Dettagli Recensione
Ai confini tra realtà e immaginazione.
Cresciuta tra l’indifferenza di un padre e l’incuria di una madre viziosa la piccola marchesina Sierva Maria si impadronisce della lingua, dei riti e dei costumi degli schiavi perché è con questi che la sua giovinezza si consuma. Il morso di un cane rappresenta la svolta e lo scatenarsi di una serie di disparati eventi tra il tragico ed il paradossale. Da questo momento il padre – che tanto l’aveva abbandonata a sé stessa – si riscopre disposto a sacrificare la sua vita per quella della figlia, la madre viceversa non ha alcuna possibilità di redenzione perché è vittima del suo demone, quell’istinto sessuale che la induce in un baratro di solitudine e di perdizione dove non esiste via d’uscita e dove l’odio è padrone e compagno assoluto. Abrenuncio, il medico, esclude assolutamente che si tratti di rabbia e dunque i comportamenti aggressivi della ferita vengono ricondotti ad un’unica possibilità: Servia Maria è indemoniata. Poco importa se la caviglia morsicata della ragazza bambina è tormentata da una ferita sanguinante e puzzolente a causa dell’applicazione di cure sbagliate di medicastri ed esorcisti in erba, i pregiudizi religiosi hanno la meglio: la ragazza viene segregata nel monastero di clausura di Santa Chiara dove l’aspettano sevizie e maltrattamenti vari.
Non svelo altro sulla trama perché il romanzo, seppur breve, è ricco di numerosi elementi capaci di indirizzare il lettore a riflessioni di diversa entità. Quali sono i Demoni verrebbe da chiedersi? E Marquez risponde con grande maestria a questa domanda ricordandoci che dentro gli uomini se ne agitano di infiniti (dall’ ipocrisia, alla convenzione, al pregiudizio, non di meno al razzismo) ma senza ombra di dubbio quello più pericoloso è l’amore, un sentimento ben radicato nelle culture latino-americane (e dunque proprio dell’autore) perché sinonimo di pulsione della vita con tutte le sue attrattive e i suoi aspetti repulsivi. L’uomo non è altro che un canale che assorbe i sentimenti più alti e più abietti pertanto indiscussi sono l’odio e l’amore quali protagonisti di quest’opera.
Ed è proprio quando nel 1949 Marquez assiste allo svuotamento delle cripte funerarie dell’antico convento di Santa Chiara in Colombia che l’idea per questo romanzo si manifesta inarrestabile. Nella terza nicchia dell’altare maggiore una lapide si disfà in mille pezzi al primo colpo di zappa e una chioma viva color rame di circa 20 metri si sparge per tutta la cripta. A nulla serve la spiegazione del capomastro in merito al fatto che i capelli crescono un centimetro al mese dopo la morte e che dunque quei venti metri possono datare la cappella a duecento anni prima perché nella mente dell’autore si rifà vivo un vecchio racconto della nonna: questa aveva narrato al noto scrittore che nel periodo buio dell’inquisizione era esistita una marchesina di dodici anni dalla lunghissima capigliatura, morta di rabbia in seguito al morso di un cane. Grazie ai suoi miracoli questa continuava a vivere nel cuore dei Caraibi..
Il mio primo appuntamento con le opere di Marquez si è avuto circa sei anni e mezzo fa e proprio con questo componimento. Sin dal principio questo si presenta come un libro “fuori dalle righe”, eclettico ed insolito tanto nello stile quanto nel contenuto.
La scrittura è fluida e scorrevole, senza difficoltà il lettore riesce a figurarsi tutte le situazioni delineate nei minimi dettagli. Quello di Marquez è quel tipo di romanticismo che ti affascina e ti abbraccia ma che in nessun caso cade nella mielosità, resta sempre in bilico tra il “troppo o il troppo poco” non risultando dunque eccessivo o pesante. Ovviamente deve piacere il tema, il genere e la scrittura che salta tra realtà ed immaginazione, altrimenti può essere estremamente arduo apprezzarne il contenuto.
Indicazioni utili
- sì
- no
no = a chi non ama il genere.
Sicuramente gli altri dello stesso autore nonché le opere di Coelho e di Isabel Allende.
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