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R.I.P.
Non so perchè mi sia deciso a leggere questo libro. Eppure sapevo a cosa andavo incontro dalle varie recensioni che ho sbirciato, come faccio sempre, prima di scegliere un nuovo libro da leggere.
Sapevo benissimo che il tema trattato avrebbe alterato in modo drastico la mia routine.. in che senso, direte voi? Nel senso che, sin da ragazzo, ho cercato di basare la mia vita sulla filosofia dei 'compartimenti stagni',immaginando cioè ogni singolo giorno come una stanza con due sole porte, quella di ingresso e quella di uscita, la prima da varcare alle 00.01 di oggi e l'altra da varcare alla stessa ora di domani.. e non sono ammessi salti nè in avanti, perchè è inutile pensare di "progettare" la realtà come piace a noi, nè indietro, perchè:
"è impossibile rifare la realtà, devi prendere le cose come vengono. Tener duro e prendere le cose come vengono".
Ed ero certo che questo libro m'avrebbe costretto ad aprire, anzi sfondare, in anticipo (molto in anticipo), diverse porte che invece avrei dovuto varcare tra diversi anni, almeno una trentina spero...
Perchè questo libro, a parte tutte le varie metafore ed allegorie che se ne possono trarre (molto azzeccato, per esempio, il contrasto tra la passione che il protagonista nutre sin da bambino nello smontare e rimontare gli orologi nel negozio paterno e la necessità di farsi impiantare meccanismi di ogni genere, stent, defribrillatori e bypass, per poter ancora vivere il suo 'tempo'), è un libro dedicato alla morte, a quella meta comune a tutti gli uomini (everyman), anche a quelli che come me vivono a compartimenti stagni nel tentativo, quantomeno, di allontanare il pensiero del suo arrivo visto che è impossibile impedirne l'arrivo.
E se qualcuno pensasse di consolarsi ritenendo che in fin dei conti la morte è solo l'ultima delle porte, prima possono essercene molte altre da aprire, si sbaglia di grosso: perchè Roth, con uno stile maledettamente lucido, implacabile e spietato nella sua inequivocabile esposizione, ci accompagna a ritroso attraverso tutte le porte che precedono l'ultima e che riportano sulla targhetta la parola "vecchiaia".
E la vecchiaia, inutile illudersi, "non è una battaglia: la vecchiaia è un massacro": il senso di solitudine estrema, di inutilità, di emarginazione, i rimpianti ed i rimorsi, le conversazioni tra coetanei che andavano "invariabilmente a girare intorno agli argomenti della malattia e della salute, perchè a questo punto le loro biografie personali erano diventate identiche alle loro cartelle cliniche, e lo scambio di informazioni mediche escludeva tutto il resto".
Ecco perchè odio questo libro, pur ritenendolo un piccolo capolavoro: perchè ora mi costringe a richiudere tutte le porte che non dovevano ancora essere aperte... soprattutto quelle che mi spaventano maggiormente, quelle che racchiudono all'interno giorni da vivere nel ricordo e nella nostalgia di ciò che si è avuto e non si potrà più avere:
"Correva a casa a piedi nudi, bagnato ed incrostato di sale, ricordando la forza di quel mare immenso che gli ribolliva nelle orecchie e leccandosi un braccio per sentire il sapore della pelle rinfrescata dall'oceano e cotta dal sole. Insieme all'estasi di un'intera giornata trascorsa facendosi sbatacchiare dall'oceano fino a rincretinirsi, quel sapore e quell'odore lo inebriavano talmente da spingerlo quasi al punto di affondare i denti nel braccio per strapparne un bocconi di se stesso e sentire il sapore della propria carnale esistenza."
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Non mi piacciono i libri di totale pessimismo: i loro autori che cosa vogliono ? che cosa ' pretendono ' ???
Ciao, Pia
Le mie domande intendevano essere provocatorie. Non c'era assolutamente intenzione di giudicare gli scrittori come persone. Come autori, però, mi piacerebbe lasciassero trapelare qualche indizio di ricerca interiore. Altrimenti rischiano di crogiolarsi nel vittimismo, se non addirittura in una (pessima) moda.
Lettori..scrittori...persone con pregi virtù... :) ...e giustamente ,come tutti, ognuno deve prendersi le proprie responsabilità...
Ciao e grazie!
Pia
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Vincenzo, se posso : vivi! Vivi da protagonista la tua vita, senza pensare a quante porte ti si apriranno...
Credo sia normale pensare ad una linearità quotidiana, finchè poi sarà la vita stessa che fa scoprire quante le occasioni, di gioia, di sofferenza...
Inutile anticipare...tutto arriva..prima o poi...
Queste le riflessioni in me suscitate dalla tua lettura...
Ciao, Pia.