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Se sei un genio ti tirano le pietre...
William Sidis è l'uomo con il quoziente intellettivo più alto mai misurato.
A un anno parla correttamente l'inglese.
A un anno e mezzo legge il New York Times.
A 4 anni conosce e parla latino e greco.
A 6 anni conosce a menadito altre sei lingue oltre all'inglese.
A 8 anni è già un luminare della matematica.
A 11 anni entra ad Harvard (lo studente più giovane di sempre ad essere ammesso ai corsi).
A 12 anni illustra già le sue rivoluzionarie teorie ai più rinomati matematici americani.
Per quale motivo, nonostante questa eccezionale intelligenza, non ha lasciato traccia di sé? per quale motivo non è considerato al livello di un Leonardo da Vinci o un Einstein?
Morten Brask lo spiega nel suo libro; un lavoro che è un po' romanzo, un po' saggio, un po' biografia. Sicuramente una lettura non priva di difetti eppure in grado di evocare con efficacia la vita di quest'uomo, paradossalmente condannato all'infelicità per via delle sue doti.
Tra le pagine si respira tutta l'angosciosa solitudine di una vita intera; sin da piccino William è emarginato da ciò che lo attornia e dai suoi coetanei, non per scelta propria, dapprima per scelta di quei genitori che si riveleranno determinanti più per il suo decadimento che per l'effimero successo, poi dai suoi simili in quanto spaventati, gelosi, indispettiti da qualcosa per loro di anormale, e quindi da dileggiare ed umiliare a prescindere.
La storia ha il merito di viaggiare spedita, per nulla didascalica, con flashback cronologicamente sfalsati inerenti vari momenti della vita del protagonista a rendere sempre interessante la lettura. A mancare clamorosamente sono alcuni approfondimenti, la sete di conoscenza del lettore non sempre viene soddisfatta e alcuni momenti della vita di William e dei suoi genitori -soprattutto quando questi ancora a contatto con la terribile realtà russa- sono appena accennati.
Abbiamo un genio per nulla chiuso verso il mondo circostante, la convinzione socialista e l'amore (idealizzato, più che altro) per la bella Martha sono sentimenti vissuti con trasporto, ed al tempo stesso con un equilibrio logico la cui combinazione non gli eviterà la rovina. Si respira un'aria di alienazione profonda, William è sempre fuori posto, il mondo circostante lo accoglie finché in giovane età come fenomeno da baraccone, poi come genio irritante perché inimitabile anche dalla mente più illuminata.
Il ragazzo vorrebbe andare oltre studi, lezioni, libri: sentirsi parte integrante del "fuori", ma la sua straordinarietà e l'assenza di supporto (ad esclusione dell'amico beone ed altrettanto rifiutato Nat Sharfman) lo negano.
Un ritratto molto umano e a tratti commovente, con qualche dissertazione matematica in meno e qualche delucidazione/aneddoto in più il risultato sarebbe stato migliore, sicuramente però Brask riesce a rendere giustizia a questo personaggio ingiustamente sconosciuto ai più.
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chiaro e preciso come sempre Alessandro!
Avevo già adocchiato il libro. Ora c'è un invito in più a leggerlo.
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Forse proprio a causa di quei genitori che si è ritrovato e che non gli hanno permesso di sviluppare quell'aspetto della nostra intelligenza, questa volta non innato ma da coltivare, che si chiama intelligenza sociale( vedi Goleman)
In ogni caso, che peccato!!
Ciao
Laura