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Il Grossman che non ti aspetti
Soltanto un grande scrittore può restare se stesso pur cambiando totalmente il proprio registro linguistico. Usando l'espediente dello spettacolo di cabaret, e attraverso un linguaggio che per lunghi tratti non sembra il suo (ma non fatevi ingannare), Grossman ci regala una nuova intensissima storia, ci parla col linguaggio a cui in realtà siamo abituati. Scrittura sempre intima e lieve, la sua, ma capace di squarciare l'anima. Per tutte le 176 pagine noi siamo lì, assistiamo allo spettacolo di Dova'le, e riviviamo con lui quel terribile viaggio della sua infanzia, quel tragitto che ha segnato per sempre la sua vita. Dova'le ci mostra se stesso, si mette a nudo, chiede al pubblico e al suo amico giudice una sentenza, là dove lui si è già condannato da solo. Grossman è sempre grandioso, nel saper scandagliare dolcezze e brutture dell'animo umano, nel saper andare a fondo fino a quei sentimenti che restano nascosti, sepolti, a cui non sappiamo dar parole. E alla fine la sua scrittura ti scuote dentro, ma esercita anche tutta la sua immensa forza catartica, purificatrice.
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