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Grottesco, gotico e noir.
Grottesco, gotico e noir.
Tutto questo è “Grottesco” di Patrick McGrath.
L’origine del termine grottesco risale alle pitture e agli affreschi ritrovati in antiche grotte e in ville romane. Per l’esagerazione o alterazione di alcuni aspetti dei soggetti rappresentati esso giunse più tardi a definire un vero e proprio genere letterario. Elementi di grottesco si ritrovano nei personaggi di Gargantua e Pantagruel di Rabelais, come nel Cyrano di Cervantes, per non citare l’opera Grotesques di Theophile Gautier. Si tratta sempre della rappresentazione di una situazione ai limiti della realtà in cui vengono evidenziati ed esasperati gli aspetti più comici e paradossali. Molte delle caratteristiche proprie del grottesco si ritrovano nel romanzo gotico, noto soprattutto per le opere di Horace Walpole e Mary Shelley. Nel novecento questi elementi si fondono nel romanzo noir che rielabora anche la suspense dei racconti di Edgar Allan Poe.
il romanzo di McGrath offre una piacevole e arguta sintesi di tutti questi aspetti. Con uno stile impeccabile, l’autore dà sfogo alla sua vena satirica, tipicamente “british”, creando personaggi inquietanti come il maggiordomo Fledge, oppure apparentemente legati alle convenzioni sociali, come Harriet o fragili e sensibili come Cleo. Ogni personaggio viene visto attraverso gli occhi del narratore Sir Hugo Coal, che, vittima di un incidente, è condannato a vivere su una sedia a rotelle apparentemente ridotto a uno stato vegetale.
Fledge è l’elemento “satanico” del romanzo, a lui, Sir Hugo attribuisce l’intenzione di usurpare il suo posto : “Meglio regnare all’inferno – si sarà detto, come il Satana di Milton – che servire in cielo.” D’altra parte non meno inquietante è l’antica dimora dei Coal, Crook, sinistramente rumorosa e fatiscente, battuta dal vento, umida per la palude vicina e buia per la nebbia persistente. Il lettore non può non lasciarsi prendere dagli eventi a volte ansiogeni che vedono coinvolti i personaggi, ma allo stesso tempo l’abilità dell’autore è tale da suscitare in lui dubbi sulla veridicità dei fatti raccontati. Ogni cosa è al limite del paradosso, come è tipico del grottesco. È la stessa voce narrante che crea questa ambiguità tra realtà e apparenza, al punto che egli stesso ci racconta una versione dei fatti da lui immaginata ma non vista. I numerosi sogni che meglio delineano il carattere del personaggio di Sir Hugo potrebbero essi stessi essere manifestazione d’una mente turbata.
In questa prospettiva, il “Nil desperandum” che il protagonista ripete più volte a se stesso è un’espressione che rimette tutto in gioco.
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Commenti
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Follia mi piacque, ma perché fu il primo che lessi, poi gli altri titoli si assomigliano tutti.
il limite di Mc Grath, secondo me, è quello di riuscire a emanciparsi, pur sperimentando molti generi, l'impostazione è sempre la stessa e di conseguenza ogni libro sa di già letto e alla lunga questo annoia.
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