Dettagli Recensione
"Sapere è potere".
La matematica insegna che le rette parallele sono destinate a non incontrarsi mai. Eppure la vita ci dimostra che spesso sono proprio quegli universi che sembrano agli antipodi e privi di qualsiasi cosa in comune, quei mondi che paiono procedere autonomamente senza mai bisogno di incrociare le loro strade, quelli che alla fin fine traggono maggiori benefici da quell'inatteso scambio reciproco. Questo accade tanto nei libri quanto nella realtà ed è ciò che distingue “Io prima di te” da altre opere dello stesso genere.
La ventiseienne Louisa è una giovane ragazza che ancora non sa cosa vuole di preciso dalla vita, si limita ad esistere affrontando le difficoltà quotidiane accantonando se stessa e ciò che desidera, il trentacinquenne Will è l'esatto opposto. E' un uomo che ama vivere, è affamato di vita. Ma un vincolo lo costringe a rinunciare tutto ciò che ama. Nonostante si sia dedicato ad attività spericolate e sport estremi ha subito una lesione C/5 al midollo che lo ha reso tetraplegico mentre aspettava un taxi per andare al lavoro. E da quel momento tutto ciò che rendeva unica la sua esistenza ha perso valore, non ha più significato. Si limita a sopravvivere come se i giorni costretti su quella maledetta sedia non fossero altro che un test di resistenza. Non ce la fa più.
La bravura dell'autrice non è stata tanto quella di mettere in evidenza come l'amore possa nascere tra due persone così diverse e che mai si sarebbero incontrate se non fosse stato per il sinistro bensì è quella di porre il lettore nei panni di entrambi i protagonisti. Quando Lou viene assunta è una ragazza che non crede in sé stessa, con poche aspettative dalla vita, vincolata alla cittadina natia e alla famiglia poiché deve provvedere al loro sostentamento a causa della disoccupazione del padre. Ma dal momento in cui Will entra nel suo microcosmo lei non è più la stessa e non può far finta di esserlo ancora. Riscopre profondità in sé, impara a prendersi cura di un'altra persona e a non compatire chi è portatore di un handicapp bensì ad apprezzarne la forza osservando il “non visibile agli occhi”, non considera più la distanza fisica con Will come un vero impedimento, lo ama con forza disarmante per tutto quello che è e per quello che può offrirle essendo semplicemente sé stesso ed ella a sua volta restando Lou. Matura. Comprende che in lei c'è altro oltre alle apparenze e grazie al compagno riesce a capire che vuole di più dalla vita perché anche lei ha fame di vivere.
Viceversa Will è un uomo affranto. Non può considerare vita quella che ogni giorno è costretto ad affrontare. Non può non considerare una sedia a rotelle come un vincolo e nonostante il suo amore per l'assistente sceglie di portare a termine il suo proposito di felicità anche se questo è determinato dalla sua morte. Può veramente considerarsi vivere la condizione in cui è rilegato? Può essere biasimato per la sua volontà? Ha vissuto al 100% ogni giorno della sua vita, sa cosa aspetta alla ragazza se lei continua a stargli accanto e sa che la sua condizione non può migliorare ma solo peggiorare. Per alcuni la sua scelta può essere considerata come un gesto egoistico, per me invece è una scelta di coraggio ma anche di altruismo. Non è facile decidere di porre fine alla propria esistenza, anche quando si è bloccati su una carrozzina e si può muovere a malapena il collo e parzialmente un braccio. Ed è una scelta altruista perché sa che se continuasse a vivere oltre a far soffrire se stesso rischierebbe di donare giorni bui anche alla donna che ama. E' vero che per lei non sarebbe un problema poiché i suoi sentimenti sono autentici, ma si può colpevolizzare una persona perché sceglie di liberarne un'altra sperando che questa possa vivere al massimo delle sue possibilità e magari con una persona che oltre ad amarla possa anche donarle tutto senza limitarla? Queste sono solo alcune delle riflessioni che il romanzo ha suscitato in me. Potrò risultare rude, potrò avere dissensi ma io non me la sento di deplorare un individuo perché ha fatto una scelta e perché ha potuto farla. Anche se questa è dolorosa per tutti quelli che ha attorno. Questa decisione è prima di tutto sofferenza per chi la prende perché di vita ce ne è una e prediligere per la sua cessazione non è mai una “opzione a buon mercato”. Ma sopravvivere può essere sufficiente? Ci si può accontentare? Si può accettare di dipendere da tutti per qualsiasi cosa? Non tutti ci riescono e non tutti possono.
Personalmente ritengo che la colonna portante del componimento sia Will che, con la sua saggezza e la sua forza di volontà, fa i regali più belli a Louisa: le insegna a vivere, le fa capire che lei “può” se veramente lo desidera, tutti possono se hanno voglia di sprecare le loro energie e lottare, le dona un amore puro e le fa scoprire la portata dirompente di questo sentimento, le ricorda di essere libera.
Questa è la forza della Moyes, oltre a farti versare un miliardo di lacrime ti fa riflettere su uno dei temi che sono più attuali e che ad oggi ancora non hanno raggiunto una definizione. Anni fa lessi il romanzo coscritto dal padre di Eluana Englado e nella mia breve esistenza ho avuto modo di vedere persone in stato di disabilità per i motivi più vari quindi se la domanda fosse posta a me la mia risposta sarebbe che no, io non me la sento di condannare nessuno perché la libertà è vita e la vita è anche scelta.
L'unica cosa che posso consigliarvi è di leggere il romanzo senza pregiudizi per il filone a cui appartiene e senza pretese per lo stile semplice e diretto utilizzato così da riflettere prima di tutto con voi stessi. Immedesimatevi in Will nonché in Louisa e fate tesoro dell'insegnamento.
«So che la maggior parte della gente pensa che vivere nelle mie condizioni sia praticamente la cosa più terribile che possa capitare, ma potrebbe anche andare peggio. Potrei finire per non essere più in grado di respirare da solo o di parlare, oppure avere dei problemi circolatori che potrebbero implicare l'amputazione degli arti. Potrei essere ricoverato per un tempo indefinito. La mia non è una gran vita, Clark, ma quando penso a quanto potrebbe peggiorare certe notti resto disteso sul letto e mi manca il respiro.»
Deglutì. «E sai una cosa? Nessuno vuole sentir parlare di tutto questo. Nessuno vuole sentirti dire che sei spaventato, o che soffri, o che hai paura di morire per colpa di qualche stupida infezione presa per caso. Nessuno vuole sapere come ci si sente a essere consapevoli che non farai più sesso, non mangerai mai più il cibo che hai cucinato con le tue stesse mani o non potrai più tenere tuo figlio tra le braccia. Nessuno vuole sapere che qualche volta mi sento così intrappolato su questa sedia che ho soltanto voglia di gridare come un pazzo al pensiero di trascorrere un altro giorno inchiodato qui. [...] Tutti vogliono vedere il lato positivo. Hanno bisogno che io veda il lato positivo. Hanno bisogno di credere che esista un lato positivo.»
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Ferruccio