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LA VITA E' UNA COSA MERAVIGLIOSA?
Esme ha ventitrè anni, studia storia dell’arte, vive a New York ma non vi è nata: ha lasciato la sua Inghilterra, per una borsa di studio alla Columbia. Ma proprio perché non è cresciuta lì, ora la metropoli cosmopolita, metamorfica a seconda dei quartieri, si offre al suo sguardo come se uno dei suoi adorati pittori l’avesse dipinta per lei: sono le sfumature della luce, i dettagli, a conquistare la sua anima candida e a farle confondere la realtà con le apparenza. Si perché “la grande Mela” è anche una strega malvagia, che ti apre le porte del suo Eden e ,una volta che ci sei entrato, ti accorgi che è l’inferno. Ma proprio nel momento in cui deve descrivere il passaggio dall’eden all’inferno la penna dell’autrice esordiente dimostra la sua fragilità. Acuta nell’afferrare le impressioni della protagonista/voce narrante,.non va oltre l’epidermica esposizione di emozioni, non costruisce un lineare percorso conoscitivo sulla esperienza vissuta. Il che non sarebbe un gran male, se non fosse che la storia raccontata ti dà l’impressone di essere stata scritta a meta: Esme infatti si innamora con il classico colpo di fulmine di Mitchell, bello e ricco, e nonostante lui la umili, lei continua a sentirsi legata a lui. Per quale oscuro? In realtà come non conosce se stessa, Esme ignora anche la verità più profonda delle persone che le stanno accanto: la vicina di casa, Stella, il potenziale consolatore, Luke, sono comparse. E veniamo poi al punto nodale evocato come nodo portante dal titolo: la libreria “La civetta” dove Esme trova lavoro e amicizia, quando scopre di essere incinta e il fidanzato l’abbandona. Nella realtà sappiamo che la Meyler ha salvato meritoriamente numerose librerie di New York, ma nella sua pagina esse si limitano a costituire un riparo dalle intemperie amorose, la luce nel buio, verrebbe quasi da dire il pretesto per potere esclamare «vivere è una cosa meravigliosa».