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I mille volti della lingua.
Arguto.
Se penso a un aggettivo che potrebbe definire questo libro, penso inevitabilmente a questo: arguto.
Raymond Quenau ha saputo veramente lasciarmi incantata da tutto ciò, decidendo di raccontare un semplice fatto, assolutamente banale direi, in 99 modi diversi, spaziando e sperimentando figure retoriche, generi letterari e comportamenti linguistici quotidiani. Novantanove modi di raccontare una storia molto semplice, in realtà: un uomo che sale su un autobus, assiste a una discussione tra due persone e incontra nuovamente qualche ora dopo una delle due in un altro punto.
Basta. E non è un modo di dire: basta veramente, non succede altro, nessun grande messaggio profondo da questo semplice fatto.
Perché in questo libro il messaggio non sta nel contenuto, bensì nella forma: è questo uno dei pochi casi in cui si deve prestare più attenzione al significante che al significato.
Ma non c'è solo sperimentazione in queste pagine: c'è proprio un intento parodistico, come si può intuire da alcuni stili - in particolare protesi o epentesi - storpiati volutamente dalla loro concezione originale, portate al parossismo.
Forse mi sarebbe piaciuto leggere in novantanove stili un evento più significativo - credo che sarebbe stato ancora più efficace l'intento dell'autore - anche se presumo che Queneau abbia temuto di spostare l'attenzione del lettore sul significato e quindi far perdere valore al significante.
Grandissimo anche Umberto Eco, che ha reso perfettamente il tutto nella nostra lingua, nonostante non fosse un lavoro così immediato.
Ottima lettura.
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Commenti
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Non conosco il libro, ma non manca certo di originalità.