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Sogno americano
ED ALLA FINE
AMERICA NON SIGNIFICO' PIU': OCCASIONE, SPERANZA, GIOVENTU' America, America, America.
Per quanto si possa essere più o meno perplessi nei confronti dei nostri dirimpettai
d'oltreoceano, sarebbe per lo meno superficiale PRESCINDERE da essi. Volenti
o nolenti, spesso siamo costretti a farci i conti e, se la tattica migliore
è quella di conoscere i nostri antagonisti, allora Pastorale Americana è
una asso nella manica poiché sprigiona America alla quint'essenza. Quattrocento
pagine che attraverso la parabola del protagonista raccontano la storia, le
promesse, i sogni e le contraddizioni dell'ultimo secolo di questo paese ingenuo
ma anche estremamente rabbioso. Infatti un uomo come Seymour Levov, biondo e
atletico ragazzone ebreo detto lo Svedese, non si era mai posto domande sul
perché delle cose ma, ad un certo punto, anche lui sarà costretto a fare i conti
con la realtà: e lo farà quando la sua amatissima figlia, in lotta contro la
guerra americana in Viet Nam ma anche contro tutto e contro tutti, si perderà
defintivamente. Sarà allora che Levov lo Svedese si risveglierà da quel sogno
americano a cui aveva creduto ciecamente. Pensa infatti lo Svedese: "Tre
generazioni. Tutte avevano fatto dei passi avanti. Quella che aveva lavorato.
Quella che aveva risparmiato. Quella che aveva sfondato. Tre generazioni innamorate
dell'America. Tre generazioni che volevano integrarsi con la gente che vi avevano
trovato. E ora, con la quarta, tutto era finito in niente. La completa vandalizzazione
del loro mondo". Pastorale americana è come un canto -tutt'altro
che bucolico- suddiviso in tre gironi: il Paradiso Ricordato, la Caduta, e il
Paradiso Perduto ed è una storia che ha molto a che fare con le radici, la memoria
e, talvolta, l'intollerabilità della memoria. Si tratta di un romanzo non semplicissimo,
che richiede una certa dose di attenzione al lettore ma che, in cambio, restituisce
anche molto in termini di consapevolezza e riflessioni che, a volte, si tramutano
in vere e proprie rivelazioni. Come quelle che muteranno per sempre l'atteggiamento
ingenuo dello Svedese quando, in maniera improvvisa, smarrirà la propria innata
innocenza. "Aveva imparato la lezione peggiore che la vita possa insegnare:
che non c'è un senso. E quando capita una cosa simile, la felicità non è più
spontanea. E' artificiale e, anche allora, comprata al prezzo di un ostinato
estraniamento da se stessi e dalla propria storia." D'altra parte lui non
era preparato a tutto questo: "Come avrebbe potuto sapere, con tutta la
sua bontà, che il prezzo per una vita obbediente era tanto alto? Ci si rassegna
all'obbedienza per abbassare il prezzo ... L'aveva realizzata per davvero la
sua versione del paradiso.... E poi tutto cambia e diventa impossibile. Ma chi
è pronto ad affrontare l'impossibile?" Non lo Svedese, e nemmeno chiunque
altro perché "non bastiamo. Nessuno di noi basta" di fronte al trionfo
della rabbia, del caos e dell'irrazionalità dell'adolescente America.
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