odiandolo non può far a meno che apprezzarlo, stimarlo e, con un sorriso cattivo e disncatato, che io trovo estremamente divertente e poeticamente giusto, elogiarlo.
Ecco questo è quel che significa leggere Una cosa divertente che non faro mai più: significa ripensarci, significa ricredersi, significa dire addio alle proprie certezze e lasciar che il proprio personale miraggio di perfezione venga dolcemente frantumato. E scusate, ma questa non è una cosa che vi può capitare tutti i giorni, specie con un libro così breve. Poiche “Una cosa divertente…” è sì un breve libretto, simpatico, diveretente, particolare, e che qualche incauto potrebbe persino definire innocuo od eccessivamente manieristico, ma è anche un libro che a ben vedere con il suo acume, con il suo stile ragionato ed incalzante con il suo sferzante occhio critico e il fascino mordente di un'intelligenza fuori dalle righe in poche pagine racchiude in se tutto il pensiero di Wallace, (attenzione il viaggio in crociera di cui tratta il libro non è solo il frutto dell'onestà intellettuale di un autore che non si vuole arrendere alle convenzioni, ma è anche un pretesto per evidenziare l'ipocrisia, e con essa tutti i problemi a questa connessi, della società in cui viviamo) e il pensiero di Wallace se si è obbiettivi ed equilibrati, pur non necessariamente in accordo col proprio, non si potrà fare a meno di ammettere che sia uno dei più brillanti, profondi e affascinanti degli ultimi anni , e che apparteneva a uno degli scrittori, se non probailmete lo scrittore, migliore della sua generazione.
Neanch'io ammetto, sono, e dopo tutto questo lirismo vi parrà strano, sempre stato un suo grande ammiratore, o almeno non dei suoi due (aihnoi) unici romanzi che a mio giudizio erano o troppo ampollosi, o inconcludenti e surreali, (i suoi seguaci non me ne vogliano ma La scopa del sistema l'ho trovato a differenza di molti, specie del critico che l'ha esaminato, o sarebbe meglio dire sezionato in lungo e in largo, talmente insulso che è stato l'unico libro di cui non sia mai riuscito a scrivere una recensione... e x il semplice fatto che non mi è mai venuto in mente nulla da dire!) neanch'io dunque l'ho mai veramente apprezzato, ma con questo, forse perchè trattava di un argomento oggettivo, reale e comune, come appunto può essere un viaggio in crociera, forse perchè qui usava molto di più l'ironia e l'acume rispetto al drammatico potere delle immagini che era solito evocare in altri lavori, o forse perchè semplicemente non avevo mai capito niente, mi sono dovuto anch'io ricredere. Qui Wallace da veramente il meglio di se, qui Wallace ha veramente creato un libro che con profondità e semplicità parla a tutti noi nel profondo delle nostre coscienze, qui Wallace è veramente il miglior scrittore degli ultimi vent'anni.
Ecco, ribadisco, questo significa leggere Una cosa divertente che non farò mai più: significa sorridere, pensare, capire, lasciarsi distruggere ed infine ricredersi e tuttosommato consolarsi, poichè se la perfezione non esiste proprio... in fondo neppure noi siamo tanto male!
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Commenti
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E te lo dice uno che in realtà non ha mai apprezzato completamente Wallace!
Grazie x avermi letto
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Un grazie ed un saluto
Loris