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Con lo sguardo di un "vecchio"
Lo stile di Cormac McCarthy è perfetto per raccontare qualunque vicenda di miseria morale, insensatezza, barbarie. “Non è un paese per vecchi” è una storia del genere, scandita da una scrittura scarna, precisa, che esclude ogni tipo di ricercatezza linguistica.
I “vecchi” del titolo si incarnano nello sguardo e nella divisa dello sceriffo Bell, un uomo integro, che ha iniziato come tutore della legge molto tempo prima, con l'idea di dover avere una buona parola per tutti i cittadini della sua contea, di prendersene a cuore la difesa (sempre che il loro operato sia difendibile).
Uno di questi, Llewellyn Moss, durante una solitaria battuta di caccia alle antilopi, si ritrova in una zona desertica, sulla scena di un regolamento di conti tra trafficanti messicani di droga. Tre cadaveri sono sparsi tra le macchine crivellate; l'ultimo, più distante, ha ancora tra le mani una cartellina in pelle piena di soldi. Soldi sporchi, che porteranno guai di sicuro. Moss lo sa, ma non vede chi, più di lui, abbia diritto a prenderla e tenere tutti quei mazzetti di dollari.
Sulle sue tracce si mette Anton Chigurh, un killer psicopatico della peggiore specie, che non è il proprietario di quella valigetta ma ha comunque i suoi motivi per volerla recuperare.
Perciò, in questo inseguimento a catena, si inserisce anche lo sceriffo Bell, con l'intenzione di salvare Llewellyn e sua moglie dalla freddezza spietata e paranoica di Chigurh.
Tredici capitoli, ciascuno aperto da un monologo in corsivo dello sceriffo, che ricorda come stavano le cose al momento in cui, ventenne, veniva eletto sceriffo di contea, e quanto velocemente tutto sia andato a decadere. Una valida trovata narrativa attraverso cui McCarthy può raccontare tutta la desolazione di una realtà dove – in termini di valori ed umana pietà – non rimane più nulla.
Non è un paese per vecchi. Perché ci vuole forza fisica e determinazione per non soccombere a tutta la carica di insensata violenza che si può abbattere su un uomo in quella zona al confine tra il Texas e il Messico.
Ma non è questo che l'autore vuole dire, prima di tutto.
Non è un paese per vecchi perché, per chi ha già vissuto la maggior parte della sua vita, è dura guardare il mondo e vederlo disgregarsi: “Qualche tempo fa ho letto che certi insegnanti avevano ritrovato un sondaggio inviato negli anni Trenta a un certo numero di scuole di tutto il paese. Era stato fatto un questionario sui problemi dell'insegnamento nelle scuole. E loro hanno ritrovato i moduli compilati e spediti da ogni parte del paese, con le risposte alle loro domande. E i problemi più gravi che venivano fuori erano tipo che gli alunni parlavano in classe e correvano nei corridoi. O masticavano la gomma. O copiavano i compiti. Roba così. E allora avevano preso uno di quei moduli rimasti in bianco, ne avevano stampate un po' di copie e le avevano mandate alle stesse scuole. Dopo quarant'anni. Be', ecco le risposte. Stupri, incendi, assassinii. Droga. Suicidi. E io ci penso a queste cose. Perché il più delle volte, quando dico che il mondo sta andando alla malora, e di corsa, la gente mi fa un mezzo sorriso e mi dice che sono io che sto invecchiando. E che quello è uno dei sintomi. Ma per come la vedo io uno che non sa capire la differenza fra stuprare e ammazzare la gente e masticare la gomma in classe è molto peggio di me. E quarant'anni non sono mica così tanti. Magari fra altri quaranta la gente avrà aperto gli occhi. Sempre che non sia troppo tardi”.
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Commenti
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Grazie Rollo.
Pia
E' un libro "forte" - proprio come dici tu, Annamaria - ma è McCarthy ad essere così: sceglie storie del genere, intenzionato a non "arrotondare gli spigoli", anzi. Poi può piacere (come sta accadendo a me, che l'ho scoperto da poco) o no.
Grazie dei commenti.
molto esaustivo!
ho amato La strada e voglio leggere altro dell'autore
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