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un grande autore contemporaneo
Stessa ambientazione, storia diversa: "Il gioco dell'angelo" si inserisce nella scia de "L'ombra del vento", ma gli eventi si svolgono negli anni Venti.
Quando ho deciso di leggerlo, non ero convintissima, cosa che non sarebbe accaduta se l'autore avesse optato per un'ambientazione completamente diversa. La magia del primo libro mi sembrava irripetibile e questo secondo libro, devo ammetterlo, mi appariva come un azzardo.
Sono stata felicemente smentita.
Zafòn si riconferma per il grande e appassionato narratore che è. I suoi libri parlano di lui e, al contempo, di tutti noi che abbiamo fatto della letteratura un importante perno delle nostre esistenze.
I suoi protagonisti sono aspiranti scrittori, e sia sogni bellissimi che sordide paure accompagnano il loro percorso. Quando la luce è intensa, anche l'ombra è più oscura.
E' così che il Maligno lascia la sua impronta in entrambe le creazioni letterarie; più vaga nell'Ombra del Vento, dove un capitolo magistralmente si concludeva con Daniel alla finestra, in contemplazione di un losco individuo, con l'angosciante sensazione di rivivere una scena narrata nel libro preso al Cimitero Dei Libri Dimenticati, in cui quello stesso individuo impersonava il Diavolo; più incisiva e determinante, invece, ne "Il gioco dell'Angelo", dove l'incarnazione di Lucifero interviene in prima persona nella storia e ne decide il tragico epilogo.
Il morboso attaccamento al tema del Diavolo e, in genere, all'esegesi biblica, ha sempre alimentato la cultura spagnola. Zafon, in questo, si dimostra attaccato alle tradizioni del suo paese, forte della sua cultura, ma anche estremamente abile nel dare una ulteriore chiave di lettura e interpretazione.
- seguono SPOILER -
David Martin è un aspirante scrittore e, questo suo sogno, pare realizzarsi parzialmente nel momento esatto in cui scopre che la sua vita sta per finire. Interviene allora il personaggio di Andreas Corelli, un editore che intende creare una nuova religione e ha bisogno di un'abile penna. Martin non si sente coinvolto nel progetto e palesa perplessità in merito al suo stato di salute e al suo precedente contratto con un'altra casa editrice, che lo sfrutta senza valorizzarlo allo scopo di vendere. La possibilità di guarire e dunque continuare a vivere e il compenso oltremodo fruttuoso gli fanno gola. Ed ecco che il "patto col diavolo" ha luogo.
Di questo patto, Martin ha modo di pentirsi solo in un secondo momento, quando ormai è troppo tardi. Inseguito dalla polizia, inseguito da Corelli affinchè tenga fede al contratto, incappa in una rocambolesca serie di eventi che si concluderà con la condanna al vagabondaggio e alla vita eterna.
E' così che la condanna di Martin, ad opera di Lucifero, si allinea a quella di Caino, ad opera di Dio.
“ «Sii tu dunque maledetto lungi dalla terra, che ha aperto la bocca per bere il sangue di tuo fratello, versato di tua mano. Quando vorrai coltivare il terreno, esso non ti darà più i suoi frutti: sarai errabondo e fuggiasco sulla terra». Caino disse al Signore: «La mia iniquità è tanto grande che posso sopportarla. Ecco, tu mi scacci ora da questo luogo ed io sarò nascosto al tuo cospetto: sarò errabondo e fuggiasco sulla terra, e avverrà che chiunque m’incontrerà, mi ucciderà». Ma il Signore gli disse: «Orbene, chiunque ucciderà Caino, sarà punito sette volte tanto». Poi il Signore pose un segno su Caino, affinchè chiunque lo incontrasse, non lo uccidesse. “ (genesi 4,11)
Parimenti, leggiamo le parole di Martin nell’epilogo.
“Gli anni mi hanno insegnato a vivere nel corpo di un estraneo che non sapeva se aveva commesso quei crimini che poteva ancora fiutare sulle proprie mani, se aveva perduto la ragione ed era condannato a vagare per il mondo in fiamme che aveva sognato, in cambio di qualche moneta e della promessa di prendersi gioco di una morte che adesso gli sembrava la più dolce delle ricompense. […] Nei miei anni di pellegrinaggio ho visto l’inferno promesso nelle pagine scritte per il Principale acquistare vita al mio passaggio.”
Ma la condanna del Diavolo è ancora più crudele di quanto non fosse quella del Dio-vendicatore dell’Antico Testamento. Non solo il vagabondaggio e la vita eterna (non letteralmente associata a Caino, ma bisogna tener presente che nel racconto biblico i primi uomini vivevano centinaia e centinaia di anni). ll Signor Corelli aspetta quindici anni, dopodichè si ripresenta alla sua porta con una bambina, Cristina, colei che Martin aveva amato e che era morta a causa della sua corruttibilità. Un altro tremendo destino prende vita, quello di riavere l’oggetto del proprio amore, quello di vederla crescere, invecchiare e, ancora, morire.
Martin viene dunque trattato alla stregua del primo assassino, avendo “assassinato” le proprie qualità morali per aggirare la naturale conclusione della propria vita e arrogarsi il diritto di venir meno ai dettami divini (la vita sofferta e la morte sono parte di un’altra condanna ancora, quella inflitta ad Adamo ed Eva quando furono cacciati dall’Eden) in cambio di qualche spicciolo. E non conta che Caino non palesi rimorsi, mentre lui sì: alcune scelte sono irreversibili, il passato non si cambia.
In conclusione, il messaggio è amaro, la morale triste, la redenzione illusoria.
E Zafon mette in luce tutta l’abilità che possiede, al servizio di una narrazione estremamente suggestiva e piacevole, mai banale, mai prevedibile.
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Grazie mille per il commento!
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