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GUERRA E....GUERRA
Vi sono libri che per la bellezza e profondità delle immagini letterarie suscitano nel lettore emozioni intense, sicchè, quando se ne conclude la lettura, si lascia il testo con una sensazione di nostalgia e rimpianto. Vita e Destino di Vasilij Grossman, libro che può essere considerato un classico della letteratura russa del novecento, appartiene a questa categoria di opere letterarie, per la sua profondità e bellezza.
Vasilij Grossman scrisse questo libro in oltre dieci anni di lavoro, e riuscì a rappresentare in una narrazione divisa in tre parti, di cui colpisce la perfezione letteraria, l'epoca dello stalinismo, la lotta contro il nazismo, la natura dei due totalitarismi europei, quello comunista e quello nazista, la seconda guerra mondiale. Nella prima parte il lettore si trova immerso in un luogo terribile: un lager nazista.
Nel lager nazista sono rinchiusi i prigionieri sovietici, il cui paese è stato invaso dai tedeschi nel 1941. I bolscevichi, privati della loro libertà, angosciati al pensiero che le armate di Hitler sono riuscite ad avanzare fino al Volga, temono per le sorti del proprio paese. Pensano di essere fortunati a trovarsi in un lager gestito dai nazisti, anziché in un luogo simile governato dai bolscevichi.
La descrizione delle operazioni di guerra intorno al volga, con i soldati e gli ufficiali russi impegnati a respingere l'invasore tedesco, è precisa, attenta, coinvolgente, emozionante. Accanto alla rappresentazione delle vicende belliche, nel libro viene raccontata la vicenda di una famiglia sovietica di intellettuali. Victor Strum è un fisico nucleare di straordinario valore; con la moglie Ljudmila Nikolaevna e la figlia Nadia ha dovuto abbandonare Mosca, dopo che è avvenuta l'invasione tedesca del suolo sovietico nel 1941, e con i colleghi scienziati si è rifugiato a Kazan'.
Nel libro Victor Strum incarna il tormento dell'intellettuale sovietico che non riesce a capire e a tollerare le crudeltà compiute da Stalin, pur di pervenire alla edificazione del socialismo in un solo paese. Strum, mentre si trova nei salotti modesti di Kazan' a parlare di politica e letteratura in tempo di guerra con i suoi colleghi e con gli altri intellettuali, ha la netta sensazione di non potere esprimere liberamente il proprio punto di vista; teme che fra i suoi interlocutori si nasconda un delatore, che potrebbe denunciarlo e provocarne la rovina umana e intellettuale.
Strum ricorda, inorridito e addolorato, il silenzio degli intellettuali sovietici al cospetto delle purghe staliniste avvenute nel trentasette, dinanzi al processo farsa contro Bucharin e gli altri oppositori di Stalin, di fronte agli orrori legati alla collettivizzazione forzata delle terre. In questa parte del libro l'autore chiarisce il suo punto di vista intorno alla natura dei sistemi totalitari.
Per Grossman la violenza politica costituisce il fondamento del potere totalitario, a causa del quale la persona umana si trova oppressa e schiacciata da uno Stato possente e soffocante. A questo proposito, nel libro viene narrato un episodio di straordinaria bellezza, che esemplifica in modo inequivocabile il pensiero di questo scrittore sulla simmetria esistente tra nazismo e comunismo. Mostovskoj, prigioniero in un lager nazista, bolscevico per convinzioni filosofiche, una sera viene chiamato dall'ufficiale Liss, il quale desidera avere un confronto con lui.
Mostovskoj prova disprezzo per l'ufficiale nazista di fronte al quale si viene a trovare. Mentre Liss parla e sostiene che tra i comunisti e i nazisti non dovrebbe esserci la guerra, poiché entrambi sono i fautori di una dottrina che presuppone lo Stato di Partito, Mostovskoj prova una sensazione di disgusto e di rabbia incontenibile. Poi, l'ufficiale nazista, comandante del lager in cui è rinchiuso Mostovskoj, gli ricorda che anche Stalin ha eliminato i suoi avversari con la forza, che nei lager ha rinchiuso i suoi oppositori, e conclude il suo monologo, facendo precipitare il prigioniero in un abisso di disperazione, con l'affermazione sorprendente che il Nazismo ed il Comunismo devono essere considerati due ipostasi della stessa sostanza.
La struttura narrativa e letteraria del libro, attraversato da un respiro epico grazie al quale il lettore ha una immagine nitida della storia tragica del novecento, è fondata sulla rappresentazione delle vicende legate al destino dei membri della famiglia dell'intellettuale Victor Strum, sulla descrizione dei momenti fondamentali della battaglia di Stalingrado, sulla narrazione della sorte dolorosa dei prigionieri sovietici rinchiusi nei lager nazisti. In una parte successiva all'incontro memorabile tra il bolscevico prigioniero e l'ufficiale nazista, vi è un testo nel libro, scritto dal prigioniero russo Ikonnikov, nel quale viene sviluppata una ampia dissertazione sul Male ed il Bene.
Per l'umanista Ikonnikov, la storia umana non deve essere considerata la lotta del Bene contro il Male. In realtà, la storia dell'uomo, sia quella antica sia quella moderna, dimostra che il male tenta di spegnere e soffocare in ogni epoca l'afflato umanitario che è presente nell'animo di ogni persona. Tuttavia, finché le azioni umane saranno rivolte ad affermare il bene e l'amore verso il prossimo, il male non potrà trionfare. Infatti, scrive Ikonnikov, il bene, inteso come l'amore muto e cieco, è il senso dell'uomo. In tal modo, questo personaggio del libro, che riflette il pensiero dell'autore Grossman, pone il totalitarismo sovietico e nazista in relazione con il male, che da sempre è stato presente nella storia umana. Un altro episodio, molto bello e di straordinaria profondità, ha per protagonista un ufficiale di alto grado, che viene mandato a compiere una missione nella steppa calmucca.
Darenskij attraversa con la sua automobile la steppa calmucca, osserva la natura, il cielo e la terra che paiono confondersi all'orizzonte, i colori delle piante e dell'erba, e nel suo animo si affaccia il pensiero sublime che l'uomo è una creatura che aspira verso la libertà, senza la quale non riesce a vivere e ad essere felice. Nella parte seconda e terza del libro, viene narrata e descritta la strategia militare che seguirono i sovietici, grazie alla quale riuscirono ad accerchiare in una morsa terribile le truppe naziste e tedesche, guidate dal generale Paulus, comandante della VI armata.
In questa battaglia, memorabile per l'abilità dimostrata dai sovietici nel respingere l'invasore nazista, i tedeschi vennero ridotti allo stremo sia dal freddo e dal ghiaccio sia dall'isolamento in cui si trovarono, a causa dell'accerchiamento realizzato dalle truppe russe. Accanto alla descrizione delle fasi finali della guerra, nella seconda parte del libro viene raccontata la storia di Victor Strum. Strum e la sua famiglia rientrano nella loro casa di Mosca.
A Kazan', dove si era rifugiato in tempo di guerra, in un periodo doloroso aveva avuto una straordinaria intuizione scientifica, chiedendosi se la conoscenza derivi dalla osservazione dei fenomeni fisici oppure dai pensieri che nascono spontaneamente nella mente umana. Strum riprende a lavorare nel suo laboratorio di ricerca, per dare attuazione all' intuizione scientifica che ha avuto intorno all'atomo e alla fisica nucleare.
Presto, poiché non accetta l'idea che la ricerca scientifica debba essere subordinata alle direttive del partito, entra in conflitto con i suoi colleghi scienziati, dai quali viene accusato di avere elaborato una teoria fondata su elucubrazioni talmudiche, essendo di origini ebraiche. In questa parte del libro viene descritto il modo in cui la menzogna totalitaria riduceva al silenzio ed alla impotenza i migliori intellettuali sovietici.
Strum, allontanato, dopo un sommario processo politico tenutosi dinanzi al consiglio accademico, dal suo laboratorio di ricerca, si trova da solo, prova sensi di colpa, si dispera, perché non può più attuare le sue ricerche sull'atomo. Grazie ad una telefonata di Stalin, che riceve nella notte, Strum viene riabilitato e riammesso nel suo laboratorio di ricerca. Suo cognato Krimov, accusato di essere un seguace di Trotskii ed un traditore, viene rinchiuso nel carcere della Lubjanka, dove è costretto con la tortura a rendere una falsa confessione di colpevolezza, come accadde a tanti bolscevichi nel periodo fosco dello stalinismo.
Nella parte finale del libro vi è una straordinaria e memorabile descrizione della città di Stalingrado ridotta in un cumulo di macerie, dopo una guerra cruenta combattuta per sconfiggere le armate tedesche.
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Questo libro, che personalmente ho trovato in alcune parti di ardua fruizione, è indubbiamente una grande opera, capace, come poche altre, di far riflettere su un quadro politico-sociale e soprattutto umano del nostro Novecento.