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Il buio fuori e dentro
Inutile che mi soffermi sulla bellezza dello stile di questo autore, dico solo questo: dategli il Nobel prima che sia troppo tardi, di autori che scrivono come lui davvero non ce ne sono.
Il mondo descritto da Cormac McCarthy è quasi sempre apocalittico anche in assenza di una reale fine del mondo, un degrado che è quasi sempre dettato dagli uomini e non da forze da esso indipendenti, siano esse forze della natura o forze estranee al terrestre. Siamo il maggior pericolo per noi stessi e la principale causa della nostra caduta, e bisogna avere la forza e lo stomaco per affrontare la realtà che lo scrittore in questione ci pone dinanzi.
Un bimbo venuto al mondo da un rapporto incestuoso, sbucato nel bel mezzo dell’oscurità e abbandonato a sé stesso fin dai primi istanti di vita, dall’uomo che lo rigetta seppur lo ha messo al mondo, ma che in fondo non sta facendo altro che rigettare la sua stessa vita e il mondo del quale calca inutilmente il suolo. Un mondo che sembra fare altrettanto con sé stesso e popolato da uomini che lo prendono ad esempio, ma che comunque si aggrappano alla propria tenebrosa vita. L’oscurità dilaga anche quando quella stella guardiana si innalza sulla volta celeste, così maestosa eppure incapace di scacciare quelle tenebre indistruttibili. Eppure non c’è al mondo soltanto il buio. La madre di quel bambino perduto illumina, come la fievole luce di una lanterna sporca, quel buio dilagante nel quale si addentra senza paura, spinta dall’amore per quel figlio che, in fondo, è la fonte di quella luce che porta e che la sosterrà nella sua ricerca probabilmente per sempre. L’amore è l’unica luce in questo oscuro mondo e chi lo rigetta da sé, non può far altro che adattarsi diventando esso stesso tenebra e male, o rassegnarsi a brancolare nel buio imperscrutabile.
“Che bisogno ha un uomo di vedere dove sta andando, se verrà comunque mandato là?”. Se siamo senza amore non importa se siamo ciechi o meno, il nostro viaggio sarà una strada tenebrosa verso la medesima destinazione, la mortifera palude della fine dei giorni.
“Ho dato quarant'anni legato come un mulo alle stanghe di un carro, fino a non poter più stare dritto abbastanza da essere impiccato. Non ho un'anima al mondo tranne una vecchia sorella semidemente che nessuno ha mai voluto, proprio come nessuno ha mai voluto me. Da un capo all'altro di questo stato mi hanno preso a sassate, sparato, frustato, mi hanno preso a calci e i cani mi hanno morso, e questo non me lo puoi ripagare. Tu non hai niente con cui ripagarmelo. Sono debiti di sangue, e non c'è niente in questo mondo che li possa cancellare."
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Commenti
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Ferruccio
Io ho letto "La strada" ed è stato una folgorazione.
McCarthy è un autore intenso e questa tua recensione me lo confermano.
Grazie e complimenti
Riccardo
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