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Guida minima al Giappone
Ciò che colpisce immediatamente di Amelie Nothomb è lo stile con cui si presenta alla lettura, caratterizzato da fluidità e originalità non comuni.
Fluido perché evita descrizioni o (peggio) sproloqui: lungi dall'indugiare in “presentazioni” dei protagonisti, la Nothomb li fa subito vivere. Il lettore prende confidenza con le loro aspirazioni, idee, intenzioni e considerazioni sui personaggi con cui si rapportano. Quale miglior modo per conoscerli?
Originale perché fatto di metafore, motteggi e similitudini per nulla scontate (anche se nel corso del volume commentato questa qualità tende ad appannarsi un po').
Uno stile narrativo di tale livello risalta ancor più in caso di inconsistenza del contenuto.
E' quanto accade con “Né di Eva né di Adamo”, la cui trama si può riassumere in pochi tratti: lei, ventenne di origine belga in Giappone per imparare la lingua e possibilmente trovare lavoro, mette un'inserzione come insegnante di francese; lui, ventunenne di famiglia più che benestante, la contatta; lei e lui, al netto delle iniziali difficoltà di comprensione generate dalla poca familiarità con il linguaggio dell'altro, cominciano ad avere un rapporto che va oltre l'insegnamento; hanno vari incontri il cui esordio diventa un cliché (lui va a prendere lei con una Mercedes bianca per scarrozzarla in diversi luoghi di rilevanza culinaria o turistica); lui presenta a lei nonni, genitori e sorella (poi anche lei riuscirà a presentargli sua sorella, quando questa verrà in Giappone); insieme trovano l'occasione di isolarsi a casa di lui o di un'amica di lei (entra in gioco la classica amica che lascia la casa per un bel po' di tempo e ha bisogno di chi gliela governi), ma alternano momenti di intimità e incomprensioni... e via così verso il finale.
La storia è chiaramente autobiografica (quanto romanzata è da vedersi): Amelie Nothomb è nata a Kobe nel 1967 da un diplomatico belga, ed ha trascorso in Giappone la prima parte della sua vita.
Perciò, risultando ben presto le vicende piuttosto ripetitive, viene il dubbio che la storia dell'attrazione tra Amélie e Rinri non sia assolutamente centrale nell'idea del libro: magari potrebbe esserlo il voler illustrare la propria visione del Giappone agli altri, o forse conservarla a se stessa per quando si potrebbe non ricordarla più; oppure il voler spiegare il proprio “periodo giapponese” agli altri, o forse, sempre per il motivo di cui sopra, ricordarlo a se stessa.
Non si spiegherebbe altrimenti la presenza, nello scritto, di tutti i maggiori costumi o usanze nipponiche, e di tutte le pratiche “obbligatorie” per il turista che giunge in Giappone (quasi a fare concorrenza alle guide turistiche): c'è la passeggiata sul Monte Fuji e il monte stesso visto da tutte le angolazioni possibili; il rito del pasto giapponese e il conseguente problema dell'intrattenimento dei commensali; la poco apprezzata consuetudine nazionale della caccia alla balena; la visita al Museo della bomba di Hiroshima; la tipica e insistente ilarità dei nipponici che lascia perplessi in mancanza di un apparente motivo; oltre alle “necessarie” citazioni per il sushi, il sakè e la yazuka. Manca soltanto il capitolo sull'uso delle famigerate bacchette da pasto... e ad un certo punto si sarebbe quasi portati a rimanerci male.
In conclusione, visti i consensi raccolti dalla Nothomb negli ultimi anni, è lecito pensare che le sue qualità di scrittrice siano state messe a miglior profitto in altre opere.
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Commenti
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Bravo, complimenti.
Riccardo
Ho letto solamente un paio di romanzi dell'autrice ed ho apprezzato l'incisività dello stile di scrittura
Peccato che in questo caso l'opera non sia stata in grado di confermare le aspettative. Sa molto di deja vu, della "minestrina ribollita" e ribollita fino all'esasperazione. Nello specifico non ho letto lo scritto, ma facendomi tornare alla mente altri componimenti simili, mi associo alle sensazioni da te provate nella lettura.
Comunque, bella analisi Rollo. Esaustiva, chiara e soddisfacente. Bravo :-)
Io ho letto un solo libro dell'autrice : l'ho trovato noioso e privo di mordente; anche lo stile mi è parso ben poco interessante.
Ritengo il successo commerciale un fatto essenzialmente sociologico, totalmente separato dal valore letterario di un libro.
Io ho un debole per la Nothomb e questo libro mi era piaciuto molto. Mi sono rimasti impressi i cachi, tant'e' che appena mi capitano a tiro li mangio avidamente. E il mio stomaco diventa un albero di Natale giapponese.
:-)
Anche io avevo sentito di opinioni discordanti, come dice Annamaria, ma in verità più positivi che negativi: all'inizio della lettura avrei scommesso su qualcosa di piacevole, ma, procedendo, la noiosa ripetitività mi ha messo di fronte alla realtà. Se è vero che la Nothomb è l'autrice di punta della casa editrice Voland, deve per forza aver fatto di meglio... ma, per quanto mi riguarda, credo che passerà un bel pò di tempo prima che ne rilegga qualcosa.
Se posso segnalare una vostra opinione, devo dire che mi colpisce molto la riflessione di Emilio sulla dissociazione tra "adesione" sociologica ad un libro e valore letterario dello stesso: la trovo molto intelligente e sono totalmente d'accordo.
Un abbraccio a tutti.
P.s. per C.U.B.: i cachi non mi piacciono molto... e ancora di meno il fatto che tra i nostri due ultimi libri mi sono beccato io quello sbagliato :)
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