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Il romanzo come esplorazione della vita
“Il romanzo non è una confessione dell’autore, ma un’esplorazione di ciò che è la vita umana nella trappola che il mondo è diventato.” Quasi la formulazione di una teoria del romanzo, nelle parole di Milan Kundera nella parte quinta de “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.
Le vite di Teresa e Tomas, di Sabina e Franz sono al centro di questa bellissima opera. Attraverso le vicende e il dramma esistenziale dei suoi personaggi, l’autore affronta il tema dell’eterna dicotomia tra sfera ideale e sfera sensibile, tra anima e corpo. L’amore di Tomas per Teresa non gli impedisce di continuare una vita di inganni e tradimenti. Le sue scelte sono condizionate dalla decisione di non superare quella scissione tra il sentimento sincero per la sua donna e l’esigenza di soddisfare il suo ego. Egli non accetta di lasciare che il suo corpo sia imprigionato dall’anima. Come Parmenide aveva visto l’universo diviso tra luce e buio, tra essere e non essere, Kundera si pone il dilemma della scelta tra leggerezza e pesantezza: il leggero è positivo, il pesante è negativo.
Teresa, al contrario, vive il suo amore per Tomas, con passione e dedizione, pur consapevole delle infedeltà del marito. Ella non sa far tacere la sua anima e non saprà far tacere la sua coscienza.
Il tema del tradimento e della fedeltà è centrale in tutto il romanzo. Vivere senza vincoli sarà fondamentale per Sabina, che, incapace di fare una scelta definitiva rinuncia all’amore di Franz. Ogni personaggio sembra dunque incapace di ricomporre in un tutto unitario le sfere del proprio essere. Tomas e Sabina tendono a trasformare il pesante in leggero, in un’eterna illusione. Teresa riuscirà a vedere con lucidità solo quando si unirà senza amore in un incontro occasionale. Questa scissione delle due sfere in ciascun personaggio è accentuata dalle vicende storiche che fanno da sfondo al racconto. Siamo nella Praga oltraggiata dall’invasione dei carri armati sovietici e poi governata da un regime fantoccio imposto dall’Unione Sovietica. Nulla è in realtà come appare. Il mito di Edipo ritorna spesso nel corso del romanzo, sia in rapporto all’arrivo improvviso e inaspettato di Teresa a casa di Tomas, sia successivamente, in relazione alle nefandezze commesse inconsapevolmente da coloro i quali avevano accettato le violenze e i soprusi nella propria patria. Anche Edipo era ignaro di aver condiviso il letto con la propria madre. Tomas non accetta il principio della colpa “inconsapevole”. Egli ricorda che Edipo si era strappato gli occhi nel momento stesso in cui aveva preso coscienza delle sue colpe. Qui il messaggio politico si fa più esplicito, come anche in altri capitoli del romanzo. Una posizione di una lucidità e di un coraggio notevoli, anche in considerazione dell’epoca in cui fu scritta quest’opera, quando ancora non era caduto il muro di Berlino.
Leggerezza e pesantezza investono dunque anche la coscienza. Solo conciliando sogno e realtà, si può rendere accettabile l’idea nietzschiana dell’eterno ritorno altrimenti opprimente e terribile.
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Ho letto il libro tempo fa e non ne sono stato colpito così favorevolmente : forse non ero pronto a questo tipo di lettura.